Ricerca Cerme: la fiducia nel consulente finanziario dipende dalle emozioni

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Perdite evitate, ottima performance in linea con il mercato, guadagni ottenuti e soluzioni a basso costo. Sembrerebbe il cocktail perfetto per guadagnare la fiducia del cliente e invece le soft skills più efficaci per ottenere una buona percentuale di investimento e tenerlo legato a sé negli anni, sono delle “qualità emotive” quali empatia, stabilità emotiva, coerenza e coscienziosità, e una particolare attenzione alla relazione nel tempo, grazie ad incontri frequenti e informali.

Ugo RigoniQuesto dato emerge dall'indagine “Fiducia e consulenza finanziaria” condotta da Ugo Rigoni e Caterina Cruciani del Dipartimento di Management di Ca’ Foscari coinvolgendo 1200 volontari dell’Associazione nazionale consulenti finanziari (Anasf). L'obiettivo era fare chiarezza sui meccanismi che aumentano la fiducia riposta nell'intermediario finanziario.

Il ruolo di questa figura è quanto mai cruciale per capire le dinamiche di investimento in banca e attuale vista l’epoca di crisi finanziarie e scandali bancari.

“Di per sé la ricerca non permette di comprendere come si è modificata nel tempo la fiducia che il cliente ripone nell'intermediario - precisa Ugo Rigoni -. Non siamo in grado di capire cosa è cambiato rispetto all'avvio delle diverse crisi degli ultimi anni (crisi finanziaria globale 2008, crisi del debito sovrano in Europa 2011, crisi delle grandi popolare venete nel 2015), ma il confronto tra i dati relativi al Veneto e al resto delle regioni italiane mostra che, almeno per quanto riguarda la popolazione dei Consulenti finanziari ANASF, non vi sono differenze significative tra il dato relativo al Veneto e al resto d'Italia, o anche solo al Nord. Ciò significa che verosimilmente la fiducia riposta in questi consulenti non è stata intaccata dagli scandali che hanno recentemente scosso il Veneto”.

Dal rapporto Consob del 2016 sugli investimenti finanziari delle famiglie italiane emerge un dato che testimonia quanto riscontrato dai ricercatori: lo scarso ricorso alla consulenza è solo in parte imputabile alla mancanza di ricchezza, ma è invece direttamente legata alla mancanza di fiducia verso gli intermediari.

Un buon consulente finanziario deve quindi saper mantenere una relazione attenta e costante con il cliente ed essere percepito come una persona sulla quale si può contare. Queste capacità consentono di diventare dei veri e propri “filtri emotivi” in grado di tranquillizzare il cliente che, preoccupato dalle ondate di crisi e scandali che attraversano il nostro paese e recentemente il Veneto, si trova spesso a sentire l’urgenza e la fretta di effettuare azioni che potrebbero invece essere controproducenti.

Ma quando il nuovo cliente si sente compreso e capisce di potersi fidare decide, fin dall'inizio di un nuovo rapporto spesso, di affidare circa il 40% del proprio patrimonio al suo intermediario, percentuale che supera il 75% per i clienti consolidati. Questo perché con il consolidarsi del rapporto cambiano anche le modalità della fiducia, infatti mentre è prevedibile che un nuovo cliente venga colpito maggiormente dall'orientamento alla performance dell’ intermediario, questo non vale più con un cliente consolidato, che si affida di più alle qualità emotive del proprio consulente.

La ricerca non ha tuttavia analizzato soltanto la fiducia oggettiva, dimostrata dalle percentuali di investimento del patrimonio di clienti nuovi o consolidati, ma ha anche la fiducia soggettiva, ossia come il consulente stesso percepisce la fiducia che viene in lui riposta dal cliente. Da questa analisi è emerso che la percezione soggettiva individua aspetti chiave della fiducia che sono diversi da quelli che invece sostengono l’investimento da parte dei clienti: se per la fiducia oggettiva conta molto la capacità di trasmettere solidità e affidabilità, soggettivamente i consulenti pensano che essere estroversi e “performanti” sia la chiave per la costruzione di un rapporto basato sulla fiducia.

L’indagine è stata svolta grazie alla partnership tra Anasf, GAM e il Cerme (centro per la ricerca sperimentale in economia e management) dell’Università Ca’ Foscari Venezia.

Erica Villa