Gina Apostol, la scrittrice filippino-americana ospite di Multinovel

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photo Margarita Corporan

Prosegue venerdì 16 aprile alle ore 17 con Gina Apostol, scrittrice filippino-americana, “MULTINOVEL, Dialogues on the multilingual novel with contemporary authors”, il nuovo ciclo di incontri ideato dall’Università Ca’ Foscari con autori contemporanei sul tema del multilinguismo nel romanzo contemporaneo. 

Il secondo incontro della serie, in collaborazione con Incroci di civiltà, vedrà protagonista Gina Apostol, scrittrice pluripremiata filippino-americana non ancora tradotta in Italia e autrice di Insurrecto che è stato definito dal Publishers' Weekly uno dei Ten Best Books del 2018.

Gina Apostol dialogherà (in inglese) online con Alessandro Raveggi sulle tematiche care al ciclo Multinovel, cioè l’uso di più lingue nella narrazione letteraria, la relazione tra traduzione e scrittura, il ruolo dei traduttori nel contesto coloniale e postcoloniale.

Gina Apostol ha portato nei suoi romanzi con novità anche la riflessione sui temi del post- colonialismo trattandolo con grande ironia e senso parodico. Ha inoltre uno stretto legame con Venezia e con l’Italia, spesso i suoi personaggi sono legati al nostro paese.     

Il ciclo di incontri è curato da Alessandro Raveggi, assegnista di ricerca del Dipartimento di Studi Linguistici Culturali e Comparati e autore di romanzi e saggi letterari, e si inserisce all'interno del progetto di sviluppo del Dipartimento di eccellenza sui temi della diversità linguistica e culturale, del multilinguismo e del multiculturalismo per il benessere delle persone e delle comunità. 

Per partecipare, ci si dovrà registrare a questo indirizzo

I prossimi incontri di “Multinovel” saranno annunciati a breve. 

GINA APOSTOL cresciuta nelle Filippine, vive a New York, dove scrive romanzi su rivoluzione e linguaggio, potere e traduzione, racconto e storia. I suoi lavori più recenti si sono concentrati sulla guerra filippino-americana e sugli atti di narrazione come forme di invenzione e liberazione. Il suo quarto romanzo, Insurrecto è stato considerato da Publishers' Weekly tra Ten Best Books del 2018. Il suo terzo libro, Gun Dealers' Daughter, ha vinto nel 2013 il PEN/Open Book Award. I suoi primi due romanzi, Bibliolepsy eThe Revolution According to Raymundo Mata, hanno vinto entrami il Juan Laya Prize for the Novel (Philippine National Book Award). I suoi saggi e i suoi racconti sono apparsi sul The New York Times, Los Angeles Review of Books, Foreign Policy, Gettysburg Review, Massachusetts Review, e altri.

Riportiamo qui l'intervista che Alessandro Raveggi ha fatto per noi a Gina Apostol in anteprima.

Dal tuo punto di vista, fino a che punto la letteratura e i suoi autori del passato sono rilevanti per descrivere la storia delle Filippine?

In uno dei miei romanzi, La rivoluzione secondo Raymundo Mata, ipotizzo che le Filippine siano state prodotte da un romanzo, Noli Me Tangere di Rizal: siamo un emblema della modernità (o forse della postmodernità) in quanto possiamo rintracciare la nostra creazione della nazione da questo testo anticoloniale, scritto nella lingua del colonizzatore - il primo romanzo di questo eroe oftalmologo, per il quale fu ucciso dagli Spagnoli - e la sua morte accese la rivoluzione.

Il romanzo di Rizal ha così definito il significato di un’intera nazione?

Sì, è strano, il grande romanzo filippino, il Noli, era già stato scritto mentre la nazione era nata, quindi per molti scrittori, Rizal è questa sorta di albatro, che ci condanna alla creazione di una nazione quando stiamo solo facendo arte .. A causa di questa storia, il romanzo ha un peso politico nelle Filippine: tutti i romanzieri stanno all'ombra di Rizal. Questo è sia un problema che un'opportunità, e quindi sì: il nostro passato con Rizal ha reso la letteratura e gli autori nazionali figure chiave di un senso della Storia. Per molti artisti, in realtà, è una croce fastidiosa da portare.

Qual è il valore del multilinguismo - che usi sempre nei tuoi romanzi - per questa idea di identità?

Un modo per parlare di questo valore è che i filippini esistono in fondo nella traduzione. Ci muoviamo sempre negli interstizi dei nostri vari Sé linguistici. La geografia, il potere e la storia ci proiettano nel multilinguismo: i filippini sono un arcipelago, il paese ha oltre 7000 isole e su quelle isole le persone parlano circa 120 lingue. Inoltre, le nostre lingue ufficiali, quelle governative, sono state lo spagnolo (dal 1521 al 1898), poi l'inglese dell’occupazione americana (dal 1898 al 1946). Poiché il governo è a Manila, il tagalog, la lingua di quella città, è la nostra lingua “filippina” testuale. Solo sulla mia isola, Leyte, noi del nord parliamo waray, ma nel sud si parla cebuano, e ci sono varianti in quelle lingue che identificano ulteriormente la tua città natale.

Quindi la traduzione ha per te, possiamo dire, un valore politico?

Il tagalog è la lingua dei colonizzatori, per noi. Immagino che molti italiani capiscano queste varianti del discorso, che significano a volte luogo, a volte potere. A scuola impariamo in inglese, ma la legge richiede si impari anche il tagalog, e al mio liceo dovevamo fare un anno di spagnolo. Vivo, respiro in Waray, che è enormemente modificato dallo spagno tra l'altro, ma ho sempre scritto in inglese. Si potrebbe dire che ho sempre tradotto me stessa, ma c'è una sorta di condizione irreale in questo: esisto semplicemente nelle molte lingue che parlo. Quindi non è tanto vero che la traduzione sia un valore. È solo un dato di fatto.

So che hai un legame speciale con la città di Venezia e con ltalia. Raccontami di più della tua relazione e sul ruolo (immaginario o concreto) della città e della nostra nazione per te.

Il mio legame nasce prima di tutto con l’Italia. Mio marito era in parte italiano: si chiamava Tangherlini, una famiglia di Sirolo, nelle Marche. Amava l'Italia: studiò storia e letteratura italiana ad Harvard con un professore dal nome incredibile: Dante Della Terza. Quando mio marito è morto, io e mia figlia abbiamo continuato ad andare in Italia. Abbiamo amici lì, nelle Marche. Penso che nei miei romanzi, l'Italia abbia una forza magnetica perché anch’essa, stranamente come le Filippine, ha una storia moderna come nazione. Spesso, mi sorprende quanto l'Italia sia una costruzione, una costruzione della tarda modernità. Inoltre, c'è uno strano cattolicesimo medievale ovunque vada che mi fa stranamente sentire a mio agio. Ed è anche un paese di città e paesi che credono fermamente di essere dei Sé separati, per qualche motivo, e adoro questo senso di frammentazione che vedo in Italia. Mio marito, per qualche motivo, odiava invece Venezia. Amava Firenze. Così ho finalmente visitato Venezia da sola solo pochi anni fa, grazie a una residenza di scrittura che ho ottenuto attraverso la Emily Harvey Foundation. Ho abitato a San Polo vicino al ponte e al mercato del pesce. E da allora sono tornata spesso a Venezia. Per me Venezia è soprattutto una città d'arte - è una città che capisco - una città mista, una città che è troppe cose contemporaneamente eppure immagina di essere una sola cosa. Immagina di essere un'unità ma in realtà è una molteplicità: mi sembra anche una città araba, slava e asiatica assieme, e ha tutta quella sorta di freddezza mercantile che mi piace di New York City.

E New York è la tua città attuale...

Amo New York perché non si cura di me. Voglio dire, anche Venezia è una ladra di culture e non ne fa mistero, pertanto il suo potere immaginario è assolutamente superbo. Ma come in New York, c'è qualcosa di freddo in Venezia. Mi piacciono le città in cui posso essere me stessa proprio perché il senso di sé di quella città è inviolato: proprio perché, per molti versi, la città si è data così palesemente agli altri, che il suo segreto sembra essere noto a tutti. Ma questo è un errore che il visitatore forse commetterà: perché ovviamente, come tutti i bravi sconosciuti, non conosceremo mai una città se non attraverso i suoi falsi sé. Questo, tra l’altro, è un modo sano per avvicinarsi alla realtà. È un modo, sotto ogni colonizzazione, di sopravvive…

L’Italia o Venezia influenzeranno i tuoi prossimi libri? 

Per quanto riguarda la mia produzione attuale, sono affascinata dal modo di narrare di Tintoretto. Racconta storie goffamente, di traverso - eppure è canonico, di tradizione e convenzione. Sto cercando di capire come scrivere un romanzo in questo momento che sia canonico nella sua trama, ma storto in ciò che centra. Tintoretto, per me, dipinge come un romanziere pazzo. Quindi sto studiando Tintoretto, come narratore in questo momento, o almeno questa è la mia attuale scusa per continuare ad andare a Venezia.

MULTINOVEL

Dialogues on the multilingual novel with contemporary authors 

Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati in collaborazione con Incroci di Civiltà 

Un dialogo con GINA APOSTOL

Moderato da Alessandro Raveggi, Università Ca’ Foscari

16 aprile alle ore 17.00 ONLINE

MULTINOVEL è un ciclo di dialoghi sul multilinguismo nel romanzo con autori contemporanei dalle Americhe e dall’Europa, curato dal ricercatore Alessandro Raveggi. L’intento è quello di riflettere su questi argomenti e sulle loro conseguenze teoriche, promuovendo un dibattito interdisciplinare dalla viva voce di autori riconosciuti a livello internazionale.

Federica Ferrarin