Giardini e virtù medicinali: una mostra alla Marciana

condividi
condividi
viticella da Cinque libri di piante di Pietro Antonio Michiel (1510-1576)

Da sabato 11 febbraio a domenica 2 aprile 2023 sarà aperta al pubblico la mostra Giardini e virtù medicinali, salute e bellezza tra passato e presente a Venezia nelle Sale Monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana.

L’esposizione, frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia e la Biblioteca Nazionale Marciana, è curata da Sabrina Minuzzi (Ca’ Foscari) a conclusione del suo progetto “MAT-MED in Transit. The Transforming Knowledge of Healing Plants" (Marie Skłodowska-Curie Fellowship (Global), G.A. 844886).

Giardini e virtù medicinali, salute e bellezza tra passato e presente

Gardens and Medicinal Virtues, Health and Beauty between Past and Present

A cura di Sabrina Minuzzi

sabato 11 Febbraio 2023 - domenica 2 Aprile 2023

Sale Monumentali della Biblioteca Nazionale Marciana, Venezia

Orario di visita: 10.00-17.00. 

Accesso dal Museo Correr - Ala Napoleonica, Piazza S. Marco

VERNICE PER LA STAMPA: venerdì 10 febbraio 2023 alle ore 11.00

INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA: venerdì 10 febbraio 2023 alle ore 17.00 (su invito) per accedere scrivere a b-marc.eventi@cultura.gov.it

Accesso alla vernice stampa e all’inaugurazione: piazzetta San Marco, 13a – Venezia

da Cinque libri di piante compilati da Pietro Antonio Michiel (1510-1576)

La mostra propone, ad un pubblico ampio, di riflettere sull’evoluzione del rapporto fra individuo e natura, per rispondere, in filigrana ai materiali esposti, alla domanda su quanto si possa apprendere dall’antico rapporto con la natura per migliorare il nostro futuro.

In passato molti giardini erano soprattutto una risorsa per la salute dell’uomo. Piante ed erbe infatti, insieme a qualche sostanza animale e minerale, costituivano la materia prima per la composizione di rimedi medicinali. I tre regni naturali erano la materia medica per antonomasia, e le erbe la materia medica per eccellenza.

Medici, speziali, ma anche persone comuni erano animate dall’entusiasmo per la scoperta di nuove piante e di nuove virtù terapeutiche di piante note. Alcuni di essi coltivavano il proprio giardino-orto botanico, anche negli angusti spazi veneziani. Li conosciamo oggi attraverso i giardini di carta che hanno lasciato dietro di sé: erbari manoscritti ed essiccati, erbari a stampa intensamente studiati e postillati dai lettori, ricettari compilati ad uso personale, lettere.

Nell’occasione sono esposti, per la prima volta al pubblico, i Cinque libri di piante compilati da Pietro Antonio Michiel (1510-1576), in cui le caratteristiche e le virtù di 1.028 fra piante ed erbe sono corredate da altrettante illustrazioni dipinte.

Il percorso della mostra prosegue con esempi virtuosi di uso delle antiche conoscenze di materia medica: nell’elaborazione di nuovi farmaci a partire da farmacopee ed erbari antichi (vetrine Aboca, con oggetti dell’Aboca Museum e l’opera della straordinaria naturalista e incisore Maria Sybilla Merian); nella produzione artigianale di un amaro d’erbe nato da un antidoto brevettato nel 1603 e oggetto di un successo europeo plurisecolare (l’Orvietano, con ‘bugiardini’ d’epoca e stampe pubblicitarie); infine in tre vetrine di creazioni artistiche contemporanee ispirate alla bellezza della materia medica, declinate su carta e su lino: incisioni, piante impresse su carta, ricami d’arte.

Il tutto è suggellato da un gioco da tavolo che è un collage di illustrazioni tratte dall’edizione del 1565 del famoso commento a Dioscoride di Pietro Andrea Mattioli: Il giardino delle piante magiche, pensato oggi per ri-avvicinarci alla consapevolezza delle virtù medicinali della natura.

Il lavoro di ricerca che sta dietro a questi temi verrà presentato nell’International Conference dal titolo Materia medica e libri, salute e bellezza nella prima età moderna che si terrà da mercoledì 29 a venerdì 31 marzo presso la Biblioteca Nazionale Marciana (Sala Sansoviniana) e che vedrà la partecipazione di studiosi internazionali.

Domenica 5 marzo la mostra sarà visitabile con accesso gratuito in occasione dell'iniziativa ministeriale #DomenicalMuseo attraverso l’ingresso storico della Biblioteca Nazionale Marciana (Libreria Sansoviniana: Piazzetta San Marco n. 13/a). Orario: 10.00 – 17.00, ultimo ingresso alle ore 16.00. Per qualsiasi informazione si prega di scrivere a b-marc.stampa@cultura.gov.it

Abbiamo chiesto a Sabrina Minuzzi, curatrice della mostra di raccontarci qualcosa di più sull'esposizione e i suoi tesori

Da cosa nasce l'idea di questa mostra e come si coniuga con un progetto di ricerca?

L’idea di una mostra o di un convegno a chiusura della Marie Curie era programmata fin dalla stesura del progetto. Ma, quasi involontariamente, i due eventi sono transitati dall’essere alternativi fra loro alla piena realizzazione per diversi motivi. Intanto perché la mostra si rivolge ad un pubblico ampio mentre il convegno è inevitabilmente indirizzato ad un pubblico più ristretto  – rispondendo ai due principi di communication e dissemination della ricerca attuale. In secondo luogo perché il progetto, sviluppato negli anni funestati dal Covid, ha trovato maggior sviluppo nella fase conclusiva in cui era possibile tornare in presenza. Infine, non ultimo motivo, è il fatto che una mostra in Biblioteca Marciana era un suggello naturale del progetto, che in parte verteva sulla realizzazione dell’edizione digitale di un erbario illustrato di pieno Cinquecento conservato in Marciana, grazie ad una convenzione stabilita ad hoc fra Ca’ Foscari e la Biblioteca.

Piante ed erbe per la composizione di rimedi medicinali. Cosa ci raccontano questi erbari?

Esattamente questo è il concetto che vorrei restasse impresso nel visitatore medio della mostra: le piante come fonte di sostanze naturali utilizzate fin dall’antichità per la cura del corpo sofferente. Le piante erano la parte principale della materia medica, locuzione latina che comprende anche sostanze animali e minerali, ma con una netta prevalenza di quelle vegetali. Gli erbari della prima età moderna, manoscritti e poi stampati, ci raccontano l’esplosione dell’interesse per quel mondo di erbe e piante del quale ancora poco si conosceva – (ma non illudiamoci di conoscere oggi tutto, anzi! Moltissimo c’è ancora da scoprire con le nuove tecnologie di indagine biochimica). Fra Quattro e Cinquecento si assiste al recupero anche filologico delle conoscenze delle proprietà di piante ed erbe ereditate dall’antichità, e soprattutto ad un entusiasmo diffuso anche fra i non addetti ai lavori. L’autore dell’erbario Marciano, Pietro Antonio Michiel ad esempio era un appassionato di materia medica ma non un professionista (medico o naturalista), faceva crescere le piante nel proprio giardino-orto botanico lagunare di San Trovaso, ne indagava  caratteristiche morfologiche e proprietà medicinali o tossiche alla luce degli studi antichi e con l’osservazione diretta. 

Erbari, manoscritti e a stampa, ci raccontano proprio l’entusiasmo diffuso per la verifica empirica di proprietà note e la scoperta di nuove proprietà da parte di professionisti ma anche di gente comune, mediamente alfabetizzata. Gli esemplari di erbari a stampa sono una spia formidabile di questo entusiasmo quando sono annotati da chi li possedeva ed usava —e sono frequentemente postillati e sporchi, con tracce di fango ed acqua che indicano chiaramente l’uso squisitamente pratico che i possessori ne facevano. Talvolta conservano fra le carte frammenti di piante essiccate, perché erano usati dal possessore per costruire un proprio erbario secco al fine di riconoscere più facilmente le piante.

Quali sono i segreti e le ricette che ci tramandano gli erbari in esposizione? Ci può raccontare qualche curiosità dell'uso che se ne faceva allora?

E’ importante tenere presente che le ricette medicinali (nella prima età moderna chiamate anche segreti medicinali, per l’affinità con i segreti del mestiere artigiano) si trovavano sia negli erbari e nelle raccolte di segreti a stampa, che in raccolte manoscritte – ad uso personale, familiare oppure di una comunità religiosa. E moltissime erano anche le ricette aggiunte da chi leggeva quei testi e si appuntava ai margini delle pagine a stampa ricette apprese da conoscenti, da medici prestigiosi, da anziane (le vetulae! così bistrattate da certa medicina ufficiale ma apprezzate pure da scienziati della statura di un Vallisneri). Gli storici in genere non hanno gli strumenti per penetrare la validità o meno dell’uso di un’erba rispetto ad un’altra per curare una patologia, ma appena si attinge a qualche fonte scientifica contemporanea si resta sorpresi di come le attuali analisi biochimiche confermino l’uso antico (o tradizionale, studiato dall’etnobotanica) di alcune piante. Nella mostra ho portato l’esempio di una raccolta manoscritta di segreti che riferisce una ricetta “contro la gotta asciaticha” a base di puleggio (menta), centaurea minore e ‘matre selva’ (caprifoglio). Ebbene, ricerche recenti confermano che la Mentha spicata L. e la Lonicera Japonica Thunb. (caprifoliacea) contengono importanti inibitori alla produzione di acidi urici.

Naturalmente ci sono anche molti rimedi buffi e ciarlataneschi (soprattutto nelle raccolte a stampa di maggior successo, ampiamente studiati solo nei risvolti socio-culturali), ma uno degli obiettivi della ricerca era proprio guardare con occhio possibilmente non giudicante a quella massa di materiale. 

E la curiosità più bella si rivela proprio nell’attendibilità dell’uso di alcune piante per alcuni disturbi, una corrispondenza che difficilmente immaginavo, vista la folta letteratura che ridicolizza questi rimedi.

Come è cambiato il rapporto tra uomo e natura e come si collega al mondo moderno nel filo conduttore della mostra?

Il rapporto è cambiato parecchio, nel senso di uno scollamento progressivo del legame uomo-natura. Di certo siamo molto lontani da quell’entusiasmo diffuso e socialmente trasversale per leggere di botanica e costruire un proprio giardino medicinale. E d’altro canto non si tratta di ricostruire quel legame tale e quale, ma di rinnovarlo. Ora fra l’uomo e la materia medica c’è il laboratorio di mezzo, come giustamente ci spiegano gli storici della scienza.

Fortunatamente già da qualche decennio energie diverse si sono messe all’opera per riallacciare, con strumenti nuovi, un legame che in realtà è imprescindibile. E nel piccolo della mostra Marciana ho cercato di suggerire alcuni esempi virtuosi. Come quello del team di Aboca, che parte proprio dall’indagine storica su farmacopee ed erbari antichi per creare nel proprio laboratorio nuovi prodotti, utilizzando erbe e piante che coltiva nelle proprie tenute sostenibili. Oppure l’imprenditore-collezionista Lamberto Bernardini di Orvieto, che è andato personalmente a fare ricerche d’archivio per recuperare la ricetta originale dell’Orvietano, antidoto brevettato nel 1603 ad una famiglia di empirici e da lì diffusosi in Europa e nelle Americhe; ha fatto esaminare e testare la ricetta in laboratori specializzati per farne un amaro con gran parte delle erbe della ricetta originale (ma senza gli ingredienti animali). Ho cercato poi di proporre esempi virtuosi in cui le piante e i regni naturali sono fonte di ispirazione artistica che non prescinde dalla conoscenza scientifica, in cui l’artista non ritrae (o ricama) un fiore o un’erba qualsiasi ma ad es. un Limonium Mill. (o statice) ricca fonte di nutrimento per le api e con proprietà citotossiche.

Questo ed altro dovrebbe aiutarci ad imparare, divertendoci, anche il gioco, realizzato in collaborazione con la Bottega Tintoretto di Venezia, che occupa una teca Marciana.

peonia, da Cinque libri di piante di Pietro Antonio Michiel (1510-1576)

Federica Ferrarin