Caso Fiat-Chrysler e lavoro: il bilancio degli esperti

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Il convegnoThe Fiat-Chrysler case as the archetype of the new industrial relations in a global company?” organizzato dal dipartimento di Management, il Center for Automotive & Mobility Innovation (CAMI) e il Laboratorio Internazionale di Relazioni Industriali (Labirind) - e che si terrà a Ca’ Dolfin venerdì 25 marzo alle 9 - ha l’obiettivo di approfondire due aspetti importanti dell’acquisizione di Chrysler da parte di Fiat, avvenuta nel gennaio del 2014: da un lato l’evoluzione nell’organizzazione del lavoro e dall’altra gli aspetti relativi al diritto del lavoro e alle relazioni industriali.

Fiat si è distinta per la scelta di integrare in toto i processi produttivi ed organizzativi, tra i quali il modello world class manifacturing (wcm), diffuso anche in Chrysler, che punta a controllare e ridurre i costi in maniera sistemica e con metodi riferibili ed oggettivi. L’integrazione dei soggetti aziendali da parte di Fiat è un archetipo innovativo per quanto riguarda soprattutto le relazioni sindacali di fabbrica nell’ottica di una gestione sempre più orientata al raggiungimento di obiettivi di produzione. Questo costituisce un cambiamento rilevante perché si supera la dialettica storica e conflittuale tra organizzazioni sindacali e imprese, con innegabili risultati in termini di tutela dei lavoratori e di sviluppo delle economie territoriali intorno agli stabilimenti.

I sindacati presenti in Chrysler, prima dell’acquisizione da parte di Fiat, avevano infatti assunto il ruolo di azionisti, potendo gestire le pensioni dei dipendenti. Un ruolo totalmente diverso da quello dei sindacati italiani.

“Fiat ha preso spunto dalla sostanziale debolezza del sindacato americano, peraltro unitario a differenza di quello italiano, come strumento di pressione nelle relazioni sindacali italiane”, commenta Francesco Zirpoli, direttore scientifico del CAMI. Fiat è infatti uscita dal sistema confindustriale, creando una struttura di relazioni sindacali del tutto autonoma, un modo innovativo, e al tempo stesso criticato, di regolare le relazioni industriali nella direzione, presente anche a livello europeo, del decentramento della contrattazione collettiva, con un previsto e conseguente aumento della produttività aziendale e del lavoro.

Il caso affrontato dal convegno è quindi singolare per due motivi: da un lato Fiat ha voluto compiere un’integrazione effettiva dell’organizzazione del lavoro in due contesti così diversi utilizzando lo stesso standard previsto dal modello wcm, dall’altro ha usato la leva del confronto tra relazioni sindacali diverse per cercare di spingere a modificare le regole del negoziato sindacale nel nostro Paese.

Francesco Pirone, docente di sociologia generale all’Università degli Studi di Napoli Federico II, sarà tra i relatori del convegno con un intervento su alcuni aspetti relativi all’implementazione del modello wcm a partire da osservazioni empiriche sulle realtà locali del gruppo Fiat. Nello specifico Pirone parlerà dello stabilimento di Pomigliano in Campania, dove vi è stato nel 2009 un accordo aziendale proposto e condiviso da quasi tutti i sindacati e approvato dalla maggioranza dei lavoratori del sito industriale. In questa realtà locale alcune condizioni di utilizzo attuale dello stabilimento appaiono tuttavia, secondo Pirone, in contraddizione con i principi teorici del wcm: “Ci sono delle criticità all’interno dell’azienda  - afferma - che portano ad assumere delle decisioni a carattere organizzativo che non sono così virtuose come potrebbero essere se si seguisse il modello ideale”.

Secondo Pirone, inoltre, le ripercussioni sono rilevanti soprattutto nelle aree marginali come quella del Mezzogiorno, sia in termini di impoverimento sia in termini di riduzione dei rapporti con altre realtà del territorio. Nella prospettiva globale il territorio e i soggetti sociali del territorio sono spinti a dismettere dalla loro agenda tradizionale tematiche localistiche che esulano dall’obiettivo fondamentale del gruppo.

Il direttore del Dipartimento di Management e direttore scientifico di Labirind Gaetano Zilio Grandi, invitando a valutare con attenzione gli effettivi risultati economico-finanziari e di occupazione del nuovo percorso intrapreso dalle imprese appartenenti al gruppo FCA (Fiat Chrysler Automobiles), vede in questo caso “i germi di una possibile evoluzione della stessa struttura imprenditoriale e della sua relazione con i rappresentanti dei lavoratori: da conflittuale a  collaborativa. Insomma un nuovo modo di porre la fondamentale questione del rapporto tra impresa e lavoro, in un contesto nazionale e globale completamente cambiato”.