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Pensare all'antica

Pensare all'antica. Proiezioni al futuro è una rassegna dedicata alla letteratura, alla storia e all’archeologia e alla filosofia greca, e alle prospettive e categorie di pensiero che queste possono offrirci per leggere ed analizzare la nostra contemporaneità.

Tenutasi a Ca' Foscari nelle giornate tra il 23 e il 25 ottobre 2023, la prima edizione ha come tema la Crisi e critica della democrazia, e si focalizza sull'analisi del contesto storico, politico, letterario ed intellettuale della polis ateniese nel V e IV secolo a. C.

A cura dello staff di Radio Ca’ Foscari
Frequenza di pubblicazione: podcast completo
Categoria: Dialoghi

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Nella prima di questa serie di interviste, la professoressa Francesca Masi ci spiega in dettaglio la natura di Pensare all’antica, e riflette assoe,e noi sui suoi obiettivi.

“Pensare all'antica: proiezioni al futuro” intende essere, innanzitutto, non una semplice giornata di studi, ma una rassegna o - per usare un termine più comprensibile che introduco molto timidamente - un Festival del sapere classico, il primo organizzato qui a Ca’ Foscari. Intendiamo riunire quelle che sono le competenze storiche, storiche e filosofiche per analizzare alcuni momenti topici e rilevanti dell’antichità classica.

Con questa iniziativa speriamo di inaugurare una riflessione su alcune tematiche per noi fondamentali: il sistema politico in sé, la natura del sistema politico, la cittadinanza e i criteri di inclusione della cittadinanza, il nomos ovvero la legge, il potere, la natura e la funzione delle norme, dei valori di convivenza civile e tutta una serie di tematiche che a nostro avviso possono essere ancora importanti per delineare le nostre categorie interpretative sull'attualità”.

Nella sua espressione ideale, la democrazia è una forma di governo fondata sulla garanzia di tutela dell'uguaglianza, della libertà e dei diritti civili, politici e sociali dei suoi cittadini. In pratica, non sempre questo principio è attuato con successo e rivolgere lo sguardo alla storia, alla culla della democrazia, rivela inevitabilmente che questa fragilità esistono dalla sua concezione. Con la professoressa Stefania De Vido riflettiamo sul rapporto, tanto paradossale quanto apparentemente inestricabile, tra la democrazia e l'imperialismo.

“Ci dedicheremo all'aspetto propriamente storico, dunque alla descrizione apparentemente oggettiva della democrazia antica nei suoi meccanismi istituzionali, scoprendone però i molti aspetti di fragilità. Questo è un intento più profondo, ed è quello di togliere la democrazia da quell’ altare asettico in cui è messa anche lì dove si fanno delle comparazioni sin troppo facili con esperienze del presente.

Quello che cercheremo di far vedere è l'abbraccio che definisco necessario e mortale proprio con l'imperialismo. La democrazia, dunque, che al suo interno ha dei meccanismi di circolazione e di condivisione del potere che per certi aspetti non hanno avuto uguali nell'antichità”.

La dimensione politica influenza inevitabilmente l'arte e la rielaborazione nell'arte influenza a sua volta la discussione politica. Di questo fenomeno ci parla più in dettaglio il professor Simone Beta, docente dell'Università di Siena, concentrandosi in particolare sul rapporto tra la polis ateniese e il teatro, e sui punti di contatto tra le sue differenti espressioni nella tragedia e nella commedia.

“Qual è l'influenza reciproca che la polis esercita sul teatro? Abbiamo nel quinto secolo ad Atene una fioritura di un genere teatrale che non esisteva prima e che non esisterà più in quelle stesse condizioni dopo. E questo perché c'è uno stretto rapporto tra una dimensione sociale, culturale e politica della città che influenza il teatro, e che a sua volta viene influenzata dal teatro”.

Democrazia, legge e crisi sono le nozioni cardine della riflessione della professoressa Arianna Fermani, docente dell'Università di Macerata, che, partendo dal pensiero aristotelico - così come espresso nei testi dell'etica, della retorica e della politica - ci spiega quanto alcuni principi della società antica trovano ancora fondamento nel presente e quanto servano alla nostra democrazia odierna.

“I principi teorici che sono alla base della democrazia stessa sono applicabili ancora oggi. Una cosa che mi preme molto è la capacità che la democrazia sviluppa di accogliere la fragilità umana, di accogliere i limiti dell'umano che caratterizza tutti gli esseri umani. E quindi in questo accoglimento reciproco dei limiti, in questa capacità di adattare appunto la legge stessa nella sua alterità, nella sua distanza al qui ed ora, forse c'è un nucleo che può essere recuperato anche oggi”.

Il concetto classico del potere è declinato in innumerevoli forme: nel dominio di kratos, nell'inevitabilità del destino, e nella forza potenziale del dynamis. Dell'evoluzione dell'idea di potere ci parla più in dettaglio il professor Stefano Maso, docente di Ca’ Foscari.

“Il potere è una condizione fondamentale nella tradizione storica dell’uomo, ma esistono poteri diversi. Prendiamo per esempio il Prometeo incatenato di Eschilo: c’è un momento in cui c'è kratos, il potere che sta portando con sé Prometeo – e per questo verrà inchiodato alla rupe. Ma un potere fortissimo è anche techne, cioèil modo in cui kratos attualmente si realizza. Kratos anticamente si realizzava nelle forme del destino che sembra ineluttabile, ma il tentativo di aggirare il destino si attuava attraverso techne.

E poi il passaggio enorme che c'è in epoca recente, quando abbiamo Nietszche che ci propone un potere e una potenza che sono legati alla volontà di realizzarlo. La cosiddetta volontà di potenza è l'espressione estrema di ciò che sta alla base della techne attuale”.

Platone si è a lungo interrogato su come elevare i singoli individui, sia da un punto di vista culturale e conoscitivo che politico. Il modello dell'educazione platonica voleva infatti permettere a tutti l'agire corretto all'interno della società, ma le soluzioni da lui trovate potrebbero non essere più adatte alla sensibilità del presente. Per apprpofondire la questione, abbiamo ospitato ai nostri microfoni Federico Petrucci, professore dell'Università di Torino.

“Platone, anche per ragioni legate alla storia del Novecento, è spessp letto come un autoritarista, ovvero è stato messo il suo pensiero alla base dei grandi regimi totalitari. Va però riconosciuto come lo stesso Platone abbia elaborato strategie di elevazione intellettuale e morale accessibili a tutti all'interno di un modello etico e filosofico. Platone consente potenzialmente a tutti di elevarsi e di essere inclusi in una città a qualche titolo virtuosa. E questo, a mio avviso, un messaggio in termini filosoficamente forti, cioè una linea di ragionamento che rimane assolutamente fondamentale, che dovrebbe essere recuperata più di quanto non sia stato fatto”.

Anche per la seconda edizione di "Pensare all'antica. Proiezioni al futuro" abbiamo acceso i microfoni di Radio Ca' Foscari per ascoltare alcuni dei professori che saranno al convegno organizzato a Ca' Foscari a dicembre 2024.
Partiamo dunque con la prof. Claudia Antonetti dell'Università Ca' Foscari, che ci introduce il progetto e ci spiega come e perché è stato scelto l'argomento di quest'anno "Legge, potere e democrazia".

“Vorrei sottolineare" dice Antonetti "la produttività sul piano politico-istituzionale dei rapporti di forza mediante l'esempio forse più chiaro che si possa fare, quello dell'evoluzione del termine kratos, ovvero del concetto del potere politico basato sulla forza, la forza anche fisica. La traiettoria che brevemente proporrò si può riassumere in tre step. Il primo, nell'epoca arcaica, si configura un potere autocratico che cerca legittimazione attraverso kratos, la forza, e bia la violenza, e nella sua forma deteriore è il fenomeno della tirannide. L'esempio illuminante che potremo fare è quello della tragedia di Eschilo, il Prometeo incatenato, e in particolar modo il prologo della stessa. Secondo passo, si arriva a concepire un potere in cui la forza è del popolo, demos, quindi democrazia è la forza, il prevalere del popolo”.

La democrazia come la conosciamo noi oggi si è affermata negli ultimi due secoli, ma è un concetto che esiste da millenni, le prime testimonianze giunte a noi infatti risalgono alla Grecia antica.
Come ogni forma di governo, possiede anch'essa i suoi limiti, riconosciuti già dagli antichi. In particolare ne parla Platone nel "Gorgia", un dialogo che verte sulla retorica: quale rapporto intercorre tra retorica e politica? E come quanto dice Platone può essere applicato anche nella democrazia moderna?

Ce ne parla il professore Diego Zucca dell'Università degli Studi di Sassari, a partire proprio da una sua personale definizione della parola democrazia.

“una cittadinanza critica è il massimo antidoto nei confronti di una degenerazione populistica della democrazia. La possibilità di rendere sostanziale, non solo formale, una democrazia anche contemporanea è quella di puntare molto su quella che i greci chiamavano paideia, ovvero l'abitus critico cognitivo dei cittadini, in modo tale che la manipolabilità emotiva sia ridotta ai minimi termini e chi vuole ottenere il consenso dai cittadini lo possa fare solo trovando dei cittadini pronti a chiedere conto delle giustificazioni, delle buone ragioni. Ecco, più i cittadini sono sensibili alle buone ragioni e non agli impulsi emotivi, più la democrazia acquista una sostanzialità e i suoi rischi si minimizzano”.

 

Governare significa anche esercitare potere. Nella concezione greca, il potere è quasi sempre collegato alla violenza, come narrato da Eschilo nella tragedia del "Prometeo incatenato". Lo stesso testo suggerisce che anche nella democrazia il potere, seppur espresso con le parole, è motivo di scontro o duello.
Come quindi si rapportano il concetto di potere e il concetto di giustizia?

Il professor Emanuele Stolfi dell'Università di Siena ci dà la sua lettura sulla definizione di giustizia, iniziando da una distinzione tra democrazia dei moderni e democrazia dei classici.

“Potere, legge e giustizia è il grande trinomio della cultura greca, della cultura greca in generale, in particolare di quella che qualche anno fa chiamavo la cultura giuridica greca. In Grecia non ci sono propriamente giuristi, ma ci sono storici, filosofi, tragediografi, pensatori di ogni tipo che si interessano esattamente a questo trinomio, potere, legge, giustizia. Cioè mentre i giuristi romani della giustizia parlano pochissimo perché loro interessa l'aspetto tecnico del diritto, non c'è praticamente autore greco da Omero ai tragici ad Aristotele che non ponga al centro della sua riflessione esattamente questi termini.”.

 

Diversi sono i pensatori che nella storia hanno provato a delineare quale possa essere la forma di governo migliore. Tra questi, ciò che ha proposto Democrito di Artera riguardo l'etica e la politica è stato molto svalutato, perché considerato un pensatore lontano dal pensiero idealistico dominante.

Il professore Emidio Spinelli dell'Università la Sapienza ci suggerisce invece una nuova lettura dei suoi frammenti, focalizzandosi soprattutto sul concetto di legge e il ruolo del magistrato nel farle rispettare. Ancora una volta il punto di partenza è una definizione del concetto di democrazia, secondo il professore.

“I frammenti, molti frammenti, che ci sono arrivati del pensiero etico, politico ed economico di Democrito non solo sono importanti ma vanno letti in una maniera assolutamente sistematica. Democrito è il fondatore insieme all'Eucippo dell'atomismo antico, quindi il primo pensatore con una chiara dottrina materialistica che spiega tutta la realtà e questa dottrina materialistica è alla base anche dell'atteggiamento etico, delle scelte politiche e delle soluzioni economiche che Democrito propone. C'è un frammento bellissimo in cui Democrito dice che nel momento in cui i ricchi prendono su di sé la responsabilità di aiutare i poveri e quindi di creare una omeostasi economica all'interno della città, questo è il principio della concordia fra i cittadini all'interno della struttura politica che si ha di fronte”.

Il termine epistocrazia, inteso come la distribuzione del potere a seconda della conoscenza, è un termine inventato dai moderni, ma ha come modello antico il pensiero di Platone. Platone infatti, nel suo dialogo la "Repubblica" scrive che ciò che può legittimare il potere è l'episteme, cioè la conoscenza. Come possiamo applicare questo pensiero al mondo contemporaneo? E a chi appartiene il potere nella democrazia?

Il professore Filippo Forcignanò dell'Università degli Studi di Milano ci fornisce una sua analisi sul tema.

“Sostanzialmente Platone nella Repubblica, che è un testo molto noto ma che riassumo proprio nei suoi elementi essenziali, propone alcune riforme decisive come l'uguaglianza di uomo e donna, come l'abolizione della proprietà privata per la classe di governanti, ma soprattutto propone la cosa più ardita e cioè la figura del filosofo re, cioè delegando al filosofo che nella Repubblica è inteso come uno che possiede veramente la conoscenza, cosa che invece altrove Platone smorza molto, ma in quel contesto il filosofo re, cioè colui che ha l'epistema e la sofia in modo pieno, è deputato a governare. Il filosofo non vuole governare, questo è uno dei punti su cui Platone non esita, cioè il filosofo si diverte, passa una buona vita a discutere tematiche appunto inerenti alla filosofia, a discutere con gli amici in un circolo come poteva essere l'accademia di Platone Medesimo. È obbligato a governare con una serie di escamotage anche non troppo limpidi, perché se non governano i migliori, questo è l'assunto di Platone, governano inevitabilmente i peggiori e i migliori sono coloro che hanno la conoscenza.”

Seguendo la definizione del dizionario, la costituzione è l'insieme delle norme giuridiche e legislative che tracciano le linee maestre dell'ordinamento dello stato. Secondo Aristotele, una buona costituzione deve agire per il bene comune, e non deve mai essere a vantaggio dell'organo che la promulga. Ma che cos'è il bene comune? Come possiamo valutare la giustizia? E la classe dirigente, che caratteristiche deve avere per essere in grado di produrre una buona costituzione?

Partendo da una distinzione su cosa s'intende per buona e cattiva costituzione nella polis di Aristotele, la professoressa Francesca Masi dell'Università Ca' Foscari prova a rispondere a queste domande.

“Nel Terzo Libro della Politica, Aristotele fornisce una tassonomia delle forme di governo e questa tassonomia probabilmente è intesa a fornire, e proprio ai politici, uno strumento utile per rendere le città da loro governate migliori. Ora, sulla base del numero dei governanti, della loro qualità morale e della finalità da loro perseguita, Aristotele distingue sei tipi di Costituzioni, tre, per così dire, corrette e tre devianti. Nelle forme corrette, la classe dei governanti, quella che oggi chiameremo la classe dirigente, agisce in vista del bene o del vantaggio comune, invece in quelle devianti la classe dirigente persegue il proprio bene o il proprio vantaggio”.

Secondo il pensiero antico, legge e giustizia vanno di pari passo: ciò che dice la legge è giusto, anche se non sempre garantisce giustizia. Ma come possiamo definire il concetto di giustizia?
La professoressa Laura Pepe dell'Università degli Studi di Milano sfrutta una rilettura della tragedia dell'Antigone di Sofocle, per parlare del rapporto tra giustizia, legge e potere, concludendo con una riflessione sulla democrazia e il suo funzionamento.

“Se a un qualsiasi cittadino si chiedesse se giudica Antigone colpevole o innocente sicuramente si schiererebbe in modo abbastanza netto dalla parte di Antigone. Nel senso che Antigone viene vista come un modello e come un'incarnazione di bene che lotta contro male dove bene e male sono scritti con la maiuscola e l'incarnazione della giustizia che lotta contro l'ingiustizia e il sopruso l'incarnazione della forza delle donne contro il prepotere e lo strapotere degli uomini. Io in realtà credo che una rilettura della tragedia sofoclea - come peraltro è stata fatta ripetutamente in questi ultimi anni - ci riveli un personaggio molto più complesso di così; la tragedia non propone mai una contrapposizione manichea tra bene e male, tra nero e bianco propone invece una riflessione, un conflitto che non ha soluzione”.