Come potranno le microimprese stare al passo con i sempre più rapidi mutamenti tecnologici? Come si inserisce la trasformazione digitale nell'evoluzione di queste? E quali sono gli strumenti digitali che permettono loro di lavorare meglio?
Questa la sfida raccolta dal Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, che, in partenariato con altre sei realtà europee, partecipa al progetto ECOS4IN (Ecosistema Internazionale per l’Industria 4.0), finanziato dal Programma Interreg Central Europe 2014-2020.
Obiettivo principale del progetto è contribuire all'evoluzione della cultura organizzativa e tecnologica all'interno delle micro, piccole e medie imprese, di tutti i settori economico-produttivi, verso una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dalla rivoluzione digitale.
Nello specifico, il team del Dipartimento di Management, guidato dal professor Vladi Finotto, con il supporto della Fondazione Università Ca’ Foscari, ha realizzato dei percorsi pratico-formativi per rispondere in modo rapido alle sfide che la quarta rivoluzione industriale impone.
Competenze e integrazione digitale, l’Italia rincorre
In fatto di digitalizzazione l’Italia si conferma tra i fanalini di coda dell’Europa: secondo l’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI 2020) elaborato dalla Commissione Europea, l’Italia risulta in venticinquesima posizione su 28 Stati membri dell’UE, davanti solo a Romania, Grecia e Bulgaria.
Il Digital Economy and Society Index monitora una serie di parametri per misurare il livello di digitalizzazione dei paesi europei in cinque macro aree: connettività, competenze digitali, uso di Internet da parte dei singoli, integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese e servizi pubblici digitali. Considerando la dimensione “capitale umano”, ovvero quella che riguarda le competenze digitali, ottiene un punteggio molto basso, tanto da portare l’Italia a collocarsi all’ultimo posto nell’Ue.
Infatti, dai dati riferiti al 2019, solo il 42% delle persone (tra i 16 e i 74 anni) possiede almeno competenze digitali di base (58% in Ue, 70% Germania). Inoltre nella dimensione “Integrazione delle tecnologie digitali”, ovvero quella che riguarda la digitalizzazione nelle imprese, l’Italia si pone ben al di sotto della media Ue, al 22° posto su 28 paesi.
La rivoluzione deve coinvolgere le microimprese
Alla base del progetto è la convinzione che la quarta rivoluzione industriale si imponga ormai come sfida in tutti i settori industriali: una sfida globale, i cui benefici dipenderanno dalle capacità delle realtà locali e regionali di accettare, applicare e gestire i cambiamenti necessari. La digitalizzazione dell’industria non è infatti una trasformazione esclusivamente delle grandi aziende internazionali, anche le microimprese ne vengono coinvolte e si devono mettere in marcia.
Per comprendere il peso delle microimprese all’interno del quadro economico e produttivo italiano è bene soffermarsi sui numeri: su 4,4 milioni di imprese attive in Italia, le imprese con meno di 10 dipendenti sono quelle numericamente più importanti, rappresentando il 94% del totale.
Il Dipartimento di Management ha quindi creato un percorso di formazione pensato per imprenditori di piccole e micro imprese, con l’obiettivo di far acquisire loro strumenti utili ed efficaci per competere sul mercato, anticipando o rispondendo ai cambiamenti di questa rivoluzione industriale.
"Con questo progetto, i partner europei intendono mettere le proprie conoscenze e capacità a disposizione di quelle aziende, le più piccole, che più necessitano di una traduzione delle logiche del 4.0 sulle loro specificità. - spiega il professor Vladi Finotto - Inoltre, puntiamo ad avviare proficui scambi di esperienze, conoscenze e partnership tra imprese ed ecosistemi nello spazio europeo: non è vero che le imprese più piccole non fanno scala o non crescono. Lo possono fare: tramite digitale e network europei possono combinare punti di forza e supportarsi nel trovare nuovi mercati e opportunità”.
Formazione per 10 imprenditrici venete
L’ultimo percorso pratico-formativo, da poco concluso, si è focalizzato in particolare sul binomio microimprese e imprenditoria al femminile. Ad esso hanno partecipato alcune imprenditrici che fanno parte del gruppo Imprenditrici Venete, il cui scopo è fare rete tra le realtà imprenditoriali femminili nel Veneto, sostenendo il ruolo delle donne nell’economia.
Il tema dell’imprenditorialità al femminile è un tema importantissimo: parlarne significa parlare anche del contesto, del tessuto sociale e della cultura in Italia, che detiene la percentuale più bassa di femminile al mercato del lavoro rispetto agli altri Stati dell’Unione Europea.
Inoltre, nonostante la sua natura resiliente, le imprese al femminile sono state colpito pesantemente dagli effetti della pandemia. Come registra l’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere e InfoCamere, il Covid ha impresso una battuta d'arresto alla corsa che stava vivendo da sei anni l'imprenditoria femminile: il bilancio del 2020 certifica un calo dello 0,29% delle aziende guidate da donne, ovvero 4mila attività in meno rispetto al 2019. Inoltre, degli oltre 440mila posti di lavoro persi l’anno scorso in Italia, rileva l’Istat, il 70% circa era occupato da donne.
Al percorso elaborato dal Dipartimento di Management hanno partecipato dieci imprenditrici della Regione Veneto, appartenenti a diversi settori - dall’ottica alla fioreria, dal negozio di arredamento alla gioielleria - interessate ad alcune tematiche relative alla digitalizzazione, in particolare all'e-commerce, social media marketing, big data, manifattura additiva e cloud.
Il percorso previsto un lavoro di progettazione ad hoc, suddiviso in tre attività: sessioni formative online in modalità asincrona sulle principali tecnologie 4.0 applicate alle micro e piccole imprese; workshop di co-progettazione della durata di due pomeriggi; intervento di mentoring 4.0 personalizzato.
Parte centrale del progetto sono stati i workshop, che - attraverso l’utilizzo del Design Thinking - hanno definito la struttura di un’esperienza formativa innovativa, che supera il modello tradizionale di trasferimento della conoscenza di tecnologie, a favore di un modello attivo.
Il Design Thinking è metodo di progettazione utilizzato a livello mondiale che fa della co-progettazione creativa uno dei suoi principi più radicati, utile per risolvere dubbi e perplessità e individuare nuove opportunità. Si tratta di un approccio di progettazione capace di combinare empatia, creatività e razionalità per migliorare il business e l’impresa. È centrato sulla persona: si parte infatti dai sogni, dai bisogni e dai problemi dell’utente e si creano modifiche e prodotti che li soddisfino, attraverso l’uso della tecnologia. Focus dei workshop è stato l’apprendimento pratico, attraverso un’attività di simulazione di un caso studio condiviso in una lavagna digitale.
Per i workshop sono stati creati gruppi di lavoro utilizzando il principio della multidisciplinarietà che genera punti di vista differenti: la presenza di un team composto da individui eterogenei, che provengono da ambiti diversi, ha aiutato la soluzione di problemi e stimolato la creatività attingendo alle diverse esperienze e competenze delle partecipanti.
Il workshop è stato un momento di lavoro, in cui si sono messe sul tavolo problematiche e sensibilità delle micro imprese, per creare delle piste per iniziare ad affrontare i problemi ponendosi le giuste domande, cercando di selezionare alcune tecnologie dell'Industria 4.0 per trovare la soluzione. Le imprese hanno a disposizione molta più tecnologia di quanta riescano ad utilizzare, ma è necessario rendere questa ricchezza accessibile. Il Design Thinking è stato dunque indispensabile per navigare nelle opportunità e per dare senso alla tecnologia.