Università e aziende insieme, sul territorio, per un progetto di storytelling non convenzionale, che racconta l’identità aziendale attraverso storie di fantasia e immagini.
Questo è l’obiettivo del progetto “Slow Life, Slow Stories: un altro modo di raccontare le imprese sostenibili”, finanziato dalla Regione Veneto e sviluppato dal Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Ca’ Foscari Venezia con tre partner aziendali: AMR - polistirolo sotto ogni forma , Dotto Trains ed EcorNaturaSì.
L’indagine è stata condotta nell’ambito di due assegni di ricerca complementari attraverso l’analisi di pratiche narrative e lo studio di repertori iconografici specifici per ciascuna azienda partecipante, sotto la supervisione del prof. Cinquegrani e della prof.ssa Portinari: l’analisi delle pratiche narrative, a cura della dott.ssa Pangallo, docente a contratto presso Ca’ Foscari e lo studio dei repertori iconografici, a cura della dott.ssa Rossi, cultrice della materia presso l’Ateneo.
Un approfondito studio aziendale, l’analisi della comunicazione, e uno studio sul campo durato mesi hanno permesso di raccontare ogni azienda attraverso storie di fantasia e immagini non didascaliche. Colloqui e interviste sono stati reinterpretati dalle ricercatrici anche attraverso i tipi psicologici junghiani, ovvero attraverso l’individuazione di modelli psicologici di comportamento e rappresentazione che possono essere poi applicati alla narrazione. I racconti che ne sono usciti non parlano di prodotti e servizi ma esplorano il lato ‘umano’ delle aziende, che – come le persone - mettono in gioco i propri mezzi, i pensieri e i valori per affrontare sfide e reagire ai traumi: sondare questi aspetti aiuta a comprendere come un’azienda è diventata quel che è.
Accurata anche la scelta delle immagini, che danno potenza alla narrazione: per AMR - polistirolo sotto ogni forma, sono state realizzate delle fotografie astratte, che ritraggono i dettagli delle lavorazioni del materiale; per Dotto Trains, storica fabbrica di trenini, sono state utilizzate delle illustrazioni di moda degli anni ’10 - ’20 tratte dalla rivista francese Gazette du Bon Ton, combinate con immagini raccolte dall’ archivio aziendale; per EcorNaturaSì, pionieri del biologico, sono stati utilizzati i lavori degli studenti della scuola steineriana Waldorf “Novalis” di Conegliano, fondata dai soci dell’azienda, per dare l’esempio di un lavoro corale.
“In ogni storia abbiamo cercato di mettere in luce i mitologemi (luoghi, personaggi e costanti delle narrazioni) emersi dal confronto con la governance e dal dialogo con i collaboratori – ci ha raccontato Francesca Pangallo, titolare dell’assegno di ricerca “Miti e Archetipi nella narrazione d'impresa”, che nel progetto si è occupata della parte di scrittura creativa. - Un esempio è la narrazione breve realizzata per AMR: racconta la storia di un ragno la cui tela è sopra un pianoforte e vibra ogni volta che il piano viene suonato. Il ragno, di nome Dalì, è disturbato ma anche affascinato da questa dinamica che non lo riguarda direttamente, ma al contempo lo coinvolge; questa curiosità gli dà il coraggio di esplorare un nuovo mondo e di correre dei rischi da cui dovrà uscire”.
La storia dal titolo “Ad Maiora” non ha niente a che vedere con le produzioni in polistirolo, ma descrive un momento di trasformazione aziendale: da realtà locale a gestione familiare legata all’edilizia, AMR ha dovuto reinventarsi dopo un momento di crisi.
“Questa esperienza di trasformazione emerge solo allusivamente attraverso la storia del ragno: Dalì costruisce in modo funzionale e meccanico, ma la sua produzione viene messa in crisi da un agente esterno. Ci sembra che questo racconto esprima bene la storia dell’azienda, il contrasto tra l’essere una realtà piccola e locale ma al contempo molto innovativa e tecnologica: la loro piccola realtà si è adattata alle esigenze della nuova produzione”.
Il racconto si integra bene con l’apparato iconografico che lo accompagna: Francesca Zanette - vincitrice di una borsa di animazione nell’ambito del medesimo progetto - ha realizzato delle fotografie dei dettagli delle costruzioni in polistirolo.
“Attraverso le immagini si evoca la trasformazione del polistirolo che da blocchi standard giunge a composizioni inaspettate e ricalca la storia di trasformazione dell’azienda. Il valore che vogliamo mettere in luce è quello della trasformazione: la possibilità di cambiare la propria situazione di partenza - aggiunge Marianna Rossi, titolare dell’assegno di ricerca “Immagine e rappresentazioni nella narrazione di impresa”, che nel progetto si è occupata della selezione dell’apparato iconografico. - “All’inizio non sapevamo come coniugare queste due realtà, la produzione in questo caso del polistirolo nell’ambito di una narrazione creativa e artistica. Poi, studiando e parlando con chi guida l’azienda e con chi ci lavora, sono emersi collegamenti e affinità che non ci aspettavamo. Abbiamo riflettuto su come esprimere un valore che fosse, per così dire, universale, attraverso repertori non strettamente legati a quel mondo aziendale, trovando un filo di congiunzione. La chiave è quella dell’autenticità: le storie sono di fantasia e la selezione iconografica è di matrice astratta, ma attraverso di esse rimane autentico il valore che l’azienda porta avanti. Ibridare linguaggi è sempre un gran valore: molte soluzioni sono emerse anche grazie al dialogo tra discipline diverse, la contaminazione ha permesso di rintracciare delle vie risolutive in più”.
“Quello che vorremmo valorizzare attraverso uno storytelling alternativo sono gli aspetti che fanno sentire l’azienda e il suo pubblico come parte di un processo comune - continua Francesca Pangallo. - Lo scopo non è necessariamente la vendita o il marketing: attraverso la storia di Dalì non rimane l’esperienza del polistirolo, ma non è quello il fine. Si tratta di una storia che descrive la crescita e la trasformazione, ed è in grado di parlare a un vasto pubblico, attraverso alcuni nodi esistenziali che ci coinvolgono su scala locale e globale. Emerge da questo racconto un’autenticità che non ha necessariamente scopo commerciale, di contro al marketing selvaggio a cui siamo abituati. La narrazione è da sempre il modo in cui l'umanità dà voce a temi universali e li comunica. Per noi sono state fondamentali le interviste e i racconti dei dipendenti: ci hanno fatto capire cosa c’è dietro a ogni lavoratore come persona e ci ha permesso di dare loro l’importanza che meritano. Grazie a loro l’azienda emerge come un organismo, alla cui composizione sono indispensabili tutte le parti coinvolte. Per noi è stato un modo diverso di guardare al valore e ai risvolti sociali del nostro contributo della ricerca”.
E le aziende, come hanno accolto questo progetto? Marianna Rossi racconta che dopo una diffidenza iniziale, l’interazione è stata proficua. “Per noi, provenienti dal mondo accademico, entrare in contatto con altre realtà lavorative ha consentito uno scambio arricchente. Ne è stato un esempio una giornata di workshop con il personale dell’azienda Dotto Trains, in cui abbiamo messo a disposizione il nostro bagaglio di conoscenze di letteratura e storia dell’arte, adattandolo alla realtà aziendale: è stato un esperimento molto riuscito. Per noi questo progetto contribuisce a immaginare Università e aziende come tessere di un mosaico che compongono la medesima realtà. Su questa base si possono individuare soluzioni nuove che arricchiscono e coinvolgono entrambe le parti, e il contesto più ampio, che è quello territoriale”.