Gatto selvatico europeo, prima foto di un cucciolo nelle Dolomiti Bellunesi

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Una femmina e un cucciolo, ripresi da una fototrappola posizionata dalla dottoranda Arianna Spada

Il gatto selvatico europeo (Felis s. silvestris) è uno degli animali più schivi e difficili da incontrare, tanto da essere chiamato il ‘fantasma dei boschi’. Le sue abitudini rimangono in parte sconosciute anche per gli studiosi, che fanno non poca difficoltà ad avvistare questo felino elusivo, territoriale e solitario.

Lo si distingue dal gatto domestico per alcuni caratteri morfologici quali ad esempio la folta pelliccia a pelo lungo, il colore grigio-beige del mantello con quattro strie longitudinali sulla nuca, una striscia dorsale scura che termina alla base della coda ed in particolare per la coda folta ad anelli con estremità ‘clavata’, arrotondata e nera. Del nostro gatto domestico però è solo il ‘cugino’ europeo, perché il gatto che vive nelle nostre case deriva dalla sottospecie africana, Felis s. lybica

Cacciato a lungo in passato, per la sua natura di predatore, è prevalentemente notturno ma può essere attivo e compiere spostamenti anche di giorno. Si nutre principalmente di micromammiferi, come piccoli roditori, ma anche di uccelli, rettili e invertebrati. E’ prevalentemente solitario e incontra i suoi simili solo durante la stagione degli amori. Dopo due mesi di gestazione le femmine danno alla luce in genere tra marzo e aprile, da 2 a 4 cuccioli, che restano con la femmina fino a 5 mesi, ma talvolta anche fino all’anno di età, quando raggiungono la maturità sessuale.

In Italia la specie è distribuita lungo tutta la dorsale appenninica centro meridionale, in Sicilia, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Veneto e recentemente è stata segnalata anche in Piemonte. In Veneto è presente in Cansiglio, nelle Prealpi Bellunesi e Trevigiane e nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. A parere di alcuni esperti potrebbero essere presenti in tutto nel nostro Paese tra i 750 e 1000 individui.

Proprio nel Parco, grazie a una Ricerca congiunta tra l’Università Ca’ Foscari Venezia e il l’Ente Parco, è stato possibile ottenere la prima conferma della riproduzione di questa specie all’interno dell’area protetta, dove le fototrappole posizionate dalla ricercatrice cafoscarina Arianna Spada hanno ripreso in più scatti una femmina e un piccolo, facendo supporre che i cuccioli siano due.

Arianna studia il gatto selvatico nelle Dolomiti Bellunesi per il suo progetto triennale di dottorato di ricerca in Scienze Ambientali sotto la supervisione del Prof. Stefano Malavasi. Appassionata da sempre di animali, da osservare soprattutto nel loro habitat naturale, dopo la laurea in Scienze Naturali a Padova e prima del dottorato a Ca’ Foscari ha collaborato come libera professionista con il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi e con il Museo di Storia Naturale di Venezia. È nel contesto di questa collaborazione, che ha previsto lo studio di questa e altre specie di mammiferi nell’area protetta, che il gatto selvatico è stato segnalato nel Parco per la prima volta, nel 2014.

Da allora la specie è stata monitorata attraverso l’uso di fototrappole, ma fino ad oggi non erano mai stati raccolti dati sulla sua riproduzione all’interno dei confini del Parco. La foto in questione è stata scattata nella parte orientale del Parco.

Le fototrappole sono posizionate dalla ricercatrice in centinaia di punti all’interno del territorio montano, dopo un’accurata ispezione dell’area, volta a individuare le direttrici di passaggio degli animali selvatici. Le fotocellule si attivano grazie a un sensore, sensibile al calore e al movimento, e forniscono decine di migliaia di immagini ogni anno. Quelle dove compare il gatto selvatico, proprio per la natura molto elusiva di questa specie, sono poche, ma molto importanti per raccogliere nuove informazioni sulla distribuzione e l’ecologia della specie all’interno dell’area protetta. 

La grande mole di dati ottenuti viene analizzata attraverso la tecnologia GIS, in grado di elaborare grandi quantità di dati spaziali e geo-referenziati. 

“Attraverso questo studio vorremmo aggiornare la distribuzione di questa specie all’interno del Parco e ottenere informazioni sull’utilizzo dell’habitat - specifica la ricercatrice. - Inoltre grazie all’impiego di fototrappole dotate di flash, che ci permettono di scattare foto a colori anche di notte, speriamo di ottenere un numero sufficiente di immagini di buona qualità che ci permettano di identificare i singoli individui/arrivare al riconoscimento individuale dei singoli esemplari.

Tra le minacce che mettono a rischio la conservazione di questa specie vi è in primo luogo l’ibridazione con il gatto domestico, ma anche la perdita e la frammentazione del suo habitat, la mortalità stradale, nonché il bracconaggio poichè in molti paesi questa specie viene illegalmente uccisa perché considerata nociva. Parte dello studio sarà pertanto dedicata anche ad approfondire questi aspetti e a fornire indicazioni gestionali che siano utili all’Ente Parco per mantenere una popolazione sana e vitale di gatto selvatico all’interno dell’area protetta/del suo territorio”

La conservazione della biodiversità dovrebbe essere il fine ultimo delle ricerche zoologiche e bio-ecologiche – ha dichiarato in un comunicato congiunto tra l’Università e l’Ente parco il prof. Stefano Malavasi, supervisore del progetto condotto dalla dott.ssa Arianna Spada – e tale obiettivo può essere raggiunto coniugando ricerca di base ed applicata, attraverso la collaborazione fra l’Università e gli enti territoriali preposti alla tutela e alla gestione del patrimonio naturale. Il lavoro che stiamo svolgendo, come Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari, assieme al Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, è un ottimo esempio di come la ricerca e lo studio possano essere poste al servizio del territorio e della Natura”.

Federica SCOTELLARO