COP26: i risultati principali della Conferenza sul clima di Glasgow

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Dopo due anni dall’ultimo appuntamento a Madrid, la tanto attesa COP26 – la ventiseiesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite - si è tenuta a Glasgow, dove negoziatori ed osservatori si sono riuniti per due settimane. 

Alla COP26 sono stati fatti importanti progressi su una serie di temi, anche se non ancora abbastanza per sconfiggere la crisi climatica.

Prima di dare un giudizio sulla COP26 occorre fare una premessa: queste conferenze annuali sul clima hanno degli obiettivi specifici, spesso molto tecnici, derivanti da percorsi o accordi negoziali adottati in precedenza in ambito UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change). Quest’anno, ad esempio, l’obiettivo tecnico principale era l’approvazione delle regole per far funzionare i meccanismi cooperativi sanciti dall’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi. Oltre a questo, la COP da molti anni rappresenta anche l’occasione per portare l’attenzione mondiale sul tema dei cambiamenti climatici e spingere per azioni più ambiziose. Le aspettative e le pressioni da parte della società civile, della scienza, degli altri governi portano spesso paesi ed aziende ad annunciare nuovi impegni e nuove partnership nel periodo della COP. Quello che succede intorno ai negoziati è quindi molto importante. Ancor di più lo è però quello che finisce nei documenti che hanno maggiore forza vincolante, e che in questo momento sono l’Accordo di Parigi e suoi Contributi determinati a livello nazionale (NDC), ovvero i piani di azione nazionali.

Per questo motivo uno dei grandi risultati della COP26 è il fatto che 151 paesi abbiano presentato NDC nuovi o aggiornati. Tra questi troviamo, ad esempio, l’Unione Europea, che ha incluso nel suo piano l’obiettivo recentemente adottato di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 (rispetto ai livelli del 1990) ma anche gli Stati Uniti e la Cina che hanno aggiornato i propri obiettivi. 

Secondo l’Emissions Gap Report dell’UNEP, i contributi attuali porteranno a un aumento della temperatura pari a 2,7° C entro la fine del secolo. Siamo ancora lontani dall’obiettivo di tenere l’aumento sotto 1,5° C ma possiamo comunque considerarlo un passo avanti rispetto alla traiettoria di 4° C in cui ci trovavamo prima dell'Accordo di Parigi. Considerando gli impegni volti a raggiungere emissioni nette pari a zero entro metà secolo, e gli annunci fatti alla COP26, l'aumento della temperatura potrebbe fermarsi a 1,8°C.

Riconoscendo l'urgenza della sfida, nel Glasgow Climate Pact i paesi hanno concordato di rivedere, entro il prossimo anno, i propri obiettivi di mitigazione per il 2030, in modo che siano in linea con il limite di 1,5° C. Questo non era previsto, visto che i prossimi NDC vanno presentati nel 2025, ed è quindi una decisione importante

Inoltre, il patto chiede ai governi di considerare ulteriori azioni per ridurre i gas ad effetto serra diversi dalla CO2, come il metano, entro il 2030 e sottolinea la necessità di diminuire l’utilizzo del carbone “unabated” (cioè le cui emissioni non sono compensate da tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio) ed eliminare gradualmente i sussidi “inefficienti” ai combustibili fossili.

Sebbene il linguaggio poteva essere più incisivo, è la prima volta che tali questioni raggiungono una chiara condanna in un testo negoziale. 

Un aspetto sempre molto controverso è quello che riguarda i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo. Si è già detto molto sul fatto che l’obiettivo, da parte dei paesi più industrializzati, di mobilizzare 100 miliardi annui entro il 2020 non è stato ancora raggiunto. A questo proposito, la COP26 ha ribadito l’urgenza di raddoppiare i finanziamenti per l’adattamento nei paesi vulnerabili entro il 2025 e di avviare un processo per sviluppare un nuovo e più ampio obiettivo di finanziamento da far entrare in vigore dopo il 2025. 

Per quel che riguarda i meccanismi di cooperazione, a Glasgow si è raggiunto un accordo, chiudendo più di cinque anni di negoziati sull’articolo 6 dell’Accordo di Parigi. I documenti approvati includono le regole per lo scambio delle emissioni, per la creazione di un nuovo meccanismo di mercato, chiamato meccanismo per lo sviluppo sostenibile, e per altre forme di cooperazione. Regole efficaci su trasparenza, ambizione e contabilità consentiranno a questi meccanismi di sbloccare ulteriore potenziale di mitigazione e incentivare gli investimenti privati.

Il pacchetto approvato affronta le preoccupazioni riguardo la salvaguardia dell’integrità ambientale degli obiettivi di Parigi e pone regole per evitare il doppio conteggio delle unità di riduzione delle emissioni.

L'aspetto più insoddisfacente è la possibilità di utilizzare i crediti generati tra il 2013 ed il 2020 nell'ambito del Clean Development Mechanism, creato nell’ambito del Protocollo di Kyoto. Questi crediti rappresentano riduzioni delle emissioni che sono già state ottenute e non sono quindi aggiuntive. Sarà tuttavia possibile identificarli chiaramente e potranno essere utilizzati solo per il raggiungimento del primo NDC. In generale, la reale efficacia di queste regole dipenderà da come paesi ed aziende decideranno di utilizzarle e se decideranno di sfruttare o meno potenziali falle e vecchi crediti a basso costo. 

Un’altra importante questione che la COP26 è riuscita a portare al centro del dibattito riguarda il cosiddetto “Loss & Damage”, cioè le perdite e i danni inevitabili e permanenti come, ad esempio, la scomparsa delle isole a causa dell’innalzamento del mare o il prosciugamento delle risorse idriche. Alcuni tra i paesi più vulnerabili hanno chiesto alla COP26 di creare un nuovo strumento finanziario dedicato al Loss & Damage, che ha visto però l’opposizione delle nazioni più sviluppate, forti anche del fatto che l’Accordo di Parigi esclude la possibilità di associare finanziamenti e responsabilità alla questione.

Si è, però, concordato di lanciare un nuovo dialogo per la discussione di possibili disposizioni per il finanziamento del Loss & Damage. Questo è un punto di partenza cruciale per lo sviluppo, in futuro, di soluzioni concrete sui finanziamenti. A supportare la questione hanno contribuito le iniziative di Scozia e Vallonia (Belgio), che hanno già stanziato fondi — 2 milioni di sterline e 1 milione di euro rispettivamente, per il Loss & Damage, aprendo di fatto la strada a iniziative simili. È probabile, dunque, che il Loss & Damage sarà uno dei temi principali della prossima COP27.

Molte altre cose sono successe alla COP26, come gli impegni per fermare la deforestazione, l’approvazione di un processo per la valutazione dei progressi verso gli obiettivi di adattamento, le regole sulla trasparenza e sulle tempistiche comuni, il lancio di numerose partnership, come quella tra Stati Uniti e Cina o quella sullo stop al finanziamento pubblico internazionale ai combustibili fossili, a cui ha dato supporto anche l’Italia.

Dopo un anno senza COP e quasi due in cui il COVID19 ha catturato gran parte dell’attenzione, è stato importante riprendere in mano il filo del discorso sulla lotta ai cambiamenti climatici. E’ un percorso fatto di più tappe e Glasgow ha posto delle buone basi su cui continuare l’anno prossimo. Nel frattempo, toccherà ai governi concretizzare gli impegni presi e trasformare le promesse in azioni politiche. 


Marinella Davide è assegnataria di una borsa di ricerca Marie Sklodowska-Curie presso l’università Ca’ Foscari di Venezia. Al momento si trova presso l’Università di Harvard dove sta svolgendo i primi due anni del suo progetto di ricerca Marie Sklodowska-Curie. Si occupa dell’analisi di politiche nazionali e internazionali su clima ed energia, ed ha esperienza in particolare nel campo delle politiche climatiche europee e dei negoziati UNFCCC. Il suo progetto ACTION - Assessing Climate TransItion OptioNs: policy vs impacts - mira a sviluppare un approccio quantitativo per valutare empiricamente le politiche climatiche nazionali così da contribuire ad accrescere la loro trasparenza e comparabilità oltre che comprenderne le implicazioni in termini di equità.

Marinella Davide