Alessia Iurato, dottoranda del programma di studi sull’Asia e sull’Africa di Ca’ Foscari, è stata selezionata dal comitato dell’Hawai’i International Conference on Chinese Studies (HICCS) come vincitrice dell’HICCS Graduate Student Award 2022 per il suo paper di linguistica, in una procedura blind-review. A gennaio presenterà il suo lavoro accanto ad alcuni dei maggiori specialisti degli studi sulla Cina provienienti da tutto il mondo presso l’Università delle Hawai’i, Mānoa (USA). A causa della situazione pandemica questo, come molti altri convegni e conferenze in tutto il mondo, si svolgerà online.
L’abbiamo intervistata per conoscere da vicino la ricerca che le è valsa questo importante riconoscimento, ma anche per soffermarci sulla situazione di dottorandi e ricercatori a quasi due anni dallo scoppio della pandemia.
Ci racconti il tuo percorso accademico?
“Ho un percorso tutto cafoscarino e ho studiato cinese: in triennale, con uno scambio overseas in Manciuria, e in magistrale, scegliendo il percorso umanistico e il Double Degree di Ca’ Foscari con l’Università Capital Normal di Pechino, che ha un focus sull’insegnamento della lingua cinese ai parlanti di altre lingue (Teaching Chinese to Speakers of Other Languages). Nel 2019 ho iniziato il dottorato a Ca’ Foscari in linguistica e nel 2020 ho avviato una cotutela con l’Università di Brema, un programma che consiste nella possibilità di ottenere un doppio titolo di dottorato, nel mio caso italiano e tedesco; Ca’ Foscari è uno dei migliori atenei per questo tipo di accordi, che infatti qui da noi sono molto frequenti. Adesso vivo in Germania da più di un anno.”
Il titolo del paper premiato è “Linking learner corpus and experimental data in studying the acquisition of the Chinese 是 shì... 的 de construction by L1 Italian learners: A triangulated approach” e si concentra sulla tematica del suo dottorato: l’acquisizione di un particolare costrutto sintattico della lingua cinese (shì...de) da parte degli apprendenti italofoni attraverso una metodologia innovativa.
In cosa consiste la tua ricerca e quali sono i suoi aspetti innovativi?
“I miei ambiti di ricerca sono la linguistica acquisizionale e la linguistica dei corpora degli apprendenti. Mi focalizzo in particolare sull’acquisizione da parte di apprendenti italofoni della costruzione sintattica “是shì…的de” presente nel cinese mandarino, che viene utilizzata per creare frasi genericamente definite enfatiche. Mi ero già occupata di questo tema nella mia tesi magistrale, ma per il dottorato ho deciso di ampliare le mie ricerche, approfondendo una sola tipologia di costruzione shì...de tra le varie esistenti. Lo studio si basa sui principi del Learner Corpus Research, un settore di ricerca che prevede una rigorosa metodologia utilizzata prevalentemente in studi relativi all’acquisizione delle lingue europee. Non essendo ancora stati sviluppati degli studi acquisizionali sul cinese che adottassero questo approccio, ho deciso di introdurlo nella mia ricerca. A differenza della maggior parte degli studi realizzati in questo framework metodologico, nella mia ricerca non utilizzo dei corpora esistenti per l’analisi dei dati (non esistendo dei corpora digitalizzati specifici che raccolgano dati di apprendenti italofoni di cinese), ma ho creato un corpus ad hoc per studiare l’apprendimento del mandarino da parte dei parlanti italofoni. Una volta compilato, il corpus è stato annotato manualmente, e sono state inserite annotazioni sul piano pragmatico e dell’errore. Inoltre, ho raccolto dati orali, e non soltanto scritti e mi sono occupata dell’acquisizione di una costruzione sintattica, e non di aspetti lessicali. Queste caratteristiche definiscono l’innovazione promossa dalla ricerca, ma richiedono tempi di lavoro più dilatati e fasi di lavoro più complesse, dovendo definire delle procedure precedentemente non sperimentate negli studi acquisizionali che adottano questo impianto metodologico.
Come sono stati raccolti i dati?
“Per la compilazione del corpus degli apprendenti ho raccolto dati di 103 studenti di Ca’ Foscari iscritti ai corsi di laurea triennale e magistrale di lingua cinese attraverso degli esercizi linguistici scritti e orali. Sono state svolte delle interviste per la raccolta dei dati orali e sono stati creati degli esercizi di produzione non guidata per la raccolta dei dati scritti del corpus. Al contempo, ho compilato un corpus di controllo, facendo svolgere i medesimi esercizi a 30 parlanti madrelingua cinese (tra cui anche docenti e dottorandi di Ca’ Foscari). Ho utilizzato inoltre un approccio triangolato per la raccolta di ulteriori dati sperimentali tramite esercizi più guidati e mirati; tale approccio si pone l’obiettivo di analizzare l’acquisizione linguistica da diverse prospettive”.
Che risultati evidenziano i dati raccolti sin qui?
“Dai primi risultati emerge che gli apprendenti usano la costruzione con un tasso di frequenza e un tasso di appropriatezza d’uso inferiori rispetto a quelli dei madrelingua. Questo è causato da interferenze linguistiche con la lingua madre (interlinguistiche), ma anche dalla sovrapposizione all’uso di “shì...de” di altri elementi linguistici del cinese (interferenze intralinguistiche), che non possono essere impiegati negli stessi contesti. Inoltre, le analisi dimostrano che gli apprendenti non hanno familiarità con le funzioni pragmatiche di enfasi e contrasto correttivo della costruzione. Questa struttura risulta complessa da acquisire per un apprendente italofono, poiché presenta proprietà morfosintattiche, semantiche e pragmatiche differenti rispetto alle costruzioni enfatiche, non del tutto equivalenti, presenti in italiano. L’apprendente quindi tende a ricalcare le caratteristiche della L1 (in questo caso l’italiano) sulla L2 (il cinese, in questo caso).”
Come pensi che queste lacune possano essere contrastate nei processi di apprendimento?
“Potrebbe essere utile orientare la didattica a delle analisi contrastive tra la L1 e la L2, sottolineando le differenze e i contesti d’uso delle costruzioni enfatiche nelle due lingue per facilitare l’apprendimento della costruzione shì...de da parte degli apprendenti italofoni. Il confronto tra la lingua di apprendimento e quella madre e l’attenzione al contesto sono fondamentali. Ovviamente in un corso universitario, in cui si devono affrontare tantissimi argomenti in poco tempo, sarebbe impensabile soffermarsi su tutti questi aspetti relativi all’uso, che vanno consolidati con l’esercizio e la pratica. Mi è capitato di curare delle lezioni e dei tutorati di approfondimento sull’uso di questa struttura, ma bisognerebbe farlo anche per tante altre. La finalità di questi studi è proprio capire quali lacune interessano i processi di apprendimento per riuscire a intervenire su queste difficoltà in futuro.”
Che impatto ha avuto la pandemia sulla tua ricerca e che impatto pensi stia avendo, in generale, sulla vita di dottorandi e dottorande, ricercatori e ricercatrici?
“Noi dottorandi del XXXV ciclo siamo stati particolarmente colpiti dalla pandemia: dopo appena 4 mesi dall’inizio del nostro dottorato si è fermato tutto e adesso ci troviamo già al terzo anno, cioè quasi alla fine del percorso. Di certo vivere la ricerca in questa condizione non è stimolante e soprattutto il primo anno è stato difficile: ti sembra che quello che stai facendo non abbia senso. Gli anni del dottorato dovrebbero essere anche utili per costruirsi una rete di contatti, cercare uno scambio e un confronto sui propri temi di ricerca; questa dimensione di interazione è mancata del tutto e senza si fa più fatica a restare motivati. Per fortuna, grazie all’online, abbiamo potuto comunque prendere parte a diversi eventi: ho cercato di tenermi attiva partecipando a conferenze, convegni e summerschool internazionali. Purtroppo, anche il convegno delle Hawaii sarà online. Per quanto riguarda la mia ricerca, io sono stata abbastanza fortunata, sia perchè la mia attività non è stata stravolta dalle restrizioni dovute alla pandemia, sia perché sono comunque riuscita a partire per la Germania, anche se in un periodo in cui era tutto chiuso, sia gli uffici dei dottorandi che la biblioteca. Dopo un anno, a settembre del 2021, sono finalmente riuscita a vedere il mio supervisor di persona, questo mi ha fatto sentire più motivata. Da un lato, ci stiamo abituando a vivere così e ad adattare il lavoro alle circostanze, e l’online permette di sopperire almeno parzialmente alla situazione, dall’altro, per chi come me studia cinese, è quasi scontato che per ancora diverso tempo non sarà possibile svolgere periodi all’estero in Cina e questo è un peccato per gli studenti, gli scambi all’estero sono stati esperienze fondamentali durante il mio percorso.”