A studiare la street art: il laboratorio outdoor di Conservation Science
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Vallà è una piccola frazione di Riese Pio X in provincia di Treviso diventata famosa per il progetto di rigenerazione urbana partecipata portato avanti dal collettivo Bocaverta: The Wallà (che gioca con il nome della frazione e la parola wall - muro in inglese). Le pareti e i muri di un anonimo gruppo di case si sono trasformate in ‘tele’ all’aria aperta per una serie di street artist italiani e internazionali che hanno colorato il paese, fiero del suo nuovo ‘look’.
A giugno 2024 è stato siglato tra il Comune di Riese Pio X, il Collettivo Bocaverta APS e il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari, con la professoressa Francesca Caterina Izzo, un protocollo di intesa per lo studio della conservazione e della salvaguardia delle opere murali all’aperto. Ad ottobre un gruppo di studentesse e studenti del corso Conservation Science for Modern and Contemporary Art ha svolto la prima ‘esperienza sul campo’ fra le strade di Vallà.
Arianna Abbafati e Giovanni Milan, che stanno frequentando il corso di laurea magistrale in Conservation Science and Technology for Cultural Heritage, ci hanno raccontato questa due giorni di analisi, comunità, sole e pioggia.
Innanzitutto, vi piace la street art? Seguite qualche artista in particolare?
Arianna: “Si, mi piace molto lo street artist Cibo che copre messaggi d’odio con ‘qualcosa di buono’. E mi piace tanto anche quando imbrattano i suoi lavori e riesce a ridare una nuova forma, sempre mutando tutto con un messaggio positivo e ‘gastronomico’.”
Giovanni: “Non ho uno street artist preferito, ma apprezzo sin da piccolo l’effetto che la street art dà alle città. Quando andavo a Torino dai miei nonni ero rapito da questi muri colorati che davano vita al grigio di fondo.”
Che effetto vi ha fatto all’arrivo, Vallà?
Arianna: “Non essendo veneta di origine credo che sarebbe stato un paesino che non avrei conosciuto altrimenti, mi è piaciuto sentirlo raccontare dalla comunità con orgoglio. Tutto il progetto è stato dare un valore a una zona periferica e anonima. Sono rimasta piacevolmente stupita dalla loro accoglienza calorosa, tutte e tutti erano contenti del nostro arrivo.”
Giovanni: “Ho vissuto l'esperienza quasi come una gita di piacere, siamo arrivati in una bellissima giornata di sole, accolti dalla sindaca, attorno avevamo tanti abitanti curiosi . È stato bello uscire dal laboratorio. Un mix ben riuscito di socialità e formazione sul campo”.
“Il primo giorno c’era un bel sole ed eravamo in maniche corte, il secondo giorno pioggia e vento. - continua Arianna- Il gruppo cafoscarino era variegato: studenti, studentesse, laureandi e laureande, la responsabile del laboratorio, la professoressa, una dottoranda; è stato un modo per conoscersi, si è creato un bel legame. A livello umano ci è anche servito a fare gruppo e tuttora ci vediamo e sentiamo.
Quale murale a Vallà vi è piaciuto particolarmente?
Arianna: “Il secondo giorno, durante il tour dei murales, abbiamo incontrato un ragazzo che abita in una casa ‘dipinta’ e lo abbiamo accompagnato all’officina dove lavora, anch’essa decorata con un murale (di Joys e Orion) che ho adorato a prima vista: un pattern per un paio di pantaloni che indosserei all’istante.”
Giovanni: “Non riesco a scegliere, me ne sono piaciuti molti: il Piccolo Pixel, su cui abbiamo fatto le nostre indagini, è molto colorato e d'impatto, è un’opera collettiva realizzata la scorsa estate con la cittadinanza e con degli interventi dello street artist Federico Pietrobon. Sono appassionato di arte classica e mi è piaciuto il murale di Kraser con le tre Grazie. Sono stato anche un po’ invidioso dei loro muri, a dirla tutta, anche io abito in un piccolo paese e mi sarebbe piaciuto vedere il mio paese in un tripudio di colori. Un altro che ho apprezzato moltissimo è il murale optical bianco e nero del duo artistico Stenlex, mi ha colpito il contesto in cui è stato realizzato, secondo me è molto ben riuscito.”
Cosa vi ha lasciato questa esperienza?
Arianna: “Di sicuro è stata un'esperienza inedita, spostarsi dal laboratorio, portare con noi gli strumenti, montare il laboratorio in situ, coordinarsi, stare insieme, vivere i momenti conviviali, lo scambio con la comunità del posto: la gente si fermava, ci chiedeva e facevamo anche provare degli strumenti. Abbiamo lavorato un sacco, la sera eravamo stanchi, ma soddisfatti. È stata un'occasione di crescita a livello umano e professionale. Mi è piaciuto molto partecipare all’ incontro organizzato dal collettivo Bocaverta e l’amministrazione comunale: un grande cerchio, in cui si è parlato di progetti futuri per Vallà, sono stati fatti ragionamenti sulla realizzazione dei murales, come vengono coinvolte le aziende per i materiali, ci hanno interpellati come ‘conservation scientist’. Si è proprio percepito un filo che ci unisce. È stato un momento molto costruttivo.”
Giovanni: “Sono d'accordo con Arianna, è stato un momento di interesse per tutti, quasi un ‘tirare le somme’, è stato molto bello averne fatto parte. La cosa buffa è che se inizialmente la comunità locale era un po’ restia al progetto, ora tutti propongono i propri muri per il prossimo intervento artistico.”
Entriamo nel cuore delle vostre analisi: che strumenti avete utilizzato e cosa osservato?
Giovanni: “Nella due giorni a Vallà abbiamo completato lo ‘step zero’. Abbiamo lavorato su due murales recentemente realizzati, Il Piccolo Pixel e La dolce vita di Pixel Pancho. Il nostro scopo era rilevare tutta una serie di informazioni per un confronto e monitoraggio futuro, per capire le variazioni che ci saranno con gli agenti atmosferici, come sole, pioggia, vento, a distanza di mesi e anni. I materiali possono essere soggetti a diversi tipi di degrado essendo all’aperto e anche in base alla posizione in cui si trovano, se esposti più alla luce solare o a nord.
Durante il laboratorio ho utilizzato un po’ di strumenti che ero curioso di provare all’aperto:
lo studio della bagnabilità utilizzando la tecnica della 'spugnetta' per capire come la superficie assorbe l’acqua
lo spettrometro raman, altro strumento non invasivo- tutte le tecniche che abbiamo usato non erano invasive- che emette una radiazione che, eccitando le molecole presenti all’interno del materiale, registra uno spettro relativo alle loro vibrazioni caratteristiche, in questo modo si ottengono informazioni sulla composizione del materiale stesso, step preliminare per differenziare i materiali e i leganti usati. In futuro sarà possibile monitorare l’eventuale degrado, in base al comportamento chimico del materiale all'aperto registrando nuovi spettri.
il FORS (Spettroscopia di Riflettanza a Fibre Ottiche), in modalità portatile, che ho 'indossato' come fosse uno zaino e con il quale ho indagato dei punti utilizzando l’apposita sonda. Grazie alla radiazione riflessa dal materiale che viene registrata dallo strumento, ho raccolto dati che danno informazioni sulla superficie e sul colore di essa, indagando anche i tipi di colore sovrapposti."
Arianna: “Io e Maria, una studentessa magistrale proveniente dal Messico, abbiamo lavorato con il colorimetro, uno strumento in grado di fornire una descrizione univoca del colore di una superficie, grazie a 3 coordinate di colore . Si possono distinguere così tutte le sfumature: dove a occhio nudo si riconoscono cinque tonalità di verde diverse, con lo strumento ne abbiamo individuate ben dodici e poi si può cercare di capire quali sono i pigmenti presenti all’interno studiando l’andamento dello spettro acquisito. Abbiamo mappato i punti su cui abbiamo fatto le misurazioni, quando torneremo potremo studiarne le possibili variazioni nel tempo.”
Tornerete a Vallà? Cosa vi sarebbe piaciuto fare e che proverete a recuperare alla prossima ‘spedizione’?
Arianna: “ Non abbiamo avuto uno scambio con gli artisti di Vallà, ma ci piacerebbe prima o poi incontrarli: capire cosa pensano della conservazione, confrontare i nostri dati con i loro studi preliminari.”
Giovanni: “Sono curioso di riprendere in mano il nostro archivio di dati e vedere come tutto è variato nel tempo. Questo era un ‘primo appuntamento', mi auguro ci saranno nuove occasioni di studio.”
In chiusura: tre punti di forza del vostro corso di laurea magistrale
Arianna:
interdisciplinarietà
spirito di adattamento
curiosità
Giovanni:
interesse e crescita
senso di comunità
punto di incontro tra scienze ed arte
Dove vi vedete tra cinque anni?
Arianna: “Io spero di essere in un laboratorio di un qualche museo, non so dove, collocata nel mondo, non mi metto limiti.”
Giovanni: “Sicuramente anche io, però mi metto dei limiti, a me piace tantissimo la carta. Spero di essere in un laboratorio che studia materiali cartacei, anche se non disdegnerei anche un laboratorio di diagnostica di reperti di egittologia.“
“Il laboratorio a Vallà è stato un’occasione per capire i materiali del XXI secolo in un ambiente outdoor, esposti a condizioni ambientali a volte drastiche: forte irraggiamento solare, cicli di gelo-disgelo, bombe d’acqua, smog" - conclude la professoressa Izzo. "Solitamente, durante il mio corso laboratoriale di diagnostica dei materiali moderni e contemporanei, studenti e studentesse lavorano su opere mobili, come ad esempio, quelle della Galleria Internazionale di Arte Moderna di Venezia Ca’ Pesaro, per le quali le condizioni di conservazione sono controllate e controllabili. Abbiamo voluto dare questa possibilità di confronto e preparare i futuri e le future conservation scientist a quelle che potranno essere altre opportunità e complessità di questa professione. Abbiamo realizzato una fotografia dello stato conservativo attuale di due opere di street art appena realizzate, che ci servirà per il monitoraggio nel tempo. Abbiamo trovato una realtà viva e partecipe: avevamo attorno bambini, bambine, persone anziane incuriosite dalle nostre indagini. E’ stata un'immersione nella comunità del paese. Sarà bello tornare periodicamente. Vado anche molto fiera di come studenti e studentesse hanno contribuito all’incontro corale, hanno mostrato serietà, consapevolezza e si sono posti in maniera critica e costruttiva. La convenzione con il Comune e il Collettivo è stata stipulata con tre motivazioni: ricerca, didattica e divulgazione. I passi futuri vorrei che andassero anche verso questa terza dimensione: contribuire alla divulgazione degli studi scientifici fatti sulle opere, magari durante l’evento di fine estate: il festival WonderWalla.”
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