Mentre la maggior parte della popolazione è ancora chiusa in casa per pandemia, c’è qualcosa che continua a viaggiare in quantità massiccia: le informazioni, tanto che anche l’OMS ha messo in guardia da possibili rischi derivati da infodemia. In questa abbondanza, alle notizie affidabili si affiancano le ‘bufale’, le fake news che imperversano sul web, sui social, sui sistemi di messaggistica e che trovano terreno fertile nell’incertezza e nello spaesamento che stiamo vivendo da mesi.
Il risultato è una grande confusione, in un momento in cui – al contrario – il nostro bisogno di notizie chiare è alle stelle. I rischi sono molto concreti: possiamo mettere in atto comportamenti sbagliati, perdere fiducia nelle indicazioni ufficiali, non capire le restrizioni imposte. In questo scenario come si destreggia la comunicazione istituzionale?
Il 4 aprile Palazzo Chigi ha deciso di istituire una ‘task force’ anti-fake news, più propriamente un’unità di monitoraggio contro la diffusione di fake news relative al Covid-19 sul web e sui social network. L'unità, messa in piedi dal sottosegretario con delega all'Editoria Andrea Martella, è composta da rappresentanti del Ministero della Salute, della Protezione civile che lavorano insieme ad esperti provenienti dal mondo accademico e del giornalismo. Tra loro ci sono due cafoscarine: la giornalista e divulgatrice scientifica Roberta Villa e Fabiana Zollo, ricercatrice sulle dinamiche di informazione online, entrambe affiliate al dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica.
L’obiettivo del nuovo organismo – che ha destato qualche sospetto in alcune correnti politiche – è analizzare lo scenario informativo sul virus e suggerire strumenti o fornire indicazioni utili alle istituzioni per comunicare in modo appropriato e veicolare informazioni di qualità.
“L’Unità di monitoraggio riunisce una squadra di esperti estremamente eterogenea – sottolinea la dott.ssa Zollo. - Lavoriamo insieme a Ministero della Salute e Protezione civile per capire come rendere più efficace la comunicazione su Covid-19, ad esempio prendendo in considerazione i bisogni dei cittadini e le tematiche attorno alle quali si genera più confusione".
Fabiana Zollo, insieme a Walter Quattrociocchi, direttore del laboratorio Data & Complexity di Ca’ Foscari, è già al lavoro su questi temi in una task force di Data Science attivata da AGCOM - Servizio Economico - Statistico sul tema della disinformazione online durante l'emergenza Covid-19. Il gruppo di ricerca ha appena prodotto un report, in continuo aggiornamento, che delinea lo scenario informativo su COVID-19 analizzando diffusione e percezione di notizie e contenuti sulle principali piattaforme social - Facebook e Twitter, ma già si lavora su Instagram e YouTube - a partire dal 1° gennaio 2020.
“Abbiamo analizzato i contenuti social di quasi 700 fonti informative in Italia, tra canali televisivi e radiofonici nazionali, quotidiani, agenzie di stampa, testate online e fonti di disinformazione, individuate come tali da debunker esterni. Abbiamo osservato come le diverse tematiche sono state trattate nei diversi casi, considerando anche l’engagement del pubblico. Un primo dato emerso è che circa il 4-6% di contenuti sul coronavirus provengono da fonti di disinformazione”.
Se scorriamo il report, scopriamo che a livello quantitativo, su Facebook i contenuti ‘disinformati’ trovano più spazio che su Twitter. Nell’analisi della percentuale di contenuti settimanali pubblicati sul virus, a partire da fine febbraio su Facebook la percentuale di post dedicati triplica, rimanendo fin dall'8 marzo stabilmente sopra il 40%, con punte superiori al 55%. Anche su Twitter è più che raddoppiata superando il 30%, con picchi vicini al 50% nelle settimane centrali di marzo. Su Facebook le fonti di disinformazione hanno prodotto il 4% dei contenuti su Covid-19, con una media di circa 3.400 post settimanali a partire dal 23 febbraio. I tweet provenienti da fonti disinformazione hanno un'incidenza inferiore all'1,2% nell'intero periodo considerato.
Ma di cosa si parla sui social, in tema di Covid-19? Sostanzialmente entrambe le fonti (informazione e disinformazione) parlano degli stessi argomenti. Le fonti di disinformazione prediligono però i temi più polarizzanti, come ad esempio le ipotesi sull'origine del virus e la possibile relazione ambiente-virus. (Figure 3 e 4 del report)
In termini di engagement, come ha interagito il pubblico di Facebook con i contenuti pubblicati dalle diverse fonti di informazione?. La figura 5 del report - riportata qui sotto - considera la percentuale di post overperforming nel periodo di riferimento, ovvero quelli con più commenti, reazioni e condivisioni della media. Mentre per agenzie di informazione, quotidiani, Istituzioni, testate digitali, TV, a partire da fine febbraio i contenuti sul coronavirus pubblicati su Facebook risultano essere overperforming rispetto agli altri, questo dato non si verifica per le radio, le fonti scientifiche - per le quali ci si aspetterebbe invece un maggiore interesse degli utenti rispetto ai contenuti sul coronavirus e per le quali invece la percentuale di post overperforming rimane sempre inferiore al 14% - e quelle di disinformazione. Per queste ultime, anzi, i contenuti diversi da Covid-19 sembrano ottenere performance anche migliori.
Interessante, infine, il risultato dell’analisi delle reazioni ai post, dove si osserva una netta preferenza degli utenti a reagire esprimendo la propria rabbia (grrr) sotto ai post delle fonti di disinformazione.