Biennale e Nitsch: nuove collaborazioni per mediatori culturali cafoscarini

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Camminare, domandare, dialogare, ascoltare: queste sono le parole chiave dei mediatori artistico-culturali, studenti e studentesse dell’Università Ca’ Foscari che raccontano l’arte contemporanea nelle più importanti istituzioni culturali veneziane. Il progetto, dal 2009 a oggi, ha coinvolto oltre 2000 studenti in oltre 40 esposizioni di alta qualità storico-artistica organizzate da importanti realtà museali veneziane e internazionali.

Sono sempre più numerose le istituzioni culturali che collaborano con il progetto cafoscarino. Al momento sono oltre 40 i mediatori impegnati in due eventi collaterali della Biennale: Claire Tabouret: I am spacious, singing flesh, presso Palazzo Cavanis, e Kehinde Wiley: An archaeology of Silence, presso la fondazione Giorgio Cini, nonché nella mostra dedicata all’artista performativo austriaco Hermann Nitsch, recentemente venuto a mancare.

Il progetto è il primo e unico in Italia gestito da un'Università. È diretto dal prof. Giuseppe Barbieri, coordinato dalla dott.ssa Angela Bianco e gestito dal Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali di Ca’ Foscari, che seleziona più volte l’anno nuovi mediatori.

In passato, studenti e studentesse appassionati di arte contemporanea, hanno affiancato i visitatori in Biennale, Palazzo Grassi, Fondazione Querini Stampalia, Musei Civici Veneziani, Casa dei Tre Oci,  Punta della Dogana, Palazzo Franchetti, Fondazione Venezia, Magazzini del Sale, Gallerie dell’Accademia, Fondaco dei Tedeschi, CSAR e spazi espositivi di Ca’ Foscari.

Né guardasala né guide, i mediatori culturali non decidono quali opere mostrare né dettano i tempi della visita, ma parlano con i visitatori, rispondono alle loro curiosità o domande e instaurano con loro un dialogo. Sono l’anello di congiunzione tra visitatori e opere e la loro attività deve essere rispondente alle esigenze di ogni tipo di pubblico, di diverse fasce di età e provenienze. In questo modo, permettono di scoprire che l’opera d’arte può essere interrogata e che, se interrogata, risponde. 

Giulia Brochiero, studentessa all’ultimo anno di magistrale di Economia e Gestione delle arti e delle attività culturali, è una mediatrice culturale che possiamo incontrare in questi giorni alla mostra di Nitsch, alla Giudecca. Ci racconta così la sua esperienza: “Per me è un’occasione estremamente formativa, che mi permette di imparare a comunicare anche tematiche difficili o delicate a  diversi tipi di pubblico. È anche un’occasione per conoscere da vicino le prestigiose realtà museali e culturali del territorio, entrare in contatto con loro e fare i primi passi nel mondo del lavoro. L’aspetto più motivante di questa esperienza è l’interscambio che c’è con i visitatori: le loro domande sono uno stimolo ulteriore per documentarsi e imparare qualcosa di nuovo”.

Come si diventa mediatori culturali?

“Bisogna essere appassionati di arte, molto motivati e avere delle buone capacità di comunicazione. Il nostro ruolo consiste nello stare all’interno degli spazi della mostra e, quando il visitatore ha domande o voglia di discutere dell’esposizione, inserirci nella loro visita per fornire informazioni e dialogare. Ci prepariamo a svolgere il nostro ruolo dopo aver studiato i materiali, esserci confrontati con i curatori e le curatrici delle mostre e dopo una formazione di base organizzata dall’Università. Impariamo che al visitatore bisogna andare incontro assecondando i suoi tempi di fruizione della mostra, senza dettarne i ritmi”.

 

Quale domanda ti viene posta più spesso dai visitatori?

Che cos’è questo? Che cosa rappresenta? Perché si parte dal presupposto che un quadro debba sempre essere qualcosa di identificabile, anche se spesso nell’arte contemporanea non è così. Altre volte mi vengono rivolte domande tecniche sul modo in cui la mostra è curata o che fanno riferimento ad altre esposizioni collegate, come nel caso degli eventi collaterali della Biennale. Collaborando alla mostra di Nitsch e mi trovo a confrontarmi con due tipi di pubblico completamente diversi: dal visitatore esperto che viene a omaggiare l’artista appena mancato, un pubblico soprattutto tedesco e austriaco, a chi invece non lo conosce e può restare anche molto disturbato dalla sua pittura d’impatto. Mi è capitato di rispondere alle domande di una famiglia con una bambina piccola: l’arte contemporanea, alle volte, può sconvolgere il visitatore, è importante quindi avere modo di porre domande e discuterne. Alle volte capita anche di incontrare collezionisti o personaggi di spicco del mondo dell’arte, per ogni tipo di pubblico si richiede un’interazione diversa, che va modulata”.

 

Qual è il vantaggio per il visitatore?

“Penso che sia un’esperienza arricchente. Viene meno un rapporto gerarchico e anche chi visita una mostra senza particolari conoscenze pregresse può instaurare con il mediatore un dialogo fruttuoso e, al contempo, stimolare la nostra attenzione su aspetti che non avevamo notato. Questo scambio interpersonale e reciproco ci aiuta a capire come l’arte può toccare le nostre corde in modo diverso”.

Federica Biscardi