Agenda

11 Oct 2024 14:30

Apocalypsis cum figuris

Aula Baratto, Ca' Foscari

Lectio Magistralis
del prof. Vincenzo Trione, IULM Università di Milano
Introduce: prof.ssa Silvia Burini, Università Ca’ Foscari di Venezia

L'Apocalisse di Giovanni Evangelista, ha scritto Claudio Magris, è “il più detestabile libro della Bibbia”. Apologo sulla necessità di rendere manifesto ciò che è nascosto e anche scrigno di simboli della catastrofe cosmica, l’Apocalisse si conclude con la vittoria del cavaliere dal cavallo bianco - Verbo divino - sul drago e sui malvagi. Intanto, orrori si diffondono. Ci viene offerta una chiave per leggere il mondo, nelle sue continue oscillazioni: tra eros e thanatos, tra paura e violenza, tra l’incanto e il sapore della cenere. Progressivamente, questa “varietas” è dissolta. Nella fantasia del lettore moderno, non resta l’epilogo del libro di Giovanni, che fa intravedere luce e beatitudine, ma solo il cupo succedersi di stragi e di cataclismi. Si elimina quel che ci impedisce di cogliere la verità. In un colpo d’occhio, si abbracciano distanze. Si “contrae il tempo nel ‘luogo’ onnicomprensivo della totalità degli eventi, celesti e terreni”.

Nel corso dei secoli, l’Apocalisse è stata interpretata come decadenza e come rinascita. Come profezia millenaristica, che annuncia l’inabissarsi del tempo. E anche come preludio, che proclama l’avvento di un’età nuova, emancipata dal peccato e dall’ingiustizia: spazio nel quale l’intero creato viene ripulito dal male e dal dolore. Si coniugano la fine e lo svelamento di ciò che si è tenuto nascosto: “apo-kalypto” vuol dire “togliere il velo”. Principio e fine insieme, l’Apocalisse è come un prologo sulla Storia. Ed è metafora dell’invenzione artistica.
Si tratta di un motivo che, ciclicamente, ritorna. Soprattutto nei momenti di passaggio da un secolo a un altro. In queste fasi, si aprono varchi, si incrinano equilibri. E si approda a un presente assoluto, in bilico tra il male del passato e il possibile riscatto. 

Talvolta, l’arte riesce a farsi testimonianza di questi abissi. Svanisce ogni riferimento religioso. L’apocalisse è pronunciata con una sensibilità post-moderna. Viene usata in maniera debole e laica, senza tensioni verso l’ulteriorità. È manovrata quasi con leggerezza, non per rimandare a presenze ulteriori, ma per delineare scenari possibili. E per far intuire la fine di questo mondo: il mondo che frequentiamo ogni giorno. Il cataclisma viene esibito non come un male, ma come una tappa inevitabile.
Sono passaggi "fermati" da artisti lontani e diversi. Come, tra gli altri, Schwitters e Rauschenberg, Cornell e Matta-Clark, Hirschhorn e Durham, Kiefer e Banksy. Autori di scritture della catastrofe: inverni post-atomici, monumenti distrutti, metropoli occupate dai rifiuti, violenze senza controllo. Scorci dominati da un allarme che, ciclicamente, si gonfia, proietta su di noi ombre minacciose, per poi sgonfiarsi, in attesa dell’allarme successivo. Intanto, scorre il trailer di un’apocalisse diversa. Che si è bruscamente insediata nel presente. Ed è abitata da personaggi abbandonati in condizioni estreme, costretti ad assumere decisioni che potrebbero determinare sopravvivenze o morti.
 

Organizzato da:
Asia Benedetti
Angelica Bertoli
Andrea Golfetto
Maria Novella Tavano

Language

The event will be held in Italian

Organized by

Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali, Dottorato in Storia delle art

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