I confini organizzativi nella rete di innovazione tra Fiat e suoi fornitori

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Le teorie manageriali mainstream non bastano a spiegare i meccanismi di coordinamento e l’evoluzione delle reti di imprese che sviluppano prodotti innovativi. I risultati di una ricerca sul ‘mondo’ Fiat durata 15 anni, pubblicati sulla prestigiosa rivista Organization Science, affrontano il tema nel complesso mondo dell’industria dell’auto.

L’articolo, realizzato da Francesco Zirpoli, professore del dipartimento di Management e direttore scientifico del CAMI (Centre for Automotive and Mobility Innovation) in collaborazione con Josh Whitford della Columbia University, ha ricevuto una Menzione alla ricerca da parte del dipartimento di Management, che ogni anno premia tre pubblicazioni dei propri docenti durante il Research Day.

Obiettivo primario della ricerca, che ha approcciato l'analisi empirica alla luce del filone teorico del pragmatismo, era capire “come e perché” funzionano le relazioni in un network complesso come quello necessario a sviluppare prodotti come le auto e come evolvono nel tempo le decisioni manageriali prese e il network stesso.

Per elaborare la teoria pubblicata nel paper i ricercatori sono entrati nelle imprese che formano il complesso network per lo sviluppo dei prodotti Fiat, intervistando il management, studiando il materiale archivistico e compiendo un'osservazione di tipo etnografico.

L’innovazione oggi non è più dentro confini di grandi imprese integrate verticalmente, ma si svolge sempre più tramite un network di soggetti”, afferma Zirpoli. Nel caso dell’auto fino all’80% di un veicolo è progettato dai fornitori. Inoltre, per la natura delle relazioni di fornitura i confini tra le imprese risultano essere sempre più “sfumati”. Ad esempio, all’interno delle unità organizzative FIAT deputate allo sviluppo di nuovi prodotti, lavorano stabilmente anche ingegneri che appartengono formalmente ai fornitori Fiat.

Le imprese che sviluppano prodotti complessi, come le auto, esternalizzano l’innovazione per rendere più flessibile la loro struttura dei costi ma anche al fine di accedere alla conoscenza specialistica dei fornitori. Esternalizzare l’innovazione, tuttavia, pone dei complessi problemi di governance. Cliente e fornitore si trovano a non poter stipulare un contratto completo date le caratteristiche in continua evoluzione dell’oggetto scambiato, ancora non conosciuto in tutti i suoi aspetti. “Inoltre, emerge un importante problema di sostenibilità strategica dell’outsourcing, dato che l’eccessiva esternalizzazione della progettazione ha dei rischi notevoli perché l’integratore di sistemi, nel caso specifico Fiat, rischia di perdere la capacità di integrare i componenti”, prosegue Zirpoli. Un’impresa quindi deve compiere precise scelte strategiche in merito a cosa progettare internamente e cosa esternalizzare e gestire la governance della relazione di conseguenza.

L’articolo focalizza l’attenzione su una relazione specifica tra Fiat e un suo fornitore di primo livello di sistemi di sicurezza passiva. La relazione è osservata su un lungo orizzonte temporale in cui si succedono tre passaggi chiave: la spinta verso l’esternalizzazione dell’innovazione attraverso il ricorso alla modularizzazione dei component, lo sviluppo di strumenti di coordinamento più sofisticati dato la sostanziale inefficacia della modularizzazione e, infine, la modifica della divisione del lavoro tra Fiat e il suo fornitore nonostante il notevole successo tecnologico del prodotto sviluppato insieme. 

Le transizioni e le scelte di Fiat e del suo fornitore su come garantire il coordinamento nel processo di sviluppo prodotto sono spiegate ricorrendo a tre teorie. La prima ipotizza che il coordinamento sia incorporato negli artefatti (ad esempio, attraverso la progettazione di interfacce di prodotto standard). La seconda si basa sull’idea delle “pragmatic collaboration” e del “learning by monitoring”: fornitore e produttore si coordinano grazie allo sviluppo di pratiche che permettono in modo sistematico di tenere sotto controllo tale relazione. Grazie a queste pratiche (ad es. benchmarking sistematico, costing engineering techniques) si crea un rapporto dinamico, che evolve in funzione dell’evoluzione dell’oggetto stesso. Queste soluzioni organizzative, che nel caso dell’industria dell’auto sono state spesso mutuate da pratiche giapponesi, portano a un effettivo rafforzamento della relazione. La terza si basa sul concetto di  “embedding”: la relazione funziona perché cliente e fornitore hanno sviluppato nel tempo una conoscenza reciproca e del contesto in cui la loro relazione si situa. Questa conoscenza permette agli attori di formarsi una aspettativa sul comportamento futuro e quindi coordinarsi.

Gli autori mostrano come , sorprendentemente, nessuna delle teorie a disposizione riesce a spiegare tutte le transizioni che il caso di studio ha evidenziato. Ciò ne ridimensiona molto la loro portata e generalità. “Le teorie analizzate, come la maggior parte delle teorie manageriali, prevedono che al manifestarsi di alcune condizioni (relative, ad esempio, alla natura delle transazioni, alle risorse a disposizione, ai comportamenti dei competitor, etc.)  il management debba far seguire specifiche azioni. In altre parole, la maggior parte delle teorie manageriali sono contingenti”, afferma Zirpoli.

Ciò non significa, tuttavia, che esse siano inutili o che non abbiano sortito effetti pratici. Di fatto esse hanno fortemente condizionato il management rappresentando una chiave di lettura della realtà. La ricerca, tuttavia, mostra empiricamente come gli agenti (ad esempio gli ingegneri e i manager intervistati) adottino un approccio riflessivo nel quale le azioni suggerite dalla teoria date le circostanze sono sistematicamente “testate” sulla base dei risultati che esse producono.

Questa lettura del ruolo degli attori è inquadrata dagli autori nella visione pragmatista di John Dewey. Essa permette di porre sotto una nuova luce la relazione tra teoria e pratica manageriale. Inoltre, ne ridimensiona gli aspetti deterministici mostrando come, nonostante l’evidente successo dello sviluppo congiunto del nuovo prodotto tra Fiat e il suo fornitore, gli agenti abbiano deciso di modificare completamente la logica di esternalizzazione dell’innovazione che determinava il loro rapporto e, con essa, l’organizzazione stessa della relazione.