Venezia sarà la prossima sede del convegno internazionale dal titolo “The Paradigmatic City (III): Customs and Costumes”, sul rapporto tra città, costumi e cultura; dal 30 novembre al 2 dicembre, tra Ca’ Dolfin e la sede centrale di Ateneo, Ca’ Foscari ospiterà un ciclo di conferenze durante le quali numerose personalità accademiche analizzeranno i molteplici aspetti del macrotema “Città Paradigmatica”, proponendo analisi sia socio-storiche, sia di stampo letterario.
«Nel 2014 il Centro di Studi sull’Identità Culturale, affiliato all’Università di Bucarest, ha dato il via ad un nuovo progetto, coinvolgendo sia importanti Università europee, sia alcuni atenei dell’Est Europa - ci ha spiegato il professor Flavio Gregori, prorettore alle Attività e rapporti culturali di Ateneo, nonché co-organizzatore del convegno, insieme alla prof.ssa Mihaela Irimia; - questi ultimi sono forse meno visibili a livello internazionale per ragioni storiche ed economiche, ma vantano una grande esperienza e competenza riguardo ai rapporti tra società profondamente diverse e agli incroci tra culture».
Il gruppo di lavoro e ricerca formatosi grazie alla collaborazione tra vari Atenei ha scelto, nel 2014, il tema delle città come “modelli di rappresentazione, divisione, modellizzazione di comportamenti e prospettive politiche”. Il termine “Città Paradigmatica” rappresenta la chiave di tutto il progetto, che è stato inaugurato nel 2015, quando si è svolto a Lisbona il primo convegno dal titolo “The Paradigmatic City: Origins, Avatars, Frontiers”.
Riflettendo sul tema e sul suo significato, lo studio si è in seguito focalizzato sulle città capitali, “come portatrici per eccellenza della definizione di città paradigmatiche, rappresentative di un’intera nazione e di tutta una serie di sensibilità culturali”, e sviluppando di conseguenza una riflessione sul significato stesso di capitale. Nel 2016, Budapest ha ospitato il secondo convegno dal titolo “The Paradigmatic City (II): Capitals and their Successors”.
Il convegno sarà aperto da una lecture del professor Joep Leerssen, massimo esperto di imagologia,una disciplina recente che si occupa di analizzare le forme di rappresentazione tipiche di vari aspetti culturali, di studiare come i principi di carattere morale, sociale e storico si trasformino in immagini, e come queste immagini si depositino, diventando statiche. La città di Venezia sarà esplorata durante un'intera sessione del convegno, dedicata alle varie rappresentazioni della città e dei suoi costumi.
«Quest’anno il focus si sposterà sui costumi, intesi sia in senso pratico e materiale, sia come Customs, ovvero tradizioni morali, culturali, e religiose – continua il prof. Gregori -. Di conseguenza i temi trattati saranno molteplici, dal rapporto tra moda e cultura, all’uso dei costumi come espressione di moralità e classe sociale, dal loro impatto nel teatro e nella letteratura, a questioni di identità culturale e sociale.
Venezia ben si presta ad uno studio della visibilità esterna e dei costumi sociali: dal carnevale, che rovescia in modo giocoso e satirico le convenzioni tradizionali, alle parate e le regate, l’uso di costumi fisici ha spesso rappresentato un costrutto sociale, culturale e politico.
Il cappello del Doge, ad esempio, rivela uno studio attentissimo sulla rappresentazione simbolica dell’autorità, poiché riprende tutti gli aspetti di una tradizione nobiliare senza manifestarlo visivamente, senza trasformarsi in una corona.
L’argomento del convegno si presta anche a riflessioni di attualità: il tema del multiculturalismo, in fondo, affronta proprio questa nuova fusione di culture, immagini e temi, e può essere analizzato come una ridefinizione del concetto stesso di città; da sempre le metropoli sono state luogo di incontro di diverse identità, richiamate dalle opportunità e dalla maggiore ricchezza che spesso offrono. Eppure non si deve pensare che questi cambiamenti producano soltanto un’accozzaglia, potenzialmente esplosiva, di culture e tradizioni diverse: il processo può essere lento e ricco di tensioni, ma il risultato è spesso la nascita di una nuova entità più ricca e produttiva, proprio grazie a questa capacità di continua modificazione ed innovazione.
Attualmente Venezia, proprio a causa del suo essere un simbolo conosciuto in tutto il mondo, corre un grande rischio: quello di cristallizzarsi, di rimanere un guscio vuoto, condizionato dalla superficialità di chi la attraversa e dalla semplice nostalgia locale di un passato glorioso; un passato che nell’immaginario collettivo rischia di corrompersi, idealizzando Venezia come una potenza dominante e monolitica. Ma la forza della città è stata proprio la capacità di riunire comunità diverse, come simboleggiano, per esempio, il Fondaco dei Tedeschi e il Fondaco dei Turchi, il Ghetto Ebraico, le tracce della comunità greca.
Seminari come questo, che riflettono sul carattere paradigmatico di Venezia e altre città europee, possono far sì che un tale passato di incontri e scambi culturali, che hanno prodotto ricchezza e potenza, non venga dimenticato, ed anzi rifiorisca, insieme alle città».
A cura di Teresa Trallori