Online il primo 'dizionario' digitale delle lingue dell'Italia antica

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foied vino (pi)pafo cra carefo 'oggi berrò vino, domani starò senza', kylix a figure rosse, Falerii Veteres, Necropoli della Penna, tomba 4 (CXXVIII), inv. 1674. Gruppo Foied, 350 a.C., Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma, licenza CC-BY3.0

Il progetto Lingue e culture dell'Italia antica: linguistica storica e modelli digitali - PRIN 2017, iniziato nel 2020 dopo una rigorosa procedura di valutazione e ufficialmente concluso a luglio 2024, rappresenta un passo significativo per la ricerca nell’ambito della linguistica storica in Italia. Coordinato dalla professoressa Anna Marinetti dell'Università Ca' Foscari Venezia, in collaborazione con l’Università degli Studi di Firenze e l'Istituto di Linguistica Computazionale “A. Zampolli” del CNR di Pisa, il progetto ha coinvolto numerosi ricercatori e ricercatrici, tra cui Patrizia Solinas, Federico Boschetti e Luca Rigobianco, docente di Linguistica di Ca’ Foscari, uno dei massimi conoscitori della lingua falisca, scritta nel Lazio, tra la riva destra del Tevere e i monti Cimini e Sabatini, in un arco temporale che va dal VII al II sec a.C..

L'obiettivo principale del progetto è stato indagare le culture e le lingue dell'Italia antica integrando i metodi della linguistica storica con l'allestimento di tecnologie digitali per creare un archivio online con un thesaurus elettronico e colmando una lacuna nel panorama della ricerca sull’Italia ante romanizzazione diffusa. "Prima di questo progetto, le lingue dell’Italia antica erano state ‘trascurate’ digitalmente" spiega Luca Rigobianco. "Per la prima volta, abbiamo creato una piattaforma che permette l'accesso a corpora digitalizzati secondo standard internazionali. Questa piattaforma include informazioni contestuali, linguistiche e un vocabolario di riferimento."

La piattaforma permette l'accesso a una vasta gamma di materiali e utilizzando uno schema di codifica basato su standard come TEI-EpiDoc, i ricercatori e le ricercatrici possono analizzare e confrontare i testi in modo efficace e accurato.

"Abbiamo adattato gli standard internazionali per codificare le diverse lingue in modo appropriato" continua Rigobianco. "Questo ci ha permesso di rendere i dati interoperabili, consentendo agli studiosi di utilizzare le nostre schede anche su altre piattaforme e viceversa."

Foied vino pipafo cra carefo

“Il corpus di iscrizioni delle quattro lingue dell'Italia antica di cui ci siamo occupati, osco, falisco, venetico e celtico d'Italia, - racconta Rigobianco- comprende perlopiù iscrizioni votive, funerarie, di possesso, pubbliche, firme d'artefice, bolli. Non mancano tuttavia testi per così dire più curiosi. È il caso, per l'appunto, dell'iscrizione falisca foied vino (pi)pafo cra carefo, dipinta su due kylikes, coppe da vino in ceramica, del IV secolo a.C. (in una con la forma pipafo, nell'altra, probabilmente per errore dello scriba, pafo), che si può tradurre all'incirca come: oggi berrò vino, domani starò senza. Il testo è stato comunemente inteso quale ‘carpe diem’ ante litteram, ossia quale invito a bere senza preoccuparsi del domani. Tuttavia, come ho proposto in una articolo pubblicato nel 2017, il testo può essere interpretato piuttosto quale invito scherzoso a bere vino ogni giorno. Per chiunque legga e interpreti il testo è sempre oggi (foied), tempo di bere, e l’astinenza è rimandata a un domani (cra) che di fatto non diventa mai oggi, in accordo a un meccanismo comune a numerosi testi scritti di natura scherzosa. Recentemente è stata rinvenuta una kylix analoga alle due in questione che riporta lo stesso testo, però in latino anziché in falisco.” 

Come funziona la piattaforma

Il lavoro che sta alla base della piattaforma prevede anzitutto la codifica delle iscrizioni secondo lo standard TEI-EpiDoc, opportunamente adattato alle specificità delle lingue di attestazione frammentaria dell'Italia antica. 

Frammento della codifica relativa al testo dell'iscrizione falisca

Il lessico viene codificato secondo un altro standard, chiamato OntoLex Lemon, anch’esso adattato alle specificità delle lingue in questione, operando su una piattaforma creata ad hoc. Di seguito è visibile come è stata implementata la forma dell’iscrizione raccontata in precedenza: pipafo, ossia berrò.

struttura lessicale di pipafo

“Come si può vedere - commenta Rigobianco - sono codificati la parte del discorso cui la forma pertiene (in questo caso 'verbo'), le informazioni morfosintattiche (nell’esempio: modo, tempo, persona, numero), il significato e l'etimologia. La piattaforma permette quindi di collegare le forme lessicali codificate con le iscrizioni in cui compaiono, come si può vedere nell’immagine a seguire:”

Schermata della piattaforma realizzata per il progetto in cui si vede come i termini dell'iscrizione si collegano agli approfondimenti lessicali

Le maledizioni osche

In piattaforma si trovano anche delle tabellae defixionum osche, ovverosia lamine di piombo con iscrizioni di maledizione, che venivano usualmente manipolate - ad esempio arrotolate - e deposte - ad esempio in aree necropolari -, secondo una pratica diffusa anche in altri ambiti del Mediterraneo antico. Tra queste vi è una defixio, proveniente dalla Campania e databile al I secolo a.C., in cui si riporta il nome di cinque individui, a cui segue il testo pus olu solu fancua recta sint pus flatu sicu olu sit, ossia che le lingue di tutti loro siano rigide, che il loro fiato (respiro) sia secco.

Impatto e futuro della ricerca

Il progetto non solo facilita la ricerca accademica, ma promuove anche la conservazione e la valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale dell’Italia antica. “Il connubio tra linguistica storica e tecnologie digitali, per il quale all’inizio dei miei studi umanistici ero io stesso scettico, lo trovo oggi essenziale. Grazie a piattaforme come quella che abbiamo sviluppato si migliora la possibilità di fruizione per studiosi e studiose: si può consultare questo patrimonio di conoscenze in modo immediato, ma avendo una visione completa. La piattaforma restituisce anche tutta le ‘complicazioni’ che emergono dagli studi, mostra che sono state operate delle scelte da chi ha studiato l’iscrizione, e che spesso i dati non sono accertati. Seppur nella velocità della consultazione, le complessità interpretative risultano evidenti”. 

Venerdì 20 settembre 2024 a palazzo Malcanton Marcorà, durante il workshop conclusivo del progetto PRIN, verrà presentato il lavoro svolto in questi anni per strutturare la piattaforma. Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito ufficiale del progetto PRIN o navigare direttamente all’interno della piattaforma.

 

 

Sara Moscatelli