MadLand: rappresentazione della follia tra fiaba e medicina nell’Ottocento

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Alessandro Cabiati

Il Cappellaio è uno dei personaggi chiave di “Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie” di Lewis Carroll (1865, ed. italiana 1872). La sua fama sembra venire dall’espressione "matto come un cappellaio" (“mad as a hatter”), in uso nell'Inghilterra vittoriana. Infatti il mercurio usato nella lavorazione del feltro poteva essere altamente tossico per il sistema nervoso degli artigiani e provocare comportamenti nevrotici. 

Ma qual è il rapporto tra la rappresentazione della devianza psicologica nella letteratura fiabesca e nei trattati medici dell’Ottocento? Fino a che punto queste rappresentazioni si rispecchiano, si influenzano, o si mettono in dubbio a vicenda?

Il rapporto tra psichiatria e letteratura fiabesca del XIX secolo è alla base dello studio interdisciplinare e transnazionale di Alessandro Cabiati, vincitore di una delle 30 Marie Curie Fellowship conquistate da Ca’ Foscari. Con il suo progetto MADLAND: Madness in Fairy Land. (Re)Imagining Deviance in the Age of Psychiatry, 1820-1900, il dott. Cabiati condurrà i suoi studi presso Ca’ Foscari, sotto la supervisione della Professoressa Laura Tosi, e presso la Brown University (USA).

“Alice's Adventures in Wonderland” è solo una delle opere letterarie analizzate dal ricercatore, che ne studierà a decine tra Inghilterra, Francia e Nord America soffermandosi su autori quali Carroll, Balzac, Poe, Wilde, Dickens, Rachilde, Baudelaire e molti altri.

Alessandro Cabiati ha alle spalle una laurea triennale in lingue e letterature straniere presso l’Università degli Studi di Milano, una laurea specialistica in francese, italiano e inglese presso l’Università di Oxford, un dottorato in letterature comparate presso l’Università di Edimburgo, e un post dottorato presso il King’s College di Londra. Dal 2019 si occupa di monomania (o “idea fissa”) e di come la letteratura ha reinterpretato questo disturbo mentale nell’Ottocento in Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti. Da questa analisi è nato il progetto vincitore della prestigiosa borsa Marie Curie, che impegnerà Cabiati fino al 2024 tra Providence e Venezia.

“La fiaba e il fantastico mi hanno sempre affascinato”, ci ha raccontato in collegamento da Londra, dove vive. “Questo progetto si collega in parte anche alla mia tesi di dottorato - che sarà pubblicata a fine 2021 - che tratta dell’influenza di Baudelaire sulla Scapigliatura italiana e si amplia fino a parlare del Futurismo. 

È interessante notare che sia la Scapigliatura che Baudelaire che i Futuristi utilizzarono vocabolario medico per rappresentare i corpi mutilati, decomposti, in poesia, la dissezione anatomica dell’anatomopatologo. 

D’altra parte la nascita della psichiatria, intorno a metà Ottocento, ha influenzato la poesia contemporanea, soprattutto nell’uso dell’anafora e dei ritornelli. Un esempio è il poemetto sperimentale “Re Orso”, sottotitolato “Fiaba”, di Boito (1864), che sfrutta la concezione medico-psichiatrica della monomania (idea fissa) per sovrapporre il meraviglioso. Si tratta di una fiaba più per adulti che per bambini. In un contesto fiabesco, il ritornello viene usato da Boito per giocare con i due piani, medico/psichiatrico e fiabesco, per creare un’atmosfera misteriosa”. 

La sua ricerca riguarda il dialogo tra letterature e medicina. Quali aspetti prevede di indagare?

“Partirò da uno studio trans-nazionale e trans-linguistico delle modalità in cui la fiaba Ottocentesca, incorpora, raffigura e mette perfino in discussione la rappresentazione medica delle deviazioni mentali. Vorrei mappare lo sviluppo della devianza medica nella psichiatria dell’Ottocento, documentando l’evoluzione della classificazione e codificazione delle caratteristiche anormali nei saggi “psichiatrici”. 

Studierò per cominciare una ventina di fiabe letterarie, confrontandole con i risultati della mappatura. Tra queste anche fiabe più antiche, o provenienti da Paesi extraeuropei, che vennero però tradotte in francese e inglese e pubblicate nell’Ottocento. Analizzerò diverse tipologie di racconti fiabeschi: racconti brevi, poesie, romanzi per adulti che possiedono le caratteristiche della fiaba a livello di trama e personaggi (quali, per esempio, le fate). Ma studierò anche esempi di letteratura fantasy per bambini, con ambientazioni realistiche (quali gli ospedali psichiatrici) e non (ambientazioni mitologico/fantastiche). 

Analizzerò inoltre come è riportato nei testi di medicina il concetto di ‘mostruosità’ largamente trattato nelle fiabe. Non era inusuale, infatti, trovare nei trattati medici ottocenteschi pazienti psichiatrici descritti come orchi o streghe pericolosi e violenti, rappresentazioni mutuate dalle descrizioni fiabesche della mostruosità. 

Fu Michel Foucault, ne Gli anormali (pubblicato postumo nel 1999), a sostenere che dall’inizio dell’Ottocento, quando nacque la psichiatria, l’interpretazione della persona “malata di mente” fece una transizione, da “mostro innaturale dal profilo cannibalesco-incestuoso” a “individuo sessualmente degenerato”. Perciò, se a inizio Ottocento, la psichiatria rappresentava il malato mentale come un mostro, un orco violento, a fine Ottocento lo stesso soggetto viene descritto come sessualmente deviato. Faccio notare che Foucault parla in termini metaforici: con il mio studio intendo scoprire se, oltre alla possibile intuizione di Foucault, la psichiatria ha effettivamente usato retorica fiabesca per la rappresentazione dei malati”. 

Può fornire qualche esempio dei testi che esaminerà? 

“Mi concentrerò su cinque temi che riguardano le devianze psicologiche e le loro rappresentazioni fiabesche. Uno di questi sarà il discorso tra salute mentale e follia, realtà e mondo fiabesco, normatività e devianza, trattato, ad esempio, in La Fée aux miettes di Charles Nodier (1832) e Les Fées de France di Alphonse Daudet (1873). In questa ultima fiaba, nella Parigi degli anni 1870, dopo la Commune, si apre un processo in tribunale contro Mélusine, una donna accusata di essere una piromane radicale che avrebbe collaborato con il governo insurrezionale della Commune. Mélusine dichiara di essere una fata e di aver voluto dare fuoco a Parigi perché la scienza e tecnologia moderna hanno portato alla scomparsa delle fate. Dice di essere l’ultima fata rimasta. Alla fine, derisa dai presenti, Mélusine viene giudicata pazza dal giudice e portata in un manicomio. 

Esaminerò anche la rappresentazione di quelle che venivano considerate dalla psichiatria come perversioni e deviazioni sessuali, attraverso l’analisi di come sessualità e gender non normativi sono rappresentati nei racconti fiabeschi dell’Ottocento, come la bisessualità o la “transessualità magica”. Un esempio è Isoline-Isolin, di Catulle Mendès (1885): in questo racconto la principessa Isoline è vittima dell’incantesimo di una fata cattiva, che la condanna a trasformarsi in un uomo durante la prima notte di nozze. Quando Isoline si sposa, però, una fata buona fa l’incantesimo opposto per trasformare in donna suo marito. Il dato “anticonformista” della storia, per il periodo in cui fu scritta, è che Isolin, trasformato magicamente in uomo, decide non solo di accettare, ma di abbracciare e dichiarare apertamente ai suoi genitori il suo nuovo sesso e la sua nuova identità gender. 

 Un altro tema riguarda i disturbi mentali legati al genere o all’età, quali l’anoressia femminile o l’autismo infantile. Tra questi vi è un racconto che potremmo definire l’inverso di Pinocchio: Wooden Tony, di Lucy Lane Clifford (1882). Tony è un bambino che non riesce ad interagire e ad integrarsi con il mondo esterno, al punto che viene soprannominato “Wooden Tony”: alla fine, si trasforma in una figurina di legno. Come indicato da Charlotte Moore in un articolo in The Guardian, è possibile che “Wooden Tony” descriva i tratti dell’autismo infantile; d’altra parte, sebbene l’autismo infantile venne categorizzato come condizione medica solo a metà Novecento, sintomi autistici furono descritti in medicina fin dall’Ottocento”.

Una curiosità riguardo al Cappellaio di Alice: è la rappresentazione di un folle?  

 “Esistono già degli studi riguardo al fatto che Carroll, nel rappresentare il Cappellaio,  utilizzò come fonte alcuni trattati vittoriani sulla psichiatria del periodo. Infatti se analizziamo la descrizione del Cappellaio nel settimo capitolo del romanzo di Carroll, notiamo delle somiglianze con le descrizioni di malattie mentali e nervose nei trattati dell’epoca. Quello che fa Carroll, attraverso la figura del Cappellaio, è mettere in discussione l’anormalità della follia in un mondo fiabesco dove l’anormale diventa norma, mantenendo tuttavia un contatto con la realtà attraverso l’uso del sogno come strumento narrativo. Ecco, questo è l’aspetto che più mi interessa di Alice e che più si presta alla tipologia di analisi che porterò avanti nel mio studio.  

E ancora: in che modo l'immagine del Cappellaio è stata utilizzata dai contemporanei di Carroll, in medicina, per parlare di malattie mentali?”

 

 

Federica Scotellaro / Joangela Ceccon