CeSAV 
Centro Studi Archeologia Venezia

Il Centro Studi di Archeologia Venezia (CeSAV) è uno spazio aperto e multidisciplinare di dibattito sul ruolo dell’archeologia nella società contemporanea.

Ca’ Foscari è attiva in numerosi progetti di ricerca sul territorio italiano, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, in Africa e in Asia. Le indagini spaziano dalla preistoria al mondo coloniale e sub-contemporaneo e gli studiosi impiegano tecniche innovative e robusti metodi di indagine: remote sensing, archeologia subacquea, scavo archeologico, digitalizzazione, analisi dei reperti.

Centro Studi Archeologia Venezia

Il CeSAV è attivo dal 2019 presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari, per promuovere e incentivare le ricerche e gli studi di archeologia in tutti i suoi aspetti:

  • ricerca sul campo;
  • analisi dei materiali;
  • teoria e metodi della ricerca archeologica;
  • valorizzazione e tutela del patrimonio archeologico;
  • archeologia pubblica.

In questo vasto panorama di azioni, CeSAV favorisce la sinergia tra le attività di ricerca sul campo , il coordinamento di progetti di ricerca e attività di laboratorio, la divulgazione della ricerca cafoscarina di ambito archeologico.

Il centro sostiene inoltre attività di formazione avanzate in ambito archeologico, anche in collaborazione con altre strutture dell’Ateneo e con altri istituti di ricerca italiani e stranieri. Favorisce l'internazionalizzazione della ricerca e della didattica di ambito archeologico ed esegue attività di consulenza e di ricerca a favore di enti e istituzioni.

In tempi in cui rapidità e velocità costituiscono gli assi portanti della nostra comunicazione e la connessione del mondo in diretta una realtà (espressioni diventate quasi ‘luoghi comuni’ in ogni riflessione sul presente e a cui anche noi non sappiamo rinunciare), viene da chiedersi che senso abbia aprire l’ennesimo sito web di un’associazione (in questo caso il nostro Centro), se questo sito non può garantire, per una serie di motivi intrinseci, quell’immediatezza da ‘botta e risposta’ che ormai ci viene sempre più richiesta. Non solo, ma anche pensare, all’interno di questo sito, di dar vita ad un ulteriore spazio da dedicare alle informazioni e allo scambio di idee, da realizzare con le medesime procedure, potrebbe essere visto solo come un inutile ‘accanimento terapeutico’ o, nella migliore delle ipotesi, un nostalgico ‘ritorno al passato’.

È possibile che sia anche così. Tutte le discipline che, in maniera più o meno diretta, si riconoscono in uno spazio che definiamo umanistico stanno vivendo una crisi a cui è difficile sottrarsi e che sarà difficile risolvere; e non è certo con i ritorni al passato, più o meno verniciati di una patetica ‘modernità’, che si può sperare di superarla (la crisi) per proiettarle (le discipline) nel futuro, dai confini peraltro molto incerti. Ma non è, credo, neppure ad una semplicistica adesione alle ‘magnifiche sorti e progressive’ della nuova tecnologia e ai fuochi d’artificio della nuova comunicazione che si può affidare il futuro delle nostre discipline, archeologia compresa. Perché, così facendo, rischieremmo non solo di disperdere quel patrimonio di idee e conoscenze che la nostra cultura archeologica ha prodotto negli ultimi due secoli, ma anche di perdere il senso più stratificato e profondo che la cultura occidentale ha saputo formulare nel suo rapporto con il passato.

C’è comunque una terza opzione tra l’irrigidita difesa della tradizione e l’adesione completa ed irriflessa al ‘nuovo che avanza’ ed è rappresentata dalla capacità che le nostre discipline avranno di riformulare, anche spregiudicatamente, i propri confini teorici e metodologici: è infatti in questo luogo di rimeditazione epistemologica che stanno le risposte (e forse anche le parziali risoluzioni) della crisi in corso.

Così, forse, il recupero anche di spazi che sono appartenuti alla storia dei più attempati tra di noi, poi disperatamente declinati e definitivamente cancellati verso la fine del secolo scorso, se ripresi e rivitalizzati, possono essere utili, proprio perché funzionali alla costruzione di una nuova dimensione epistemologica ma anche etico-politica che l’archeologia, come disciplina, forse non ha mai avuto, se non in piccole e marginali frange (e che riscopre in questi ultimi tempi nella forma anglofizzata e asettica dell’”archeologia pubblica”). Mi riferisco al ruolo che hanno svolto, ad esempio, rubriche fisse in riviste scomode (come i ‘Documenti e Discussioni’ dei lontani “Dialoghi d’Archeologia”) oppure i numerosi spazi di dibattito (parola desueta) che, in spirito con i tempi, si organizzavano nella foga del cambiamento ma che comunque aprivano spiragli di criticità all’interno delle pieghe del ‘monolite’.

Tornare dunque a discutere, e farlo senza la pressante necessità della risposta ‘a caldo’, può tornare ad essere di una qualche utilità di questi tempi: per ripristinare un modo più meditato di interloquire, per recuperare l’utilità del ragionamento. Nel loro piccolo, dunque, anche momenti come quelli che vogliamo mettere a disposizione di tutti attraverso le pagine web del Centro vanno in questa direzione.

Nella suo elogio sulla rapidità, Calvino non nascondeva il valore dell’indugio e della digressione o divagazione (oltre a segnalare profeticamente, siamo nell’anno 1984, che “media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano e rischiano d’appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea”: I. Calvino, Lezioni americane. Sei proposte per il prossimo millennio, Milano, 1988, p. 45). Anche a me, dunque, pare interessante riprendere questi due sostantivi, indugio e digressione, per tentare di declinarli nello specifico che ci interessa: l’indugio come momento temporaneo di riflessione, la digressione come capacità di elaborare un pensiero più complesso ed articolato contro il rischi che una “crosta uniforme ed omogenea” ci sommerga.

Intervento del Direttore Prof. Sauro Gelichi

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Organigramma

Direttore

Consiglio direttivo

  • Francesca Bertoldi
  • Fiorenza Bortolami
  • Andrea Cipolato
  • Elisa Corrò
  • Elisa Costa
  • Vittoria Dall’Armellina
  • Michela De Bernardin
  • Alessandra Forti
  • Silvia Garavello
  • Katia Gavagnin
  • Francesco Guerra
  • Myriam Pilutti Namer