Dalla filologia alle tecnologie computazionali, passando per lo studio ravvicinato dei manoscritti arabi, spesso trascurati ma ricchi di tracce materiali di vita intellettuale: UnMaP – The Uncharted Margins of Philosophy: An AI-Enhanced Material History of Arabic Logic Across Time (12th-19th c.) and Frontiers (from Spain to India) è un progetto ambizioso e interdisciplinare che si propone di ripensare la storia della filosofia del mondo islamico (e non solo) attraverso fonti e strumenti finora poco esplorati.
Guidato dalla Principal Investigator Silvia Di Vincenzo, professoressa associata del Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali dell’Università Ca’ Foscari Venezia, il progetto è stato avviato a marzo grazie a un finanziamento ERC Starting Grant di circa 1,5 milioni di euro. Oltre a Ca’ Foscari, coinvolgerà anche l’Unità MUSAM - Multi-scale Analysis of Materials della Scuola IMT Alti Studi Lucca e l’Istituto di Linguistica Computazionale Antonio Zampolli del CNR.
“Mi sono formata tra Pisa e Parigi, alla Scuola Normale Superiore e all’École Pratique des Hautes Études, in un percorso che ha sempre oscillato tra le lettere classiche e le lingue orientali: greco, latino, ma anche arabo, ebraico, persiano”, racconta Di Vincenzo. “La mia ricerca si è focalizzata ben presto su un punto di contatto tra questi due filoni: la ricezione della filosofia greca nel mondo arabo medievale, e su come pensatori come Avicenna abbiano trasformato quell’eredità strutturando il sapere scientifico e filosofico secondo un’architettura completamente nuova.”
Proprio da questo incontro nasce UnMaP: un’esplorazione ai margini - fisici e simbolici - dei manoscritti arabi a partire dal XII secolo. “Spazi liminali, spesso trascurati, in cui si celano voci apparentemente secondarie, commenti, firme, appunti di studenti e insegnanti, vere e proprie tracce di ambienti scolastici e pratiche filosofiche che non ci sono giunte per altre vie, anche perché, nel mondo arabo, l'insegnamento è stato per una lunga fase molto meno istituzionalizzato di quanto non fosse nell'Occidente latino”
Al centro di questo nuovo progetto ERC c’è l’idea di “una storia della filosofia dal basso”, che parte dalle annotazioni dei testi per ricostruire pratiche concrete di lettura, insegnamento e trasmissione del sapere fino ad ora inesplorate “UnMaP parte dal presupposto che la storia della filosofia araba non si esaurisca nei grandi nomi e nelle opere canoniche, ma includa anche le voci collettive rimaste invisibili e i modi in cui quelle opere sono state effettivamente lette, commentate, discusse – insomma, praticate”, spiega la PI.
Il cuore della ricerca è costituito dalle copie manoscritte del ‘Libro della Guarigione’ (Kitāb al-Shifāʾ) di Avicenna (Ibn Sīnā, 980–1037), una delle più vaste opere scientifico-filosofiche mai scritte, che tocca logica, fisica, matematica e metafisica. “A partire dall’undicesimo secolo, nel mondo arabo non si studia più Aristotele, ma Avicenna. La sua produzione si colloca all’incrocio tra diverse tradizioni del sapere: recepisce e rielabora la filosofia greca – in particolare Aristotele, Tolomeo, Nicomaco e altri autori fondamentali per l’educazione e la formazione intellettuale – ma è anche indirettamente influenzata dalla tradizione siriaca, che ha svolto un ruolo cruciale nella trasmissione del pensiero greco al mondo arabo.”
Ma l’importanza di Avicenna non rimane confinata al Medio Oriente. “Numerose parti di quest'opera vengono poi tradotte in latino e influenzano grandissimi pensatori europei come Alberto Magno e Tommaso d'Aquino. Comprendere come quest’opera sia stata letta, annotata e discussa nei secoli successivi significa quindi rimettere al centro un'intera tradizione filosofica spesso marginalizzata dalla storiografia occidentale.”
Il corpus oggetto di studio comprende più di 200 manoscritti, prodotti attraverso sette secoli su tre continenti diversi, Europa, Africa del Nord e Asia. “Il manoscritto datato più recente risale al 1924: nel mondo arabo si continua a copiare a mano - e ad annotare - per tantissimo tempo dopo l’invenzione della stampa. I testi quindi rimangono vivi, continuano ad essere trasformati dall’azione manuale della copia, dall’interazione fisica dei lettori con il testo. Quello che cerchiamo nei margini sono nomi, voci, osservazioni: frammenti di presenza intellettuale. Le annotazioni sono tutt’altro che semplici: ci parlano di studenti e insegnanti, ci mostrano come i testi venivano interpretati e a volte anche contestati e ci aiutano a riempire quei ‘buchi’ storici creatisi per colpa di pregiudizi, perché materiali come questi sono stati a lungo considerati di poco valore”.
Uno degli elementi distintivi del progetto è la combinazione tra studio storico-filologico e strumenti digitali avanzati. In particolare, verrà sperimentato l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale e di reti neurali convoluzionali (CNN), ossia le tecniche di riconoscimento immagini usate anche dai motori di ricerca, impiegate in questo caso per l’analisi paleografica delle annotazioni. “L’intelligenza artificiale ci permette di identificare più rapidamente le mani dei copisti, di tracciare la presenza di uno stesso lettore in più manoscritti, di ricostruire reti materiali di trasmissione del sapere. L’algoritmo ci consentirà di effettuare una prima scrematura tra migliaia di immagini, aiutando a delimitare il campo per l’analisi umana.”
Questa svolta metodologica è frutto di un percorso interdisciplinare della docente e ricercatrice cafoscarina, che ha avuto momenti chiave anche al di fuori del tradizionale ambito umanistico. “Durante il mio periodo come ricercatrice all’IMT di Lucca, che è ora partner del progetto, ho avuto l’opportunità di lavorare fianco a fianco con un team di ricerca in ingegneria. All’inizio è stata una sfida: dovevo spiegare la mia materia a chi non aveva familiarità con la storia della filosofia, né con le lingue antiche. Ma questo confronto è stato fondamentale: mi ha spronata a riformulare le mie domande in modo più essenziale, più accessibile, e ha aperto strade nuove per il mio ERC”.
L’approccio di UnMaP è anche una riflessione epistemologica su come si sta evolvendo il modo di fare ricerca in campo umanistico. “Una prospettiva monodisciplinare non basta più”, osserva Di Vincenzo. “La quantità e la complessità dei materiali ci spingono a innovare. Per questo lavoriamo con esperti ed esperte in moltissimi ambiti, dalle digital humanities alla storia della filosofia araba, alla linguistica computazionale. Ogni manoscritto è un oggetto complesso, stratificato, e per comprenderlo servono sguardi e competenze diverse».
Il progetto si svilupperà quindi lungo tre assi principali: lo studio dei marginalia come testimonianze di pratiche scolastiche e intellettuali finora sconosciute; l’applicazione di tecniche digitali per il riconoscimento delle varie annotazioni; e infine l’elaborazione di una nuova metodologia di ricerca applicabile allo studio di fonti con ampie tradizioni testuali.
Al termine dei prossimi 5 anni, UnMaP si propone di restituire un’immagine più dinamica, complessa e pluralistica della filosofia nel mondo islamico, sottraendola a una narrazione semplificata ed eurocentrica che vede la tradizione araba come un mero anello di congiunzione nella trasmissione del sapere dal mondo greco antico all’occidente moderno. “Lo scopo del progetto è sicuramente quello di sostanziare una conoscenza e una consapevolezza del minimo comune denominatore culturale e intellettuale delle comunità del mediterraneo. Al contempo, intende offrire nuovi strumenti concreti e basi storiche per comprendere le reali direttrici dello scambio tra le tradizioni mediorientali e occidentali, analizzando come siano state di volta in volta superate le barriere culturali e mettendo in luce la complessità della trasmissione del sapere, che non è avvenuta in modo lineare, come si tende spesso a credere, ma attraverso fenomeni di contaminazione reciproca e 'cross-pollination'”
Come conclude Di Vincenzo: “Il nostro lavoro intende mostrare che, dopo i primi secoli del periodo medievale, la filosofia araba non era affatto in declino. Era viva, discussa, insegnata, adattata. E lo era anche ai margini: nei gesti più discreti, nelle annotazioni, nei segni lasciati da lettori e insegnanti, nelle voci ‘dimenticate’ che oggi ci permettono di completare il quadro. Riscoprire queste tracce significa riscrivere una storia della filosofia senza preconcetti, più inclusiva e realistica”.
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