Villa - Le ville marittime del territorio di Altino
1. Le indagini archeologiche presso la villa romana di Lio Piccolo
Nel mondo romano vi erano due diversi modi di abitare:
- abitare in città, in una dimora che le fonti indicano con il termine domus (che quindi indica la casa urbana)
- e abitare fuori dalla città o in villa.
Il modello insediativo in villa è un'elaborazione caratteristica dell'età romana, di cui si hanno evidenze certe a partire dall'età tardo repubblicana.
La villa di Lio Piccolo rappresenta il primo esempio noto di villa romana ubicata nella laguna nord di Venezia, con fronte su quello che all'epoca era l'antico litorale altinate.
Di questa villa abbiamo solo una planimetria frammentaria, dal momento che ad oggi solo una piccola parte dell'edificio è stata indagata.
Una prima segnalazione dei resti della villa fu data alla Soprintendenza Archeologica per il Veneto dall'Ispettore onorario Ernesto Canal alla fine anni '80 del secolo scorso. Nel 2004, venne effettuata la prima ricognizione dell'area, vennero documentate alcune strutture e furono raccolti molti materiali e reperti, utili ad un inquadramento cronologico e funzionale del sito. Questo, all'epoca delle prime esplorazioni archeologiche, si trovava a poca profondità dal livello marino e a pochi decimetri di copertura fangosa. Nel 2010 si effettuarono nuove immersioni subacquee per comprendere meglio lo sviluppo planimetrico e le tecniche costruttive utilizzate.
I dati raccolti da Ernesto Canal facevano ipotizzare che si trattasse dei resti di un dimora di campagna o villa di età romana che, oltre alla parte rilevata sotto il livello dell'acqua, risultava proseguire anche oltre l'arginatura del canale qui presente. Le prime indagini documentarono un edificio delimitato sul lato ovest da un muro di ca. 37 metri di lunghezza e largo 60 cm, realizzato con mattoni mezzi sesquipedali posti su una fitta palificata di fondazione. Dei muri perimetrali sui lati nord e sud si documentarono solo porzioni limitate, situate ad angolo retto con il muro ovest.
2. La villa e i suoi affreschi
Le indagini archeologiche presso la villa di Lio Piccolo riportarono alla luce oltre tremila frammenti di intonaco dipinto, trovati a ca. -150 cm dal livello medio del mare. Il discreto stato di conservazione dipendeva dal loro alloggiamento all'interno di uno strato limoso che creò un ambiente protettivo quasi impermeabile. I dipinti, oggi frammentari, un tempo decoravano gli ambienti di rappresentanza della parte residenziale della villa, come le sale destinate al banchetto ed al ricevimento degli ospiti. Dai confronti e dalle attinenze che si possono riscontrare con altre pitture provenienti dall’area centro italica (in particolare da Bolsena) e dall’ area lombarda (Brescia e Sirmione), o dal Magdalensberg (odierna Austria), è possibile inquadrare cronologicamente la realizzazione delle pitture della villa di Lio Piccolo fra I-II secolo d.C. Questa cronologia è confermata anche dalle datazioni al radiocarbonio effettuate su alcuni pali lignei di fondazione della villa e dai reperti ceramici rinvenuti.
Particolarmente significativo è un dipinto in quattro frammenti che raffigura un paesaggio lagunare su cui prospetta un edificio porticato che si specchia nell’acqua. Nell’edificio è possibile riconoscere una villa marittima, forse l’autorappresentazione stessa di quella di Lio Piccolo, mentre sullo sfondo si vedono cespugli ed una vegetazione lussureggiante che si staglia su un cielo azzurro solcato da una nuvola (in alto a destra).
Questo motivo era posto all’interno di una cornice nera circolare, a guisa di un raffinato quadretto che doveva essere inserito in posizione centrale (e auto-celebrativa) sulla parete di una delle stanze della villa, secondo una moda tipica del periodo.
3. La "filosofia" del decorare nel mondo romano
I proprietari delle dimore di età imperiale, ed i loro visitatori, erano avvolti da una grande quantità e varietà di immagini. La maggiore densità di decorazioni doveva trovarsi negli ambienti in cui si ricevevano gli ospiti ed in cui si soggiornava più a lungo, mentre le stanze della servitù, le cucine e gli ambienti di servizio in genere non erano decorati. E’ proprio l’importanza attribuita dai romani a queste decorazioni a fare in modo che le dimore private, sia di città che di campagna, assumessero un così grande credito nella vita sociale, divenendo un luogo di display del rango del proprietario. Gli apparati decorativi erano dunque intesi come palcoscenici personali, come luoghi per ricevere ospiti e per essere visti: è per questo che nelle decorazioni delle dimore romane, specie in quelle pompeiane dove è possibile seguire più facilmente l’evoluzione artistica, si avverte non solo raffinatezza e ricchezza, ma anche una costante inquietudine dovuta ai cambiamenti di stile.
Un genere pittorico particolare è quello che ritrae giardini dipinti e pitture di paesaggio, molto in voga nel corso del I secolo d.C. e presente anche in alcuni frammenti affrescati dalla villa di Lio Piccolo dove compaiono motivi naturalistici (fitomorfi e zoomorfi) testimoni dell’elevata qualità artistica delle maestranze.
Tra i soggetti zoomorfi segnaliamo le rappresentazioni di alcuni uccelli tipici del coevo paesaggio lagunare, come l’airone grigio, il colombo, rappresentato frontalmente con le ali spiegate, e l’uccellino giallo ritratto fra lunghe foglie verdi affusolate.
4. Uomo e natura nelle dimore romane
Le pitture a soggetto naturalistico riproducevano elementi tipici del paesaggio circostante oppure ritraevano un tipico giardino ornamentale, chiamato in latino viridarium. Questo era composto da piante e fiori spesso organizzati in aiuole delimitate da canalette o da steccati di canne o piccoli steccati e poteva essere più o meno riccamente monumentalizzato mediante arredi da giardino (come statue e fontane). Nelle domus e villae romane il viridarium era delimitato da corridoi porticati e rappresentava uno spazio particolarmente confortevole e centrale della vita domestica: per passeggiare, godere del fresco anche con amici ed ospiti. Molto noti e ben conservati sono i giardini delle case pompeiane e delle ville dell’area campana, come la villa di Oplontis, ma giardini ornamentali sono stati indagati archeologicamente in molte altre regioni dell’impero.
A Lio Piccolo fra i motivi ispirati al mondo vegetale compaiono foglie e fiori resi in modo più o meno stilizzato. Questo genere pittorico esprime la volontà del proprietario di mantenere un forte legame con la natura circostante anche all’interno delle mura domestiche ed appare ispirato alla natura che doveva circondare la villa stessa. Tra i motivi a soggetto vegetale (fitomorfi) troviamo foglioline dalla forma cordata o lanceolata raggruppate in mazzetti, oppure legate a sottili e sinuosi steli, abbelliti con delicati fiori stilizzati su sfondo bianco. Tra i fiori di campo, nonostante le forme stilizzate, è possibile riconosce la calla rosata, l’oleandro e il crisantemo campestre (Chrysanthemum segutum): in questi affreschi si nota tutta la maestria dell’artista che con pennellate fluide ma decise, e colori delicati, conferisce alla composizione grande respiro e luminosità.
5. L’ambiente lagunare ed il litorale altinate in età romana
Un passo degli Epigrammi del poeta latino Marziale (vissuto nel I secolo d.C.) descrive con queste parole il litorale altinate:
“Lidi di Altino dove le ville sono simili a quelle di Baia…/ voi sarete porto tranquillo della mia vecchiaia…” (Mart. 4, 25)
suggerendoci un paesaggio lagunare caratterizzato dalla presenza di ville simili a quelle che all’epoca si disponevano lungo il litorale di Baia (città nell’odierna regione Campania), note per la ricchezza decorativa e per l’elaborato design delle loro architetture.
La villa di Lio Piccolo rappresenta la conferma archeologica che il modello insediativo della villa caratterizzava anche il litorale altinate in epoca romana. Le fonti letterarie, assieme a numerosi reperti archeologici (come aghi e pesi da rete, ami ed anfore), ci testimoniano le risorse economiche tipiche di questa frangia lagunare: fra queste si evidenzia la pesca che doveva abbinarsi all’itticoltura (allevamento del pesce vivo) e all’estrazione del sale. È proprio in un contesto economico-paesaggistico di questo tipo che si deve collocare la villa romana di Lio Piccolo che possiamo definire come villa di tipo urbano-rustico che doveva coniugare aree produttive ed ambienti residenziali.
A questi ultimi doveva appartenere un motivo pittorico con cuori, che trova molte analogie in ambito italico e nelle province dell’impero.
I cuori, inseriti l’uno nell’altro, sono resi con fluide linee di colore giallo ocra ed inseriti all’interno di una fascia a fondo ocra più chiaro; un frammento di affresco mostra una contrapposizione di due cuori ad indicare un cambio di direzione del motivo decorativo e, quindi, una certa dinamicità della decorazione stessa usata, probabilmente, come interpannello o come cornice.
Motivi simili sono presenti nella villa di Sirmione (Lago di Garda) e nella già citata domus di Bolsena. L’uso di due tonalità, una più chiara ed una più scura, di uno stesso colore conferiva una certa eleganza all’ambiente sicuramente relativo alla parte privata o di rappresentanza della villa.
6. La tecnica dell'affresco
La maggior parte dei dipinti parietali di Lio Piccolo è stata eseguita con la tecnica dell’affresco, una tecnica pittorica antichissima realizzata dipingendo su intonaco fresco. Durante il processo di asciugatura dell’intonaco avvengono delle reazioni chimiche che portano ad inglobare il colore (pigmento) rendendolo resistente all’acqua e al passare del tempo. L’intonaco sul quale il pittore stendeva il colore si otteneva mescolando variamente calce, sabbia, polvere di marmo e acqua: Vitruvio famoso architetto romano, vissuto nel I secolo a.C. ed autore del trattato De architectura, ci ha lasciato le sue “ricette” per la preparazione di un ottimo intonaco. Queste prevedevano l’applicazione di sei strati alternati di intonaco di vario spessore e purezza per ottenere un risultato duraturo nel tempo. I pigmenti utilizzati per affrescare la villa di Lio Piccolo sono stati oggetto di analisi chimiche per stabilire l’esatta identificazione della materia prima, ad esempio rosso di ematite, ocra gialla, aragonite, blu egizio etc.
Nella villa di Lio Piccolo i frammenti dipinti i motivi a girali o a volute, su fondo rosso ematite risultano sono i più numerosi. Il motivo si compone di tre cerchi concentrici con diametro esterno rispettivamente di 3, 8 e 14 cm. Il bottone centrale è profilato con una linea giallina impreziosita da otto piccole perle dello stesso colore, rese con piccoli tocchi di pennello. In alcuni frammenti è ancora ben visibile l’avvallamento dovuto all’appoggio dell’asta del compasso usato per realizzare i tre cerchi concentrici. Nel punto di contatto fra due girali fuoriesce un fiore azzurro a tre petali, forse un giglio, o un tulipano. Questo schema decorativo era in genere posto nel registro superiore a chiusura dei pannelli che decoravano la parte mediana della parete, oppure sopra lo zoccolo nella parte inferiore della parete. Lo stesso motivo è presente nella “domus delle Pitture o “delle Sale Sotterranee” di Bolsena (vano 16B), datate al I-II secolo d.C.
7. Il triclinio: la sala da banchetto nel mondo romano
Fra i frammenti affrescati di Lio Piccolo compare anche un elegante e delicato motivo a girali speculari realizzati con sottili linee circolari di colore verde applicate sopra una base rosa molto chiara. L'interno delle spirali presenta una velatura azzurra. Pur in assenza di una planimetria completa, la diversità e quantità dei motivi decorativi portati alla luce ci testimonia che questi dovevano appartenere non solo a pareti diverse ma anche ad ambienti diversi, suggerendo quindi l’esistenza di una villa articolata, come del resto sappiamo da numerose rappresentazioni di ville marittime. Fra le varie stanze della villa, almeno una doveva essere la sala adibita al banchetto, chiamata in latino triclinium, un termine a sua volta derivato dall’antica parola greca τρικλίνιον, composto da τρι- «tre» e κλίνη «letto». Triclinio quindi era una sala così chiamata dai tre letti ivi presenti e disposti sui tre lati di una tavola e sui quali, a tre a tre, si disponevano i commensali. Questi sedevano sdraiati su dei cuscini attorno a un tavolo basso: di questa disposizione tipicamente romana della sala da pranzo abbiamo ricreato un esempio in questa sala espositiva.
Un triclinio molto famoso è quello della villa dei Misteri, una villa urbano – rustica fuori Pompei, il cui triclino era decorato con raffinate pitture che raffiguravano riti misterici.
Il banchetto era un rituale nella vita degli antichi romani benestanti e poteva durare dal primo pomeriggio fino a notte fonda; gli invitati prendevano posto intorno ad un tavolo, sistemati in modo tale da enfatizzare la loro importanza a seconda della vicinanza al padrone di casa.
Domus e villae potevano avere più sale adibite al banchetto, di varie dimensioni e disposte in punti diversi della dimora. I triclini potevano avere vista sul giardino privato o sul paesaggio naturale circostante, o affacciarsi sul mare, ed erano in genere elegantemente decorati con affreschi sulle pareti e pavimenti a mosaico.
8. Gli altri apparati decorativi della villa di Lio Piccolo: soffitti dipinti e pavimenti
Gli apparati decorativi restituiti dalla villa di Lio Piccolo non erano destinati solo ad abbellire le pareti delle varie sale: infatti alcuni frammenti dipinti sono attribuibili ai soffitti che dunque erano pure affrescati, come ci testimonia una serie di frammenti con motivo detto “a cassettoni”, costituito da una serie di poligoni modulari (ottagoni intercalati a quadrati posti obliquamente) riquadrati da linee rosse e posti su uno sfondo bianco. Si tratta di un motivo piuttosto diffuso che trova vari confronti: ad esempio nella Domus C1 scavata nel chiostro sud-occidentale di Santa Giulia a Brescia, dove i motivi geometrici sono arricchiti da motivi vegetali più o meno naturalistici, posti al loro interno.
Fra i reperti dalla villa abbiamo anche lastrine in marmo di forma geometrica (esagoni, quadrati, triangoli etc.), di vario colore a seconda del tipo di marmo impiegato. Le lastrine erano ritagliate da più grandi lastre ed erano utilizzate per creare pavimentazioni di pregio (pavimenti in opus sectile).
Fra i marmi impiegati nella villa di Lio Piccolo vi sono marmi di provenienza regionale, come il Grigio Carnio (dalla Carnia in Friuli Venezia Giulia), il Marmo di Carrara Venato (dalla Toscana) ed il Giallo Reale (dai Monti Lessini) ma anche di importazione come il Greco Scritto (dall’Asia Minore odierna Turchia), il Marmo Proconneso (dalla Turchia) e la Breccia di Sciro o dei Settebassi (dalla Grecia). Tra i reperti segnaliamo una fistula in piombo per l’adduzione di acqua al complesso.
Le indagini archeologiche a Lio Piccolo hanno riportato alla luce anche frammenti di pavimenti a mosaico realizzati con piccole tessere lapidee bianche e nere, o con tessere esagonali in cotto, pertinenti agli ambienti più signorili e di rappresentanza della villa. Atri frammenti pavimentali sono invece costituiti da cubetti in terracotta, ed erano probabilmente relative alla pavimentazione di aree aperte, o di ambienti di servizio della villa.
9. I materiali ceramici dallo scavo della villa e le sue fasi di vita
La villa di Lio Piccolo ha restituito oltre 400 reperti ceramici: si tratta soprattutto vasellame ceramico che, sebbene ci sia giunto frammentario, ci permette innanzitutto di individuare l’orizzonte cronologico di frequentazione della villa compreso tra la seconda metà del I secolo a.C. e il V secolo d.C. Tuttavia la presenza di un’olla biconica a bocca tonda ascrivibile al XII-XI secolo a.C. è indice di una frequentazione in un’epoca precedente al quella romana. I reperti nel loro insieme ci suggeriscono due principali fasi di utilizzo della villa e del territorio circostante: una compresa tra la metà del I secolo d.C. e l’inizio del II secolo d.C., ed una tardo-antica ascrivibile al IV-V secolo d.C. Alla fase di I-II d.C. corrisponde l’impianto della villa, con i suoi apparati decorativi ed uno stile di vita raffinato che si esprime anche nella scelta del vasellame. Si tratta di piatti e coppe rivestiti da uno strato di vernice rossa (questa ceramica è detta “sigillata”), spesso decorati con motivi applicati o ottenuti a matrice.
Questi oggetti erano prodotti in varie officine ceramiche del nord Italia e della Gallia (attuale Francia) e costituivano il tipico vasellame utilizzato per il banchetto nel triclinio, accompagnato da vasellame per bere in vetro, oppure da bicchieri e coppette in sottilissima ceramica detta “a pareti sottili” e da brocche e bottiglie pure in ceramica. Fra i reperti non mancano poi gli oggetti utilizzati abitualmente nella cucina come pentole, padelle ed olle in ceramica grossolana ed esternamente annerita dall’esposizione al fuoco. Spiccano le lucerne utilizzate per l’illuminazione ad olio. Un cambiamento di stile di vita significativo si riscontra fra IV e V secolo d.C.: questo è testimoniato da una prevalenza di anfore (non presenti in questa sala espositiva), specialmente di provenienza africana e, in misura minore, orientale. Questi dati, insieme al mancato rifacimento dei cicli pittorici secondo la moda ed il gusto tipici del vivere in villa nella tarda antichità, ed unitamente ai cambiamenti geomorfologici ed ambientali accertati per la laguna antica, ci portano ad ipotizzare un mutato scenario socio-economico. Forse i fruitori dell’area in questa fase erano maggiormente orientati al commercio e alla ridistribuzione delle merci d’importazione, piuttosto che alla produzione e sfruttamento delle risorse locali (pesce, sale, agricoltura, etc.).