Ci parli di lei: da dove proviene, cosa insegna a Ca’ Foscari, quali sono i suoi interessi e i suoi ambiti di Ricerca
Mi occupo di disuguaglianze, migrazioni, razzismo, trasformazioni del lavoro. La mia attività di ricerca si colloca all’interno delle scienze sociali, in particolare della sociologia. Qui a Ca’ Foscari insegno “Teoria e analisi delle disuguaglianze”, “Sociologia delle migrazioni, “Razzismo e interculturalità”, “Teorie sociologiche”. In riferimento a questi temi ho partecipato a molti progetti internazionali e nazionali (ad esempio, per la DG Research, la DG Employment e la DG Home della Commissione Europea; per l’International Organization for Migrations, lo European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia, la Fundamental Rights Agency, la Joseph Rowntree Foundation, il Ministero della Salute). Da alcuni anni sono impegnato in progetti di ricerca riguardanti il posted work in Europa, un fenomeno estremamente interessante, poco conosciuto al grande pubblico, che se ben studiato è indicatore di alcune importanti tendenze sociali.
Le soddisfazioni professionali più grandi?
È difficile dire, perché finora sono state tante. Quella più grande è sicuramente il Master sull’Immigrazione, istituito nel 1999, giunto alla ventesima edizione. Una importante esperienza professionale, una bellissima esperienza umana, ma anche una storia di successo: il primo Master sull’immigrazione in Italia, che ha avuto un migliaio di studenti (ora occupati nell’ambito dell’immigrazione nelle varie regioni italiane) e tanti ottimi docenti provenienti da tutto il mondo.
La soddisfazione più inaspettata, essere stato chiamato a far parte del comitato editoriale della prestigiosa collana “Migration, Diasporas and Citizenship” dell’editore Palgrave, diretta da Olga Jubany e Saskia Sassen.
Le soddisfazioni più recenti, la pubblicazione di un libro sull’islamofobia in lingua araba in un paese arabo e l’intervista rilasciata alcuni giorni fa al quotidiano francese “Libération” sulla questione del razzismo ambientale.
C’è infine, ma non ultima, quella derivante dalla soddisfazione e dall’affetto degli studenti in tutti questi anni.
L’ambito di cui si è sempre voluto occupare ma che non ha ancora avuto occasione di esplorare?
Eh, bella domanda. Ci sono tante cose che a causa dei tanti impegni ancora non sono riuscito ad esplorare. Comunque, una è il rapporto tra razzismo e salute, in particolare l’impatto del razzismo sulle disuguaglianze di salute, ovvero le disuguaglianze razziali di salute. Un’altra è lo studio del processo di globalizzazione della detenzione amministrativa, un osservatorio speciale che mette a nudo molteplici dinamiche contemporanee tra cui una certa trasformazione dello stato nella società dalla crisi strutturale. Ma il sogno nel cassetto, per così dire, è lo studio dell’intensificazione del lavoro; non tanto il prolungamento dell’orario di lavoro (che comunque è un elemento strettamente collegato e che fa parte della questione), quanto l’intensificazione dei ritmi di lavoro, la saturazione del tempo di lavoro, l’accelerazione dell’intensità di lavoro, e le sue molteplici conseguenze sociali.
Qual è l’aspetto che più l’appassiona del suo ambito di ricerca?
Ci sono diversi aspetti molto appassionanti. Primo, come tutta la ricerca e lo studio in generale, avanzando nella conoscenza si aprono continuamente nuovi spazi da conoscere: ciò a volte incute un senso di smarrimento e incapacità, ma al contempo è affascinante, stimolante, arricchente; e quel senso iniziale di smarrimento viene sostituito da un senso di pienezza prodotto dall’acquisizione di nuova conoscenza.
Secondo, mi occupo delle grandi questioni sociali del nostro tempo, e ciò è molto appassionante, anche se a volte un po’ “faticoso”. Terzo, anche se nella ricerca lo sono tutti, gli ambiti della mia ricerca sono prettamente globali, non sono focalizzati su contesti locali o oggetti microscopici; questo sguardo sul mondo, che necessita di uno sguardo sul tutto e che contempla contatti con il mondo, per me è entusiasmante.
Cosa dice ai giovani che si avvicinano alla ricerca oggi?
Ai giovani che si avvicinano alla ricerca suggerisco tre cose: concentrarsi solo sul livello e sulla qualità dei contenuti dello studio e della ricerca; avere molta pazienza e fiducia in sé stessi perché quello della ricerca è un percorso caratterizzato spesso da precarietà e sacrifici, i quali, però, prima o dopo vengono ripagati da grandi soddisfazioni; rispetto all’ambito delle scienze sociali, tenere a mente che – in quanto scienza unitaria composta da varie scienze sociali che studiano scientificamente la società – la scienza sociale è scienza sociale critica altrimenti non è scienza sociale.