Bilge Yabanci: l'arretramento democratico in Turchia e nel mondo

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Che cos’è il "democratic backsliding” che ritroviamo nei regimi a limitata democrazia e forti tendenze autoritarie? Ne ha fatto un caso di studio, con particolare focus sulla Turchia, Bilge Yabanci, che si è assicurata una borsa di studio  "Marie Skłodowska-Curie" Global che la porterà a Northwestern University a Chicago dopo aver svolto la sua MSCA Europe a Ca’ Foscari. Un percorso incoraggiante il suo, per un programma come quello delle borse "Marie Skłodowska-Curie" la cui prossima call viene presentata il 18 maggio, in cui Ca’ Foscari ha raggiunto risultati lusinghieri (primo posto in Italia e il quarto a livello europeo con ben 30 borse) confermando così la capacità di attrarre ricercatrici e ricercatori di alto livello su tematiche interdisciplinari.

Bilge Yabanci svolge il suo progetto al Dipartimento di Filosofia e Beni Culturali sotto la supervisione del Professor Matteo Legrenzi. Abbiamo parlato con lei di arretramento democratico, intersezionalità e della necessità di progetti di ricerca sempre più interdisciplinari come quelli ospitati dall’Institute for Global Challenges di Ca’ Foscari

Il progetto CRAFT (To Craft an Authoritarian Regime: Politicization of Civil Society and the Judiciary in Turkey) si focalizza sui regimi politici ibridi caratterizzati da una limitata democrazia e forti tendenze autoritarie che sono in espansione. Il caso "sofagate" di Ursula Von Der Leyen ha portato alla ribalta questi temi per un pubblico generale, particolarmente in Turchia. Ci puoi parlare degli obiettivi del tuo studio e dell'approccio usato? Cosa si intende per democratic backsliding?

Per prima cosa, molte grazie per l’intervista. Il mio progetto si focalizza in particolare modo su come l’arretramento democratico influenzi e trasformi la società civile e il sistema giudiziario. Per "democratic backsliding", arretramento democratico, intendo un declino graduale ma costante nella qualità delle istituzioni o delle pratiche associate alla democrazia come elezioni libere e corrette, rappresentanze istituzionali attraverso un’autonoma società civile, un sistema parlamentare multipartitico e controlli e valutazioni sul governo da parte di tribunali indipendenti e media.

La Turchia è il mio caso di studio. Non è soltanto perché io sono turca. La deriva autoritaria della Turchia è uno dei casi più eclatanti di arretramento democratico e anche uno dei più noti all’opinione pubblica estera.

Ciò ha portato alla emersione di quello che gli scienziati politici chiamano un regime ibrido con caratteristiche sia di governo democratico che autoritario. In altre parole gli analisti si sono concentrati su come dei governanti eletti hanno accresciuto il loro potere e utilizzato scappatoie legali per minare le regole democratiche e per monopolizzare le istituzioni democratiche. Le dimensioni sociali dell’arretramento democratico rimangono ancora da studiare. La mia ricerca si indirizza alle più subdole, informali traiettorie sociali che permettono ai regimi politici ibridi di stabilirsi e mantenere il sostegno e come questi regimi ricostruiscono le relazioni stato-società. La società civile e il potere giudiziario erano i "luoghi" più ovvi in cui cercare per scoprire queste dinamiche.

La società civile e il potere giudiziario sono terreni abbastanza complessi e per questo motivo nella mia ricerca ho utilizzato un approccio con una metodologia mista combinando ricerca quantitativa e qualitativa. Per la parte qualitativa ho selezionato la Turchia e altri paesi in Europa con una significativa presenza della diaspora turca come Germania, Svezia e Austria.

Il lavoro sul campo è consistito nel condurre interviste con organizzazioni della società civile e attivisti così come un’osservazione partecipata. Ho anche realizzato interviste a Bruxelles e con la delegazione ad Ankara per capire come l’Unione Europea ha cambiato il suo approccio nel sostenere la società civile e democratica in Turchia. Sfortunatamente, portare avanti questo lavoro sul campo in tempo di pandemia non è al momento possibile, sto quindi ora lavorando ad una raccolta di dati di sentenze di tribunali superiori in Turchia.

Come si comportano le opposizioni in questi casi? Cosa è successo in Turchia?

Come ho detto, l’arretramento democratico non avviene improvvisamente. E’ un lungo processo in cui i governi eletti minano le norme e le pratiche democratiche esistenti in precedenza. Il risultato è un regime ibrido e questi regimi in trasformazione sono diversi da quelli autoritari e non necessariamente lo diventeranno del tutto. Hanno caratteristiche uniche. Uno di questi aspetti, è l’opposizione. Sia l’opposizione civile che politica sono vive e attive in Turchia. E’ perlopiù perché i regimi ibridi come la Turchia hanno le caratteristiche minime dei regimi democratici che le opposizioni hanno storicamente un forte ancoraggio istituzionale e sociale. Nonostante la costante erosione del potere democratico, l’opposizione non è ancora scomparsa.

Anche se ogni paese ha il proprio contesto, l’opposizione affronta delle sfide comuni di trasformazione e rinnovo per fare la differenza, anche nel nuovo clima di politica repressiva dei regimi politici ibridi. Una delle sfide più ovvie è superare una profonda polarizzazione sociale. I regimi ibridi sono costruiti su una profonda polarizzazione partitica e sulla criminalizzazione del dissenso. In fase di polarizzazione, la gente compie scelte partitiche. Questo significa che le opposizioni sono spesso aderenti ad una base di sostegno tradizionale e incapaci di gettare ponti sociali e colmare divari politici. E’ necessario per l’opposizione cambiare il modo in cui comunica con la società civile, costruire un messaggio unitario che possa convincere gruppi al di là dei sostenitori abituali. Un'altra sfida per le opposizioni è superare le divisioni interne e unirsi contro l’arretramento democratico. Anche se sembra ovvio, ci vuole molto tempo prima che l’opposizione possa trovare concretamente una voce comune. La maggior parte delle volte le differenze ideologiche e storiche creano dispute interne e disunione. I governanti non democratici nei regimi politici ibridi traggono beneficio da un’opposizione divisa.

Comunque, si evidenzia altresì un alto grado di resilienza e rinascita delle opposizioni. Forse perché la rappresentanza politica è ampiamente monopolizzata e perché la competizione elettorale non è corretta e i media sono controllati, i gruppi di opposizione cercano spazi civici per creare una resistenza dal basso e partire da lì. I cittadini giovani e connessi con il mondo trovano il modo di esprimere il dissenso, chiedono diritti e creano piattaforme partecipative attraverso l’innovazione democratica. Questa è anche un aspetto distintivo dei regimi ibridi dove la società civile e la cultura della protesta sono molto più vive che nei paesi democratici o totalmente autoritari. In Turchia e in altri paesi simili, le opposizioni civile e politica ingaggiano una lotta quotidiana a più livelli, sia nazionali che locali.

Devo anche aggiungere che questo punto non riceve la dovuta attenzione. Per esempio, riguardo alla Turchia, quando Erdogan dice o fa qualcosa di provocatorio, questo alimenta un interesse a breve termine sugli sviluppi socio-politici in Turchia qui in Italia o in generale nell’Unione Europea. Dopo un po’ questo interesse svanisce rapidamente. D’altra parte, dal gennaio 2021, il corpo docente e gli studenti della Bogazici University, una delle più prestigiose università in Turchia, hanno protestato quasi ogni giorno contro la nomina dall’alto del rettore da parte del Presidente Erdogan. Un altro esempio sono le donne che hanno portato avanti parecchie dimostrazioni per protestare contro il ritiro illegale della Turchia dalla Convenzione di Istanbul (una Convenzione del Consiglio d’Europa sul prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica) per decreto del presidente. Sfortunatamente queste mobilitazioni dell’opposizione democratica dal basso non sono note a sufficienza nell’Unione Europea. Alla fine, la Turchia riceve attenzione solo attraverso Erdogan o il governo. Ciò che è successo con la Von der Leyen è degno di nota per attirare l’attenzione sul sessismo, ma penso anche che quando delle donne coraggiose o docenti universitari organizzano proteste di massa per difendere i loro diritti a dispetto della repressione politica e della violenza della polizia, questo dovrebbe attirare allo stesso modo l’attenzione dell’area europea. Dovremmo far sapere che i regimi politici ibridi come in Turchia, vedono una lotta quotidiana dal basso per restaurare la democrazia e che i governanti autoritari non rappresentano l’intero paese.

Quali altri casi conosciamo nel mondo in cui è presente un arretramento democratico?

La Turchia non è la sola, naturalmente. Gli studiosi sono d’accordo nel dire che il "democratic backsliding" è diventato una questione globale. Varieties of Democracy Project all’Università di Gothenburg monitora sistematicamente la democrazia nel mondo. Secondo la loro ultima analisi 2,6 miliardi di persone (Il 35% della popolazione mondiale) sta attualmente perdendo la loro base democratica. Nel 2019 hanno dichiarato che per la prima volta dal 2001, i paesi democratici non sono più la maggioranza nel mondo. Tra i primi dieci paesi che stanno perdendo le caratteristiche di democrazia più velocemente al mondo ci sono stati membri dell’Unione Europea o candidati a entrarci come l’Ungheria, la Turchia, la Serbia, la Polonia, così come le democrazie più popolose come il Brasile e l’India.

Questo è molto preoccupante perchè il "democratic backsliding" non è proprio soltanto dei paesi semi-democratici che diventano meno democratici, ma anche di paesi considerati democrazie stabili che stanno diventando meno tolleranti in materia di diritti e libertà.  In Europa di solito si fa l’esempio di Polonia e Ungheria, ma personalmente trovo anche molto preoccupante quello che sta avvenendo in Francia in termini di libertà civili e di insegnamento, per esempio l’etichettatura da parte di Macron di alcuni docenti come “della sinistra islamica” non solo mira a marginalizzare e minare la libertà di pensiero ma mostra anche come l’ideologia della destra estrema stia diventando luogo comune nei paesi democratici. Un altro esempio è l’insegnamento critico della teoria della razza nei campus che è sotto attacco nel regno Unito, negli USA e in Francia negli ultimi anni. Ci sono segnali minori ma molto preoccupanti di arretramento democratico nelle democrazie stabili.

Il tuo percorso accademico è stato emblematico e legato a Ca' Foscari: da Marie Curie, a Marie Curie Global in una serie di progetti di marcata natura interdisciplinare e comparativa. Qual è stata l'evoluzione scientifica delle tue ricerche?

E’ davvero difficile per me identificarmi in un’unica disciplina. Penso che questo sia molto evidente dal modo in cui affronto le mie ricerche. Mi baso su spunti colti dalle scienze politiche, sotto-aree della sociologia come la sociologia culturale e i movimenti sociali. E con il mio nuovo gruppo di Marie Curie Global, mi spingerò fino alla psicologia cognitiva e agli aspetti performativi della mobilitazione politica. Non ho incluso questi percorsi da un giorno all’altro, ma quando ho cominciato a studiare il "democratic backsliding" ho realizzato che non potevo basarmi solo sulle scienze politiche. Quando ci si avvicina a ricerche di questo tipo, il sentiero dell’interdisciplinarietà si apre quasi naturalmente se si vogliono superare i limiti delle ricerche esistenti. Penso che lo stesso approccio vada usato nella metodologia, che è come raccogliamo i nostri dati, nel momento dell’analisi. Penso che l’interdisciplinarietà sia il futuro delle ricerche originali nel campo delle sfide sociali e politiche. Vorrei decisamente continuare a lavorare in maniera trasversale ai confini delle discipline e apprendere nuovi approcci e competenze.

I nuovi orizzonti di ricerca nei processi di de-democratizzazione nel mondo rientrano nel panorama delle sfide globali alle quali il nostro ateneo vuole contribuire con il suo Institute for Global Challenges. Come si inseriscono in questo contesto i tuoi studi comparativi? 

Horizon Europe ha evidenziato il bisogno di maggiore interdisciplinarietà incoraggiando l’integrazione tra scienza, sfide sociali e market innovation. Le tradizionali discipline accademiche nelle scienze sociali non svaniranno ma forse i confini ristretti e gli approcci canonici – per esempio penso alle teorie Eurocentriche che dominano le scienze politiche e la sociologia o l’aderenza stretta ad un tipo di dato – saranno sempre meno importanti. E abbiamo già notato questo con l’avvento dell’approccio sincretico – cioè collaborazioni tra scienze sociali e scienze del clima o scienze politiche e psicologia cognitiva. Teorie critiche come la teoria postcoloniale della razza, l’intersezionalità, le teorie femministe e queer – hanno contribuito a unire i confini tra discipline e cosa più importante hanno aiutato noi ricercatori a riflettere sul modo di pensare eurocentrico, coloniale, di genere che può essere sotteso al nostro pensiero. In questo senso l’Institute for Global Challenges incoraggia le collaborazioni per approcci mai tentati prima e nuove idee. Sono ora aperte le iscrizioni al programma Global@Venice per post-doc fellowship che offre una grande opportunità ai ricercatori giovani e innovativi. Spero che Ca’ Foscari incoraggi sempre di più l’interdisciplinarietà, le attività di “open science” e continui a sostenere i giovani ricercatori nel costruirsi una carriera accademica per diventare un esempio da seguire in Italia.

Federica Ferrarin