Acqua - Stivare l'acqua tra le acque
1. Lo scavo del pozzo-cisterna di Ca’ Ballarin
Tra il 1998 ed il 2003, delle indagini subacquee coordinate dalla Soprintendenza hanno consentito di rinvenire lungo l’antica sponda est del canale di marea che collegava Lio Piccolo ad Altino i resti di una cisterna quadrangolare con pozzo interno databili tra I e II secolo d.C. La struttura, rilevata ad una profondità compresa tra -3 e -5 m dal medio mare, rappresenta per tipologia un “pozzo alla veneziana” ante litteram che si trovava in antico in una posizione sopraelevata per evitare infiltrazioni di acqua salmastra.
Le attività subacquee hanno consentito di asportare i detriti che coprivano l’intero impianto permettendo di comprenderne la tecnica edificatoria: la cisterna quadrangolare era realizzata con mattoni sesquipedali romani (lunghi un piede e mezzo di lato, circa 44 cm) e riempita con sabbia e ghiaia per filtrare le acque piovane e farle decantare all’interno del pozzo ubicato internamente alla cisterna.
Data l’impossibilità di raggiungere l’acqua di falda in area lagunare, questa particolare tecnica risolveva ingegnosamente la difficoltà di approvvigionamento idrico in area lagunare, sapere tramandato poi nel Medioevo a Venezia. Il pozzo-cisterna consentiva quindi, nei primi secoli dell’impero, la sussistenza idrica alle strutture presenti lungo il lido di Lio Piccolo, come la villa marittima rinvenuta a poca distanza ed i cui affreschi e reperti ceramici indicano una frequentazione proprio in questa fase cronologica.
Il rinvenimento a sud della cisterna di una riva o banchina con fondazione in pali lignei avrebbe consentito l’attracco alle imbarcazioni in entrata ed in uscita dalla laguna. Le merci, trasportate nelle anfore rinvenute abbondantemente nell’area, sarebbero state scaricate lungo queste strutture, probabilmente disposte in più punti del litorale di Lio Piccolo.
2. I reperti dal pozzo
L'intervento subacqueo di Ca' Ballarin ha consentito di recuperare i reperti depositati all'interno del pozzo. Si tratta di materiali gettati nella struttura durante il suo abbandono avvenuto nel corso del III secolo d.C. e che forniscono una fotografia del periodo di uso del pozzo-cisterna, nonché dello sfruttamento dell’area circostante tra I e II sec. d. C.
L’acqua dolce veniva attinta con un secchio, di cui se ne conserva l’anello in piombo, calato nella canna del pozzo attraverso l’uso di una puleggia lignea. Alcuni punteruoli in ferro con manici in legno erano probabilmente utilizzati, ora come oggi, per le attività di falegnameria associate alla manutenzione della struttura. L’ampio uso del legno è inoltre testimoniato in via indiretta dalla presenza di numerosi chiodi corrosi. I frammenti ceramici corrispondono a brocche acrome usate per contenere acqua o vino, quest’ultimo travasato da contenitori dell’area picena (Abruzzo) e romagnola. L’olio per alimenti è invece acquistato localmente dalla gens Apicia, grande produttrice di materiale edilizio.
Nel pozzo sono stati gettati anche alcuni elementi edilizi relativi allo smantellamento di edifici circostanti: si tratta di resti di pavimentazioni in tessere musive bianche e nere, frammenti di tegole e di un’antefissa fittile con rappresentazione di Gorgone, elemento di copertura di un tetto, riutilizzato in qualche muratura prima di essere gettato nel pozzo ( tracce di malta sulla sua superficie esterna). Questi dati confermano la presenza di un’area fortemente occupata da strutture abitative (ville marittime) e produttive connesse allo sfruttamento delle risorse del territorio, come testimoniano i pesi da pesca fittili e di piombo ritrovati in fondo al pozzo e provenienti da qualche vivaria circostante.
Una moneta dell’imperatore Filippo Cesare ed un’anfora vinaria proveniente dalla Mauretania (Algeria) attestano infine il disuso di un impianto verso la metà del III secolo d.C. Il possibile abbandono nello stesso periodo della parte residenziale della villa di Lio Piccolo ( indiziato dalla mancanza di intonaci e di ceramiche fini dopo tale fase) indicherebbe uno stretto legame di sfruttamento del pozzo da parte di un’estesa zona dell’area litoranea.
3. Prima dei Romani?
Il reperto esposto in questa sezione è del tutto particolare.
È un' “olla biconica”, a bocca tonda, datata all’età del Bronzo Medio, tra il XII e l’XI secolo a.C., ritrovata presso il canale Rigà, nella laguna nord a poche decine di metri dal sito della Villa Romana di Lio Piccolo.Come è noto, la città di Altino si sviluppa al di sopra di un importantissimo centro Veneto antico. Il segno più antico di frequentazione o risale al XI –X sec. a.C. (età del Bronzo Finale) e consiste in una sepoltura femminile con corredo. Anche se quella tomba è stata rinvenuta isolata,è indubbiamente un segnodi una frequentazione la cui estensione non è ancora chiara, ma sicuramente significativa. L’area tra Lio Piccolo e Altino era abitata anche prima dei romani?
È questa una domanda complessa, e per rispondere bisogna tenere in considerazione sia la morfologia lagunare, sia le modalità di recupero degli indicatori archeologici pre-e proto-storici.Ad esempio, sono molto noti i cosiddetti “vasetti micenei di Torcello” ritrovati, secondo tradizione a Mazzorbo alla fine dell’800 e databili intorno al XIII secolo a.C. Sono integri, e con ogni probabilità facevano parte di un corredo funebre (altrimenti sarebbero giunti fino a noi in pezzi). Sulla loro autenticità non c’è dubbio. Sul fatto che fossero pertinenti ad un insediamento stabile così antico in laguna, gli studiosi non sono ancora concordi.
Va ricordato che, in molti anni di scavi, “stratigrafie” in posto databili all’età del bronzo non sono mai state ritrovate (forse perché’ troppo profonde?). Allo stesso modo, in laguna, frammenti di ceramica pre-romana non sono stati mai ritrovati come materiali “residuali” all’interno di stratificazioni più recenti, come normalmenteavviene in siti a lunga continuità.
Bisogna considerare che linea di costa antica si è progressivamente allontanata verso il mare nel corso dei secoli: le barene intorno a Lio Piccolo e Torcello, infatti, paiono essersi stabilizzate solo qualche secolo prima dell’età romana. Ciò non esclude,però, che spazi litoranei (quindi “spiagge”) fossero frequentati proprio in relazione alle rotte di navigazione verso i siti collocati appena all’interno, presso le foci dei fiumi. Elementi e reperti, dunque, potevano essere dispersi sicuramente in un paesaggio “solcato” o "navigato" anche in antico.