Nel 1324 moriva un mercante veneziano che sarebbe diventato il viaggiatore più famoso della sua epoca: Marco Polo. Ma cos’ha visto Marco durante il suo lungo viaggio verso la Cina? E ci è mai stato davvero, in Cina? Cosa raccontavano i viaggiatori della sua epoca, mentre lui dettava il libro che noi oggi chiamiamo Il milione?
Sulle tracce di Marco Polo è la serie in cui raccontiamo di chi, come Marco, ha esplorato l’Oriente durante il Medioevo e ne ha poi scritto. Grazie ai racconti dell’epoca e allo studio di chi fa ricerca su quei testi, ci immergiamo in un mondo fatto di documenti e di leggende, di storia e di storie.
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Voce narrante: Alessio Boni.
Conduzione: Arianna Moro.
Testi: Eugenio Burgio, Antonio Montefusco, Samuela Simion.
Musiche: Nicolò Groja.
Editing e sonorizzazioni: Sara De Gaspari, Nicolò Groja, Giulia Nicastro.
Grafiche: Gioia Ghezzo.
Online dall'11 giugno 2024.
A cura dello staff di Radio Ca’ Foscari
Frequenza di pubblicazione: programma completo
Categoria: Cultura
Prima di Marco Polo, nel Duecento, diverse missioni si sono spinte verso la corte mongolo-cinese; sono viaggi diversi, ufficiali, spesso religiosi, ma è interessante raccontarli anche per comprendere meglio la strada fatto da Marco, e i modelli del narrare.
Il Concilio di Lione organizzato nel 1245 da papa Innocenzo IV mise all’ordine del giorno l’organizzazione di missioni verso l'Oriente, per saperne di pià su quei popoli che, pochi anni prima, avevano invaso l'Europa dell'est e messo in allarme tutto l'Occidente.
Missioni che dovevano essere esplorative e diplomatiche al contempo, e che consegnarono alla storia dettagliate relazioni in latino: le due più notevoli sono la "Historia Mongalorum" del francescano Giovanni di Pian di Carpine e l’"Itinerarium" del confratello fiammingo Guglielmo di Rubruk.
Quali sono i tratti salienti di queste due relazioni, e perché sono così importanti?
Testo della puntata a cura di Eugenio Burgio
La storia del Milione è appassionante, un originale in francese quasi fantasma, una seconda (forse?) redazione in latino a Venezia, una storia di traduzioni e di slittamenti e appropriazioni che è il caso di raccontare.
Il “Devisement dou monde” è l’esito fortunato dell’incontro di due mondi in apparenza lontanissimi: quello di Marco Polo e quello di Rustichello da Pisa - uno scrittore di romanzi cavallereschi. Nel 1298 questi due uomini si ritrovarono a condividere l’esperienza del carcere a Genova; dal loro incontro nacque un libro che d’improvviso raddoppiava le dimensioni del mondo.
Un'opera che viene tradotta e ritradotta nelle principali lingue europee, mentre le copie del primo testo, però, spariscono: oggi, solo uno dei manoscritti superstiti ha conservato la lingua originale. E questo vorticoso processo non si limita ai cambi di lingua, ma si estende anche ai contenuti: i traduttori prima, e i copisti poi, intervengono tagliando, aggiungendo, modificando l’architettura dell’opera, in base agli interessi propri o del proprio pubblico di riferimento.
Testo della puntata a cura di Samuela Simion.
La Cina fu la vera grande “scoperta” di Marco. Nessun occidentale, prima di lui, si era spinto così lontano e ne aveva scritto. Peraltro, la Cina si presentava a Marco in forme assai congeniali allo sguardo di un giovane mercante, abituato al pulsare di un’esistenza che affidava le proprie speranze di ricchezza allo spirito imprenditoriale dei commerci via mare.
Nel libro troviamo tutta l’ammirazione di un viaggiatore arrivato da lontano in posti così diversi da ciò a cui è abituato; uno sguardo che per provare a comprendere la novità, riduce la fisionomia di quella meraviglia alle cifre dei suoi elementi compositivi e le confronta con ciò che conosce meglio.
Marco scopre la Cina, dunque: le sue città e i suoi paesaggi, la sua politica, gli usi e i costumi da cui gli occidentali avrebbero molto da imparare; ma ci si potrebbe domandare: era consapevole della portata culturale di quella scoperta?
Testo della puntata a cura di Eugenio Burgio
Un celebre saggio del 1995 ha messo in dubbio, con motivi pretestuosi, il viaggio di Marco. A questo proposito, dubbi sull'esistenza del viaggio sono stati avanzati fin dal Settecento, e qui abbiamo l'occasione per ribadirne la veridicità e raccontare il tema del vero - di come, cioè, si racconta un viaggio in terre mai viste da nessuno prima.
Uno dei nodi di cui Marco Polo e Rustichello da Pisa sono consapevoli è che l’Asia descritta nel libro è un mondo quasi del tutto nuovo per i loro lettori: bisogna perciò convincerli che la descrizione è veritiera. La soluzione proposta dai due autori si articola in due mosse: una è distinguere il proprio racconto da quelli di finzione, attraverso una rete di elementi di verifica; l’altra è rendere comprensibile l’ignoto.
Le notizie che leggiamo nel libro qualche volta richiedono uno sforzo di interpretazione da parte nostra, perché Marco Polo resta un uomo del Medioevo, e spesso si limita a registrare ciò che vede, senza riuscire a comprenderlo del tutto; altre volte la sua fonte è il sentito dire, e non sempre vista e udito vengono distinti. Ciò non toglie che il “Devisement” sia un serbatoio senza pari di informazioni e notizie confermate dagli studi successivi.
Testo della puntata a cura di Samuela Simion.
Quante lingue parlava Marco? Quale usava nel suo viaggio e nei suoi ruoli politico-diplomatici? Qual era la situazione linguistica dell'Orbe terraqueo oltre la Terra Santa?
Con grande intelligenza Marco Polo individua nella competenza linguistica la radice della sua autorevolezza. Le abilità linguistiche del mercante veneziano hanno buon gioco nelle relazioni con gli asiatici - e sono abilità che, per esempio, non avevano i suoi predecessori, come Guglielmo di Rubruk e Giovanni da Pian di Carpine.
Il problema è: quali lingue parla e comprende? Quali scritture utilizza? In assenza di indicazioni precise, le informazioni sulla competenza linguistica del Viaggiatore arrivano indirettamente da due depositi: uno è il lessico straniero utilizzato per nominare realtà asiatiche; l’altro è dato dalle forme dei nomi propri di persona e dei toponimi.
Testo della puntata a cura di Eugenio Burgio.
Marco racconta la storia dell'apostolo Tommaso in una maniera diversa da come la conosciamo in Occidente. Si tratta di un culto all'origine di un cristianesimo diverso da quelli occidentali, e può dare l'occasione di raccontare e spiegare i credi orientali - alla corte mongola e non solo.
Secondo un’antica tradizione, che ha il suo testo più importante negli apocrifi Atti di Tommaso, quando agli apostoli vennero assegnate le regioni del mondo da evangelizzare, a Tommaso toccò l’Oriente. Fondata la prima comunità a Edessa, l’apostolo arrivò nell’India sud-occidentale, poi in Cina, per fare infine ritorno nell’India sud-orientale, dove venne martirizzato e sepolto. Le reliquie furono portate a Edessa nel IV secolo, e poi traslate a Chios nel XII, e da lì arrivarono a Ortona.
Esistono però anche altre tradizioni: secondo i cristiani indiani di San Tommaso, per esempio, le reliquie del santo non sarebbero mai state spostate da Mailapur.
Testo della puntata a cura di Eugenio Burgio.
Marco importa per la prima volta le conoscenze precise sulla vita del Buddha in Occidente. Qualche traccia era passata in narrazioni meravigliose (racconti di viaggio), ma il Milione schiude per la prima volta informazioni precise su questa branca religiosa.
Incontriamo la vicenda di Josafàt, figlio del re Avenir, rinchiuso dal padre in un luogo ameno in cui può avere tutti i piaceri possibili e rimanere al riparo dalla crudeltà del mondo. Ma Josafat incontra poi un vecchio saggio e prova l’esperienza della vecchiaia e della morte: si converte quindi a una vita pia, di riflessione e preghiera.
È una storia orientale ma cristianizzata, che si sovrappone tanto a quella di Siddartha quanto a quella di San Francesco: una storia in cui Oriente e Occidente si incontrano e si confondono, e che Marco Polo riporta a suo modo, facendo qualche piccolo pasticcio ma dandoci modo di fare una riflessione culturale più ampia.
Testo della puntata a cura di Antonio Montefusco.
La storia delle danzatrici orientali che danzano per rappattumare la coppia di divinità che, litigando, crea disastri nel mondo, e gli strani usi sessuali e matrimoniali dell'Oriente.
Il sesso è un argomento molto presente nel “Devisement dou monde”. Non sorprende, certamente, se consideriamo l’età di Marco: parte giovane, vi resta durante l’età da marito, torna a Venezia quasi quarantenne. La sua attenzione verso l’argomento doveva essere piuttosto elevata. Ma nei suoi racconti c’è qualcosa di più interessante: uno sguardo partecipe, attento ai dettagli, capace di misurare la differenza con le usanze occidentali e spesso senza esprimere giudizi.
Tra le usanze raccontate, ci sono la pratica del levirato (per cui un uomo può sposare una cugina o una matrigna, se rimasta vedova) e l'usanza di concedere le proprie mogli ai viaggiatori di passaggio. Ma la storia più interessante è forse quella delle monache-danzatrici devadâsî - che significa “serve sacre” - riunite in comunità a cui vengono affidate, giovanissime, dalla famiglia. A loro si possono forse ricondurre pratiche di prostituzione sacra, che hanno riscontri in varie parti dell'India nei secoli successivi.
Testo della puntata a cura di Antonio Montefusco.
Una storia di sette mussulmane terroristiche, e di un mitico regno cristiano d’Oriente.
In alcuni forum di appassionati di videogame, alcuni utenti si chiedono se Marco Polo abbia fatto parte di una confraternita detta “degli Assassini”, così come raccontato nel secondo capitolo della saga di Assassin's Creed. La risposta è no, ma vi sono ambientazioni ed altri elementi del videogioco che richiamano esplicitamente il Milione. Del resto, la setta degli Assassini è esistita davvero e vi sono tracce storiche della sua diffusione tra Persia, Siria e Libano - ma quando Marco e Nicolò Polo passano in quelle zone, la confraternita era già stata quasi del tutto distrutta dall'esercito mongolo.
Eppure, il mito di questo gruppo armato e della sua ideologia guerriera è ancora vivo a fine Duecento, e hanno una fascinazione troppo forte per non esser raccontata. Lo sa bene Marco e lo sa bene uno scrittore come Rustichello, e quando scrivono il “Devisement dou monde” non perdono l'occasione per catapultare chi legge nel mondo degli Assassini in una maniera che tiene insieme la fiaba e la distopia.
Testo della puntata a cura di Antonio Montefusco.
A Saba, Marco viene a sapere che ci sono le tombe dei Magi, e che in quel luogo esistono strani riti idolatrici. Ed è un racconto che rileva quanto ibrido fu il racconto cristiano, tra messianismo e zoroastrismo antico.
Per voler descrivere ciò che si vede, è spesso necessario che ci sia un movente oltre alla semplice voglia di raccontare: di norma questo movente è la necessità di registrare una novità incontrata nel percorso, un oggetto o una prassi o un racconto che palesi la sua estraneità all’orizzonte mentale di un cristiano dell’Occidente. Ma talvolta accade che l’elemento nuovo si nasconda tra le pieghe di un tessuto narrativo noto e ampiamente accettato: succede per esempio quando Marco Polo si trova in Persia, nella città di Sava, che all’epoca è un centro importante dell’astronomia islamica; è nel cuore della via della Seta, e quando i Polo ci giungono, è stata da poco devastata dalle incursioni Mongoli, che ne bruciarono la grande biblioteca.
Sava è anche la città da cui tradizionalmente partirono i Magi per adorare un neonato indicato da una stella come nuovo dio; e, pure, la città in cui il veneziano vede il loro sepolcro: un cubo sormontato da una cupola. Qui ci imbattiamo in una storia che innesta sul racconto evangelico elementi religiosi di natura non cristiana e orientale, usando la figura dei Magi come aggregatore.
Testo dell'episodio a cura di Eugenio Burgio.