Alexander Araya Lopez è un ricercatore e sociologo freelance, che passerà due anni al Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali Comparati sotto la supervisione della professoressa Francesca Coin. Nella sua ricerca osserva il diritto alla città e il ruolo ambivalente del turismo, seguendo anche le proteste e movimenti sociali che reclamano l'accesso alla propria città e alle sue risorse, con l’obiettivo di acquisire una maggior comprensione dei bisogni delle comunità locali Europee, generando un impatto positivo a livello di policy making.
Oggi ci parla della sua esperienza come ricercatore Marie Curie e di come questa opportunità gli abbia aperto gli occhi sulla complessità della società e della vita.
Il suo attuale progetto Marie Curie è incentrato sul concetto di “diritto alla città”, specialmente in quei contesti dove il turismo di massa sta provocando una serie di effetti negativi. Potrebbe dirci di più sulla sua ricerca? Cosa sta analizzando?
Sono interessato a capire come lo spazio pubblico viene utilizzato dalle persone quotidianamente, ma soprattutto per cambiare la società attraverso dimostrazioni, proteste e l’appropriazione degli spazi per fini politici. E’ così che ho iniziato a fare attenzione ai movimenti sociali in tutto il mondo che contestano la narrativa del turismo come un’industria perfetta. Ovviamente Venezia è stata una delle prime città che ha attirato la mia attenzione.
In sintesi, questo progetto è nato per capire come le città stanno rispondendo alle conseguenze negative del turismo.
Dobbiamo tenere a mente però che nel turismo esiste una certa ambivalenza: non tutti i tipi di turismo sono uguali, può esserci il turismo responsabile e sostenibile ma si possono trovare anche persone unicamente interessate al profitto. Nemmeno tutti i turisti sono uguali, è un’industria molto complessa da questo punto di vista.
Non sempre il turismo provoca conseguenze negative: può aiutare a preservare il patrimonio culturale di una città, migliorare le infrastrutture urbane e creare posti di lavoro. Allo stesso tempo però, i lavori potrebbero essere sottopagati, le infrastrutture potrebbero aumentare inquinamento atmosferico e acustico, la salvaguardia del patrimonio può portare ad una commercializzazione della cultura locale, rendendo la città uno spettacolo vuoto, privato della propria storia e tradizione.Nella mia ricerca, sto analizzando tre città europee che in qualche modo stanno tutte soffrendo degli effetti del turismo di massa - Amsterdam, Venezia e Barcellona. Detto ciò, stiamo comunque prestando attenzione al contesto globale.
Il progetto si divide in tre fasi: nella prima, tentiamo di capire quale messaggio stiano passando i mass media sul turismo, nello specifico sulle sue conseguenze negative; nella seconda fase vogliamo capire le azioni dei movimenti sociali, quindi ci spostiamo ad analizzare i social media. Abbiamo scelto Twitter e Youtube perchè sono più pubblici e politicizzati, quindi ci permettono di vedere come la gente sta comunicando gli effetti che il turismo ha sulla loro vita. Nella terza fase intervisteremo esperti locali che ci aiuteranno ad ottenere una visione più bilanciata e realistica del problema.
La sua ricerca ha già dato dei risultati per Venezia? Quale sembrerebbe essere la reazione della popolazione locale al turismo di massa?
Negli ultimi mesi, abbiamo analizzato i media e qualche articolo, ma purtroppo non abbiamo ancora risultati concreti. La complessità dell’industria del turismo fa sì che molti risultati siano inoltre temporanei, dato che l’intero settore è soggetto a cambiamenti frequenti.
Ciò che ho avuto modo di notare fino ad ora, è che esiste una forte consapevolezza dell’impatto del turismo sulla società locale - per esempio, ci sono molti movimenti che sono estremamente informati sulle conseguenze del turismo a Venezia e, pur nel loro piccolo, si battono per condividere questa conoscenza.
Questa informazione è uno dei risultati più importanti che abbiamo registrato fino ad ora - le persone sono informate, sanno cosa sta succedendo con la costruzione di nuovi hotel, la trasformazione di Mestre o l’impatto dell’industria crocieristica.
Il problema è che non hanno gli strumenti politici per arrivare agli organi locali e a chi si occupa di policy making, ma credo ci sia una grandissimo potenziale per cambiare la città in una maniera che soddisfi le necessità del settore turistico preservando allo stesso tempo il benessere dei cittadini.
Lo stesso sta succedendo anche a Barcellona ed Amsterdam, tantissime persone si rendono conto della dualità del turismo e questo è un bene, significa che con un’attenta pianificazione e collaborazione tra cittadini, pubblico e privato, è possibile arginare la situazione.
Cosa possono fare le istituzioni per migliorare la situazione?
I governi devono collaborare con Università e organizzazioni locali, proprio perché molte volte, gli stessi cittadini sono le fonti più esperte su quello che succede in una comunità.
Il progetto Marie Curie si interessa proprio di creare questo scambio di informazioni tra le aziende pubbliche e private, le Università e la cittadinanza, con l’obiettivo di generare benefici per l’intera Europa. L’idea è quella di aiutare i governi a trovare soluzioni, suggerendo nuove strategie da testare.
Le istituzioni possono investire in questo tipo di network, impiegando l’aiuto di esperti da tutti i settori. Nessuno trae profitto da una città che collassa per colpa del turismo, nemmeno la stessa industria turistica. I turisti che vengono qui non vogliono sentirsi sopraffatti da altri visitatori.
Il ruolo della municipalità è importante, possono fare molto per minimizzare gli effetti negativi del turismo, ma non possiamo aspettarci che facciano tutto. Ad esempio, ci sono delle leggi speciali a Venezia per le quali parte del processo decisionale è in mano al governo centrale italiano, quindi il governo locale non è totalmente autonomo ed ha spesso le mani legate dalla complessità della legge.
Ogni governo sta affrontando il problema in maniera diversa, ed è per questo che abbiamo bisogno di studi comparativi come questo per capire quali soluzioni vengono proposte. C’è ancora molto da capire sulla complessità dell’industria turistica e sul potere che certe aziende del settore hanno a livello locale e globale.
Si sta avvicinando al primo anno come ricercatore Marie Curie a Ca' Foscari. Come è stata la sua esperienza fino ad ora?
Una delle cose che non mi aspettavo da questa Marie Curie è l’occasione che mi ha dato di venire a contatto con la realtà di persone così diverse tra di loro. Quando abbiamo ideato il progetto, non mi ero inizialmente reso conto dell’impatto sociale della mia ricerca, ora mi sorprendo di quanto “umana” sia questa opportunità.
Interagisco con proprietari di negozi le cui attività stanno per chiudere, sex workers che vedono i loro introiti diminuire a causa del turismo di massa e persone che sono appena state sfrattate a Barcellona, è un’opportunità unica, capire quanto diverse e complicate possano essere le vite di alcune persone.
Ciò significa anche che ho la responsabilità di ascoltare attentamente quello che mi viene detto, per prendere le voci di questi gruppi e inserirle nella mia ricerca.
Una Marie Curie Fellowship è anche un’opportunità professionale incredibile, ti dà la possibilità di interagire con moltissime persone a tutti i livelli, creare network con altri ricercatori, sviluppare le tue abilità come ricercatore, acquisire nuove competenze come l’italiano nel mio caso, capire come utilizzare nuovi software, ecc
Cosa le piacerebbe vedere nel futuro della ricerca, specialmente nel suo campo?
C’è ancora molto da fare dal punto di vista della ricerca per capire la connessione tra la rappresentazione nei media, gli spazi pubblici e i diritti politici. Viviamo in un periodo molto interessante, dove si sta assistendo alla nascita di molti nuovi movimenti, specialmente legati a temi ambientali - mi piacerebbe analizzare questi movimenti e la loro capacità di riconquistare gli spazi pubblici, impiegandoli per fini politici. Vorrei anche vedere più persone fare ricerca per capire quanto efficaci siano questo appropriazioni allo scopo di comunicare bisogni politici o rivendicare diritti.
Idealmente, mi piacerebbe vedere molti più network tra ricercatori e meno competizione in ambito accademico. Credo che la Marie Curie sia un esempio di questa interazione virtuosa, perché enfatizza l’importanza della collaborazione e della disseminazione della cultura - tutte le informazioni che generiamo o scopriamo durante la nostra attività deve essere ad accesso libero. Non possiamo tenere le nostre scoperte per noi unicamente a scopo di lucro, dobbiamo anche restituire qualcosa. Penso che queste siano le premesse ideali per un futuro migliore per l’intera ricerca.
Stiamo vivendo anche un fase molto interessante nella scienza per quanto riguarda la diversità - vediamo un numero crescente di ricercatori e ricercatrici che provengono da gruppi in precedenza discriminati o oppressi. Questa rappresentazione è essenziale per il progresso: quanto più diversa è la scienza, tante più diventano le opportunità di dialogo da diverse prospettive.
I progetti Marie Curie sono molto chiari su questioni che hanno a che fare con la rappresentazione - se si ha a che fare con certe comunità o gruppi a rischio, è necessario fornire informazioni precise su come verranno protette e trattate in maniera etica.
Noi ricercatori siamo anche invitati a dare dettagli sulla dimensione di genere della nostra ricerca, nel senso che dobbiamo considerare la prospettiva di genere come un punto rilevante del nostro lavoro.
Alexander terrà una presentazione il 28 Marzo, all’interno della serie di seminari organizzati dalla SIE. L’iniziativa servirà a far conoscere meglio il lavoro dei ricercatori Marie Curie a Ca’ Foscari, dando loro l'opportunità di condividere la loro ricerca con la comunità cafoscarina. Tenuti in lingua inglese, i seminari sono pensati principalmente per gli studenti in scambio a Ca' Foscari e per gli studenti del Collegio internazionale, ma sono aperti a tutti.
Per scoprire di più su questi seminari, visitate la pagina dedicata.