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Senzapatria

Senzapatria è un podcast che nasce dalla collaborazione tra l'Archivio documentale e Radio Ca' Foscari. I documenti d'archivio hanno permesso ai volontari del Servizio Civile Universale di tracciare la storia di Ursula Hirschmann, cafoscarina antifascista nonché figura fondamentale nella divulgazione dell'idea dell'Europa federalista. I volontari hanno poi stilato i testi dei quattro episodi, ognuno definito dalle sue più grandi passioni, e narrati dal punto di vista di Albert Hirschmann, fratello di Ursula, ed Ada Rossi, amica e alleata nella diffusione del manifesto di Ventotene.

Voci narranti di Sara Battagliarin, Luigi Ciriolo e Giulia Nicastro.
Delfina Majer (Archivio Ca’ Foscari) e Nicolò Groja (Radio Ca’ Foscari) coordinano il progetto.
Musiche: freemusicarchive.org [ENG], licenze CC BY-NC-ND 4.0 [ENG]

A cura di: Radio Ca' Foscari e Archivio documentale di Ca' Foscari
Frequenza di pubblicazione: programma completo
Categoria: Società

Scopri gli episodi

Ursula Hirschmann è una studentessa brillante: si dedica allo studio delle lingue con grande passione, riuscendo a portare a termine il suo percorso accademico a Ca' Foscari con il massimo dei voti, nonostante il confino del marito e la nascita delle figlie. Lo tracciamo insieme, dal punto di vista del fratello Albert.

Luigi Ciriolo scrive il testo e presta la voce ad Albert Otto Hirschmann.
Sara Battagliarin presta la voce ad Ursula Hirschmann.
Giulia Nicastro presta la voce alla lettura dei documenti di archivio.

“Quel che soprattutto importa, dunque, non è di creare istituzioni sedicentemente perfette, ma istituzioni in cui si formino uomini desiderosi ed interessati a svilupparle, come garanzia della loro libertà e come strumento per la loro ascesa a forme più alte di vita
individuale e collettiva.” dal Manifesto di Ventotene, p.123.

Episodio 1: Ursula Hirschmann e l'università

ALBERT OTTO HIRSCHMANN: “Sono Albert Otto Hirschmann, economista e autore di diversi libri di economia politica. Oggi voglio raccontarvi la storia di mia sorella, Ursula. Ursula nasce a Berlino il 2 settembre 1913. Fra noi fratelli è la primogenita e proveniamo da
un’agiata famiglia ebraica. Tra noi c’è un legame molto forte: abbiamo deciso di prendere strade simili, supportandoci
reciprocamente nei casi di difficoltà. Nel 1932, Ursula comincia gli studi di economia presso l’Università Humboldt di Berlino e da
giovanissima si iscrive al Partito Socialdemocratico di Germania: a causa dell’ascesa del nazismo, però, decidiamo di rifugiarci in Francia, a Parigi.
In questi anni mia sorella Ursula conosce un filosofo antifascista, Eugenio Colorni, e nel 1935 lo segue a Trieste, proseguendo gli studi a Venezia, nella Regia Scuola Superiore di Commercio, oggi chiamata Università Ca’ Foscari. Mia sorella è un’appassionata di lingue straniere e studiare le piace moltissimo; non so davvero come faccia a trovare il tempo per farlo, tra la cura delle figlie e le tante attività politiche con il marito Eugenio, ma ci riesce sempre: è un mistero! 
All’Università Ca’ Foscari Venezia viene ammessa al terzo anno della Facoltà di Filologia Moderna: qui sostiene molti esami, tra i quali letteratura francese, inglese, russa e latina. Nel 1939, Eugenio Colorni viene mandato al confino a Ventotene, un'isola vulcanica del Mar Tirreno situata al largo della costa, al confine tra Lazio e Campania. Ursula lo segue sull’isola, anche se ha la fortuna di avere ancora libertà di viaggiare: riesce così a tornare occasionalmente a Venezia, per sostenere gli ultimi esami. Con il relatore Adriano Belli, presenta una tesi sulla scrittrice e poetessa Annette von Droste-Huelshoff. La tesi è scritta interamente in tedesco, la nostra lingua madre, sono ben 168 pagine! Si intitola “Das Erlebnis und die Dichtung bei Annette von Droste-Huelshoff”. Con questo lavoro di tesi ottiene il massimo dei voti (110 su 110): è proprio brava! “In nome di sua maestà Vittorio Emanuele III, per grazia di Dio e volontà della nazione, Re d’Italia e di Albania e imperatore d’Etiopia, Noi commendatore professore Carlo Alberto dell’Agnola, rettore del regio istituto superiore di economia e commercio di Venezia, Veduti gli attestati degli studi compiuti dalla signora Ursula Colorni, fu Carlo, nata a Berlino il 2 settembre 1913, Veduto il risultato dell’esame generale da lei superato in questo istituto il 30 ottobre 1939, le conferiamo le laurea di Dottore in lingue e letterature straniere.”

Questo decreta il certificato di laurea. Una cosa che si può notare è il nome di nostro padre italianizzato, Carlo, che in realtà si chiama ovviamente “Carl” e l’utilizzo del cognome del marito, “Colorni”. Ma c’è qualcosa che non quadra. Infatti venticinque anni dopo, nel 1962, Ursula, dopo aver
perso il marito Eugenio Colorni ed essersi risposata con Altiero Spinelli, volendo partecipare ad un concorso per l’abilitazione all’insegnamento, scopre un errore nel diploma di laurea:
“Spettabile segreteria dell’Istituto Superiore di Economia e Commercio [...] In occasione del recente concorso per l’abilitazione all’insegnamento ho constatato che sul mio diploma di laurea rilasciatomi dall’Istituto Superiore di Economia e Commercio di Venezia in data 19 novembre 1939 (numero progressivo 3017) e riferendosi alla mia laurea data il 30 ottobre 1939, erroneamente figura al posto del mio cognome da nubile quello del mio fu marito (Eugenio) Colorni. La commissione di esame mi ha dato pochi giorni di tempo
per correggere questo sbaglio e senza la correzione non sarei ammessa alla prova orale degli esami. Vi sarei perciò molto grata se poteste mandarmi con cortese sollecitudine un duplicato del mio diploma di laurea con la necessaria correzione. Il mio nome è Ursula Hirschmann fu Carlo, nata a Berlino il 2 settembre 1913 e sulla mia identità possono testimoniare a Venezia il prof. Gino Luzzatto e l’avvocato Enrico Longobardi; inoltre il prof. Bruno Caizzi di Como, via Bellinzona 61. 
Con ringraziamenti e distinti saluti
Ursula Spinelli Hirschmann vedova Colorni.”

Così due anni dopo, 23 marzo 1964, l’Università le rilascia un certificato di laurea inserendo il suo cognome corretto. “Si certifica risultare dagli atti di questa Segreteria che Hirschmann Ursula in Colorni, nata a Berlino il 2 settembre 1913, conseguì in questo istituto in data 30 ottobre 1939 la laurea di dottore il Lingue e letterature straniere riportando la valutazione di Centodieci su Centodieci (110/110). Si certifica altresì che alla data del conseguimento della laurea la Hirschmann risultava coniugata con il dott. Eugenio Colorni. Il direttore amministrativo”.

Così si conclude la carriera universitaria di mia sorella Ursula Hirschmann, che studiò con passione le lingue, in particolare la lingua e la letteratura tedesca.”

Eugenio Colorni e Altiero Spinelli sono uomini agli antipodi: Ursula condivide con entrambi storie d'amore profonde e passionali, seppur minacciate in maniera diversa dall'inevitabile tragedia dei loro tempi.

Giulia Nicastro ed Elena Vaccaro scrivono il testo.
Sara Battagliarin presta la voce ad Ursula Hirschmann.
Luigi Ciriolo presta la voce ad Albert Otto Hirschmann ed Eugenio Colorni.

Episodio 2: Ursula e l'amore: Eugenio, Altiero

“Ma noi possiamo soltanto amare. Non per bontà, non per senso religioso ma perché è l’unico nostro modo di restare nella realtà.”
da Ursula Hirschmann, Noi senzapatria, Il Mulino, 2022

ALBERT OTTO HIRSCHMANN: “Sono di nuovo io, Albert Otto Hirschmann, fratello di Ursula. Oggi voglio parlarvi d’amore. Mia sorella non riversa le sue passioni unicamente nell’attivismo politico e nello studio, ma anche nell’amore… Anzi, negli amori. Ovunque andiamo, la sua bellezza delicata attira molti sguardi. Per un periodo conviviamo insieme io, lei ed una delle sue fiamme: Erst Jablonski, un tipo rigido, un po’ noioso, uno dei tanti ad essere catturato dal suo fascino. Le cose, però, non vanno molto lontano, né con lui né con molti altri, fino a quando, nel 1932, non incontra Eugenio. Eugenio Colorni è il suo primo grande amore. Si conoscono all'università di Berlino, parlano dei loro studi, iniziano una corrispondenza epistolare ed Eugenio ci aiuta anche con la nostra rivista “Der Jugendgenosse” , ma è solo quando Ursula ed io ci troviamo a Parigi che il loro legame si rafforza. A mia sorella la Ville Lumière sta stretta ed Eugenio, che in questo periodo insegna a Trieste, la invita da lui. Inizia così la loro storia; un rapporto all’inizio fortemente intellettuale, un amore che vuole essere perfetto e che culmina nel loro matrimonio nel 1935. Ben presto però si rivela burrascoso, sono spesso in conflitto. Ursula vuole essere vista come sua pari ed Eugenio, nel suo desiderio di proteggerla, la infantilizza; lei di conseguenza si sente frustrata, lesa nella sua libertà, se non addirittura spiata. Da questo rapporto alle volte ossessivo ed infelice nascono tre figlie, dopo altrettante gravidanze difficili: Silvia, Renata, ed Eva. A complicare ulteriormente le cose è la distanza: dopo la nascita di Silvia, Eugenio viene incarcerato per alcuni mesi, prima a Varese e poi a Trieste, e in seguito viene condannato al confino sull’isola di Ventotene, dove arriva nel gennaio del 1939. All’inizio della loro corrispondenza lui è fiducioso: si augura di trascorrere ancora molti anni con lei. Poi le sue
lettere si fanno sempre più cupe: lui la prega a più riprese di raggiungerlo, e Ursula ottiene il primo permesso per recarsi sull’isola di Ventotene a marzo del ‘39, e vi ritorna a luglio, seguita dalla figlia Silvia e dalla sorella di Eugenio. Sull’isola di Ventotene la vita non è semplice: l’isola è angusta, frustata dal vento, e i confinati sono sempre sotto stretta vigilanza. Nonostante tutto si crea un senso di comunità e di scambio intellettuale: così nasce il sogno dell’Europa Federalista, discussa in interminabili incontri segreti a cui Ursula partecipa con grande fervore. Proprio qui Ursula
conosce Ada, moglie di Ernesto Rossi, che diventerà per lei una carissima amica, e Altiero Spinelli, con cui condividerà un amore travolgente.
Eugenio e Altiero sono uomini agli antipodi, eppure legati da una forte amicizia ed ideali comuni: durante il confino a Ventotene i due sono inseparabili. L’attrazione tra Altiero ed Ursula nasce sull’isola, viene coltivata in privato e negata da entrambi; lei è ancora legata ad Eugenio nonostante le crepe nel loro rapporto, ed ambedue sono assorbiti dallo sviluppo del loro progetto politico. Non c’è spazio per altro. Non possono permetterselo. Altiero nei suoi scritti racconta di averla toccata solo due volte durante il confino, due semplici strette di mano: nel fare la sua conoscenza, e nel dirle addio prima della partenza di lei da Ventotene per Melfi. Nonostante tutto, è lei ad iniziare per prima la loro corrispondenza, in una breve lettera in cui descrive il suo senso di solitudine e il suo desiderio di conoscerlo “in modo reale”: un atto spregiudicato per una donna dei nostri tempi.

Ecco cosa scrive Ursula ad Altiero:
“Perché pensavo: se non mi sforzo un poco di esser intelligente e di avere dei problemi, con che faccia gli scrivo? Capisco che questo pensiero è un abisso che ci separa. [...] Così soffro o sono felice secondo le costellazioni— e ai colpi di vita rispondo non con uno sviluppo nuovo, ma cerco di ovattarli per sentire meno il male. Forse mi credevi più cosciente, ma invece sono così.” Il loro carteggio è breve ma intenso, una decina di lettere nell’arco di un anno che Altiero descrive come “un crescendo impetuoso”, dove dallo scambio intellettuale e dal fantasticare sulle rispettive solitudini si passa presto all’esprimere pienamente quella passione che avevano entrambi provato a reprimere. Specularmente, la distanza tra Eugenio ed Ursula non fa altro che crescere, sebbene lui non smetterà mai di provare affetto nei suoi confronti. Nel 1941 Eugenio Colorni viene condannato al confino a Melfi, e nella primavera del 1942 lei riesce a raggiungerlo con le figlie. Rimarranno insieme ancora un anno, il loro rapporto è allo stremo… E così, la scelta inevitabile di prendere strade separate. Eugenio è sempre stato mosso da una febbre di azione: il 6 maggio del 1943 fugge da Melfi a Roma e lì vive da latitante, sotto la falsa identità di Franco Tazi. Conscio del destino funesto che potrebbe aspettarlo, scrive pochi giorni prima il suo testamento… Sentite le sue parole per Ursula e per le figlie: “Per le mie piccoline [...] mi astengo dal lasciare qualsiasi indicazione o consiglio: il sicuro intuito della loro mamma le saprà guidare nella vita [...]. Vorrei solo esortarle a considerare l’amore la cosa più seria ed importante della vita [...]. In questo medesimo senso va il mio augurio a mia moglie, che benedico insieme alle nostre tre piccole, augurandole di tutto cuore di trovare quella serenità che il mio incapace, infelice, disperato amore non è riuscito a darle.”

Muore poco più di un anno dopo, a giorni dalla liberazione della capitale dalle forze naziste. È sempre nel 1943 che Altiero viene liberato da  Ventotene, al seguito dell’arresto di Benito Mussolini. Poche settimane dopo incontra Ursula a Milano, in occasione del congresso di fondazione del Movimento Federalista Europeo: possono finalmente permettersi di dare corpo a quella passione che avevano provato inutilmente a negare. È in quelle notti che, nella piccola casa in provincia di Como dove Ursula è ospite, viene concepita la prima delle loro tre figlie: Diana, che nascerà a giugno del 1944, mentre Ursula e Altiero sono in Svizzera. Le figlie Barbara e Sara nasceranno a poca distanza di anni, entrambe dopo il trasferimento della famiglia a Roma. Ursula e Altiero rimarranno insieme per tutta la vita. Il loro è un amore grande, travolgente. Nemmeno l’aneurisma cerebrale che colpisce Ursula nel 1976 riesce a fermarla completamente dal seguire l’attività politica di Altiero fino all’anno della morte di lui, nel 1986. Lei gli sopravviverà altri cinque anni, assistita dalla figlia Renata fino all’ultimo istante, nel 1991.

Riflettendo sulla vita di mia sorella, non posso non pensare all’ultimo messaggio di Eugenio, quel sincero invito a mettere l’amore al primo posto, a considerarlo “la cosa più seria ed importante della vita”: non ci sono parole che possano meglio riassumere l’indole di Ursula. Lei, che ha coltivato un amore intenso in tutti i frangenti della sua esistenza: per le sue figlie, per Eugenio e Altiero, per i suoi studi, per la causa federalista, per l’idea di un mondo in cui vivere liberi e uniti, e perfino per l’atto stesso di amare; perché è questa passione a renderci umani, ad ancorarci alla realtà.”
Perché “noi possiamo soltanto amare”.

L'impatto del manifesto di Ventotene non può certamente essere sottovalutato: al giorno d'oggi è considerato uno dei testi fondanti dell'Unione Europea. Per capirne appieno l'importanza occorre però fare qualche passo indietro. A guidarci attraverso la storia della sua stesura è Ada Rossi. 

Sara Battagliarin scrive il testo e presta la voce a Ursula Hirschmann.
Luigi Ciriolo presta la voce ad Altiero Spinelli.
Giulia Nicastro presta la voce ad Ada Rossi.

Episodio 3: Ursula e il manifesto di Ventotene

“Il Manifesto, grazie al coraggio di quelle donne, viaggia, circola, viene letto, riprodotto, tradotto, condiviso nei giorni più bui del conflitto”.
Marcellla Filippa, "Ursula Hirschmann, Come in una Giostra".

ADA ROSSI: “Mi chiamo Ada Rossi, partigiana e antifascista con una passione ardente per la giustizia e la libertà. Mi sono sposata con Ernesto Rossi, che insieme ad Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni ha scritto il Manifesto di Ventotene. Oggi però non voglio parlare solo di me o di mio marito, ma voglio raccontarvi la storia della mia cara amica Ursula, una donna il cui coraggio e impegno plasmarono il destino dell'Europa moderna.
Ursula è una di quelle donne straordinarie che ti rapiscono con la loro determinazione e il loro spirito indomito. Una persona che ho incontrato durante i momenti più tumultuosi della storia, in cui le vite di molte persone vengono sconvolte dall'oppressione politica: il regime fascista e la seconda guerra mondiale. Ursula arriva nella mia vita con un bagaglio di esperienze che pochi di noi comprendono appieno. Nata a Berlino, studia inizialmente in Germania e Francia. Si trasferisce poi in Italia dove si sposa e si dedica alla diffusione di idee antifasciste e federaliste. Insomma, una
donna cosmopolita, con un cuore che batte per un'Europa unita e libera. La sua fede nell'idea di un’Europa che superi le divisioni nazionali mi colpisce ogni giorno. La cosa più straordinaria di Ursula non è solo la sua visione audace, ma la sua capacità di trasformare quella visione in azione concreta. Corre l’anno 1941 e in questo momento io e lei ci troviamo a Ventotene, una piccola isola vulcanica dalle cui fertili terre germogliano idee rivoluzionarie. Altiero Spinelli e mio marito Ernesto Rossi, reduci di prigionia e antifascisti, si incontrano appunto qui, a Ventotene, nel 1939. Sviluppano un'amicizia profonda e collaborano alla stesura del Manifesto di Ventotene, un documento che parla di un’Europa libera e unita.
Eugenio Colorni, marito di Ursula già confinato su quest’isola, si unisce a loro per contribuire alla stesura del Manifesto con intense discussioni. Ursula, quindi, che si trova sull’isola per accompagnare suo marito durante il confino, è coinvolta in questa rete di fervente attivismo politico.
Con impegno, determinazione e fantasia senza pari, io e la mia amica Ursula escogitiamo modi innovativi per far circolare le idee federaliste. D’altronde immaginate di vivere negli anni bui e pericolosi del regime fascista… per trasmettere messaggi di speranza e resistenza non può di certo mancare l’ingegno. Io e lei assieme stiamo assemblando valigie con doppi fondi per nascondere il Manifesto e portarlo da Ventotene in Italia, ma siamo ben consapevoli del pericolo costante delle perquisizioni: ogni cucitura deve essere perfetta, altrimenti rischiamo di compromettere non
solo la nostra sicurezza, ma anche la diffusione del Manifesto.

Ma le valigie sono un nascondiglio troppo scontato; chiunque penserebbe di frugarci dentro. Sono necessari metodi non convenzionali. Pensa Ada, pensa… fatti furba… qual è l'ultimo posto dove una persona guarderebbe? E tu, Ursula, cosa ne dici? All’improvviso ci viene un’idea: perché non trascrivere il Manifesto su cartine di sigaretta? E poi perché non nasconderlo nel ventre di un pollo? Metodi sicuramente non convenzionali, ma che giocheranno a nostro vantaggio. Facciamolo! Ormai tutto è pronto; per me e Ursula è il momento di lasciare Ventotene. Ecco… è il momento della verità. Sangue freddo... abbiamo pensato a tutto. È impossibile che ci scoprano. Effettivamente la cosa che più ci spaventa è la perquisizione prima di essere autorizzate a lasciare l’isola. Sangue freddo, fantasia e determinazione! Ce la faremo! Come ripeti tu, Ursula, a mo’ di mantra, in italiano e in tedesco, ce la faremo, Wir schaffen es! Ce la faremo, ce la faremo! Eccoci qui, coi piedi di nuovo sulla penisola italiana. Ora è sufficiente continuare a
camminare, senza destare sospetti e procedere con il piano. Diffondere, diffondere, diffondere! Una volta arrivata a destinazione, Ursula non perde tempo e la diffusione del Manifesto prende rapidamente piede sulla penisola italiana, soprattutto grazie ai suoi contatti con politici antifascisti come Ugo la Malfa e Lelio Basso. Ma Ursula non si limita alla sola Italia, eh no. La sua conoscenza madrelingua del tedesco è per il piano uno strumento prezioso: traduce il Manifesto e lo diffonde negli ambienti antinazisti di tutta Europa, trasformandolo in un grido di libertà in ogni angolo del continente. D’altronde il Manifesto incita alla rottura con il passato per fondare un nuovo sistema politico: la nascita di una federazione europea come risposta ai nazionalismi, ai totalitarismi e alla seconda guerra mondiale, che sta distruggendo il continente europeo, e non solo esso, ma tutto il mondo... Un’Europa unita, promotrice di pace, democrazia e prosperità.”

Altiero Spinelli così scrive su Ursula:
«nel luglio 1939 […] sbarcai anch’io a Ventotene, dove la conobbi […]. Non eravamo numerosi […] a dibattere e ad approvare il ‘Manifesto per un’Europa libera ed unita’ […] Ursula fece parte di questo piccolo gruppo considerato visionario. La sua tendenza a tradurre ogni impegno ideale in azione pratica, le fece percepire immediatamente dove risiedesse l’originalità della nostra posizione […].» (Donne per l’Europa, a cura di Luisa Passerini)
 

 

Ursula si dedica all'attivismo politico antifascista e alla cura della propria famiglia con la stessa passione e devozione, nonostante tutto: il regime, la vita dell'esule, la tragica morte del primo marito, i continui viaggi al seguito della fine del conflitto e l'improvviso declino della sua salute.

Elena Baldan, Annalisa Fazio e Claudia Fumai scrivono il testo.
Sara Battagliarin presta la voce a Ursola Hirschmann e Renata Colorni.
Giulia Nicastro presta la voce ad Ada Rossi.

Episodio 4: Ursula. madre e attivista politica

“Senza volerlo mia madre mi ha instillato quel senso dell’amore. Filtrando attraverso la mia critica ogni sua parola e ogni suo gesto ma non riconoscendo il suo fallimento di fondo: la sua vita di donna.”
Ursula Hirschmann - Noi senzapatria

ADA ROSSI: “Sono Ada Rossi, un’amica di Ursula, conosciuta durante il confino dei nostri mariti a Ventotene. Oggi vorrei raccontarvi di Ursula e dei suoi sentimenti come madre e come attivista politica. Ursula, prima di diventare madre, è stata, come tutte e tutti noi, figlia. Hedvig Marcuse, la madre di Ursula, è una donna esuberante, ma piena di pregiudizi e di luoghi comuni; a questo modello di pensiero e di vita Ursula cercherà di contrapporsi, anche per sviluppare con le figlie un rapporto molto più sano e aperto. La mia amica Ursula nel corso della sua vita avrà sei figlie, tre con Eugenio Colorni, il suo primo marito, e tre con il secondo, Altiero Spinelli. Ursula avrà gravidanze difficili e dolorose che la lasceranno in condizioni di salute precarie; tuttavia ricorderà la maternità sempre in maniera positiva, soprattutto la nascita di Silvia, la primogenita: che gioia immensa per lei! “Quando nacque Silvia ero guarita da una grande paura e felice”. (Parole di Ursula, da Come in una giostra)

Ursula conosce Eugenio, il suo primo marito, all’Università di Berlino nel 1932 e già l’anno successivo, durante il periodo universitario, inizia a manifestarsi a tutti gli effetti il suo attivismo politico: con l’aiuto di Eugenio e del fratello Albert, infatti, inizia a stilare un giornaletto illegale, “Der Jugendgenosse”. Nell’estate del 1933 Ursula si ricongiunge con suo fratello Albert a Parigi, dove ritrova Eugenio, con il quale si sposa a Trieste dopo un paio di anni. Nel 1937 nasce Silvia, la prima di tre figlie con Eugenio, successivamente il 7 novembre del 1939 nasce Renata e infine, due anni dopo, viene alla luce anche Eva. Agli inizi degli anni ‘40 suo marito viene esiliato nell’Isola di Ventotene dal regime fascista. Dopo averlo raggiunto, Ursula si unisce ad altri prigionieri lì confinati, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi e insieme a loro scrive il cosiddetto “Manifesto per un’Europa libera e unita”. In quel periodo, Ursula alterna, con febbrile passione, gli esami all’Università Ca’ Foscari, i parti e la cura delle figlie, la partecipazione a interminabili discussioni, lunghe quasi quanto un travaglio, che sviluppano il Manifesto di Ventotene: una gravidanza, un esame universitario, un travaglio, un parto, un altro esame universitario, una lettura, una discussione politica, l’allattamento… Una ridda di sentimenti, di emozioni e di azioni che riesce a tenere tutti insieme, in un fascio di nervi dentro a pulsa un grande cuore e un grandissimo cervello. La mia amica è molto magra, quasi pelle ed ossa, direi, ma è bellissima!

Grazie alla possibilità di lasciare di tanto in tanto l’isola, Ursula si adopera anche, insieme a me, per la diffusione clandestina del “Manifesto di Ventotene”. È un’impresa compiuta da noi donne: insieme a lei ci sono io, Ada Rossi, moglie di Ernesto Rossi, e le sorelle di Altiero Spinelli. Insieme riusciamo a diffondere clandestinamente il Manifesto, prima in Italia e successivamente anche in Europa. Nell’agosto del 1943, Ursula partecipa alla riunione di fondazione del Movimento Federalista Europeo a Milano e collabora alla redazione e alla diffusione del foglio clandestino "L'unità Europea". Voi mi direte: questo è il finale della storia di Ursula. In realtà, storia non è ancora finita, anzi, è appena cominciata! Nel maggio 1944, Eugenio Colorni, unitosi alla resistenza partigiana, viene ucciso a Roma dalla banda Koch, poco prima della liberazione della capitale. Il 15 settembre 1944, sotto un’incessante pioggia, Ursula ed Altiero varcano la frontiera svizzera assieme alle loro figlie come esuli, seguendo dei contrabbandieri. Ognuno di loro porta sulle spalle una bambina e tiene una valigia in mano. Una volta raggiunti i margini del lago di Lugano, i contrabbandieri ricevono una generosa ricompensa e scompaiono nella nebbia, lasciandoli soli. Per Ursula e la sua famiglia si ripete dolorosamente la condizione dell'esule, ancora una volta, attraversando la frontiera e lasciando tutto alle spalle, senza sapere se un giorno sarebbero ritornati. Ursula e Altiero si assentano per alcuni mesi a causa dei loro impegni politici e lasciano le figlie in Svizzera. Renata, Eva e Silvia, figlie di Eugenio ed Ursula, sono ospitate da una signora, mentre la quarta figlia, Diana, nata dall’unione tra Altiero ed Ursula, viene lasciata in una specie di asilo nido. La mia amica Ursula è tormentata dall’inevitabile e dolorosa decisione che deve prendere. C’è un bivio dinanzi a lei: seguire la passione per la politica o dedicarsi alle figlie. L’ultima, infatti, era nata solamente qualche mese prima. In quel momento, lei sceglie la politica. Poi torna e se ne pente. Una volta tornati in Svizzera, Ursula e Altiero trovano le figlie in condizioni precarie. Ursula, mortificata, riporta le figlie a Milano, promettendo a se stessa di non affidarle mai più a degli sconosciuti. Dopo la fine della guerra, Ursula sposa Altiero e i due si stabiliscono a Roma. Dalla loro unione, nel maggio 1946 nasce la loro secondogenita, Barbara, e nel 1955 Sara, terza figlia di Altiero e sesta di Ursula.

L’attivismo politico di Ursula non si spegne al termine del conflitto, ma continua a fianco del marito. Il 24 aprile 1975 si tiene la prima riunione ufficiale de Femmes pour l’Europe, il “gruppo d’iniziativa”, fondato dalla stessa Ursula e così definito da lei nei documenti programmatici. Non conosciamo il numero esatto di donne che hanno partecipato all'incontro, ma sappiamo che Ursula si è concentrata sulla costruzione di un’Europa comunitaria, minacciata dalla crisi politico-economica dell’epoca. Durante la fase iniziale, Ursula interagisce con i gruppi femministi, arricchendo il progetto con tematiche legate alle politiche di genere. È così che si verifica l'intersezione tra federalismo e femminismo. L’idea fondante del progetto è di canalizzare l'energia del movimento femminista verso la lotta per il federalismo europeo, ma Ursula ha sempre accettato tutte le donne, indipendentemente dalle loro convinzioni politiche o dal loro coinvolgimento sociale. La mia amica Ursula Hirschmann è considerata uno dei pilastri fondativi dell'Europa di oggi, celebre per il suo impegno nella resistenza contro il nazismo e il fascismo. Prima di molti altri, Ursula è riuscita a immaginare un’Europa unita, con un parlamento e un governo democraticamente eletti. Lei si è sempre definita una "senzapatria", né tedesca, né italiana, né ebrea, ma solo europea. La mia amica Ursula ha posto le radici per un inserimento concreto delle donne all’interno dell’ambiente politico europeo e, come ricorda la figlia Renata, “è stata veramente una donna straordinaria e io le devo moltissimo, perché mi ha insegnato l’indipendenza, la libertà e l’importanza del lavoro”.